Due recenti interventi su La Voce hanno affrontato le incognite del futuro rapporto Stato-Regioni: Massimo Bordignon sul piano generale, Francesco Giubileo con riferimento all’attuazione del Jobs Act e alla creazione di una Agenzia Nazionale del Lavoro.
Ambedue gli articoli lamentano ritardi ed incertezze nel ripensare i rapporti tra centro e periferia. Eppure una esperienza, recentissima e tuttora in corso, c’è ed è rappresentata dal Piano Italiano Garanzia Giovani, chiuso da Enrico Giovannini quando era ministro del Lavoro tramite un accordo Stato-regioni e lanciato ufficialmente da Giuliano Poletti il primo maggio scorso. Che la Raccomandazione Europea Garanzia Giovani si concretizzasse in un Piano Nazionale piuttosto che in 20 piani regionali non era per nulla scontato. C’è stato un braccio di ferro nella Struttura di missione istituita dal DL 76 nel giugno 2013, a due mesi dalla emanazione dalla stessa Raccomandazione Europea, dal quale è nato un modello innovativo ricco di indicazioni utili in vista di nuovi assetti.
Forse l’esperienza della Garanzia Giovani non è sufficientemente conosciuta e condivisa ma va proprio al cuore della questione sollevata da Francesco Giubileo e cioè che “Il vero problema [per le politiche attive del lavoro] in Italia non è tanto che siano affidate agli enti locali ma che manchi una qualsiasi valutazione delle politiche e di chi è chiamato a realizzarle”. Ebbene, una delle tante novità del piano Garanzia Giovani è che è monitorato, con un aggiornamento pubblico dettagliato e a cadenza mensile, sul sito del Ministero del Lavoro [www.garanziagiovani.gov.it]. Nelle parole di Pietro Ichino: A sette mesi dalla partenza del programma Youth Guarantee […] il bilancio non è del tutto negativo come certi commenti giornalistici possono far pensare: tra mille difficoltà, […] migliaia di giovani si sono messi in moto […] [inoltre] un risultato non disprezzabile di questa esperienza è consistito nel mettere in luce i gravissimi difetti organizzativi e manageriali delle strutture pubbliche preposte ai servizi nel mercato del lavoro.
E cosa si intende per “monitorare e valutare” se non avere un sistema che metta in luce risultati e limiti di programmi e progetti, così da innescare processi di apprendimento, di crescita e di maturazione?
Un primo valore aggiunto del Piano Garanzia Giovani è stato il superamento della balcanizzazione dei servizi per l’impiego, sia per il tramite di una indicazione unitaria di iscrizione per i giovani, “on line” sulla piattaforme nazionali e regionali o direttamente presso un servizio per l’impiego, che attraverso l’introduzione di una forma di contendibilità tra regioni, intesa come facoltà dei giovani di iscriversi, al pari del Servizio Sanitario Nazionale, in una regione diversa da quella di residenza.
Inoltre, sono stai introdotti standard comuni di servizio ed è stata realizzata una banca dati nazionale unica, collegata con quelle delle regioni e che attribuisce ad ogni giovane la sua “targa”. Infine, in caso di inadempienza a livello locale, è prevista la sussidiarietà dello Stato. Nelle parole di Enrico Giovannini: Il fatto che [ con il Piano Italiano garanzia Giovani] tutti possano vedere tutto e che ogni Regione possa vedere i dati delle altre Regioni, e ancora che il centro possa vedere tutti e fare le proprie valutazioni scardina l’approccio localistico… apparentemente il passaggio è tecnologico, ma in realtà è un passaggio culturale profondo.”
La delega contenuta nel Jobs Act è peraltro piuttosto precisa nel prevedere che l’agenzia nazionale sia partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, che le Regioni mantengano le competenze in materia di programmazione delle politiche attive e che restino invece nelle mani del ministero del Lavoro il potere di definire i livelli essenziali di servizio e la valorizzazione del sistema informativo delle politiche attive.
Se non siamo all’anno zero quali altre indicazioni possono provenire dalle esperienze più recenti?
Sono soldi ben spesi? Perché e come valutare l’efficacia delle politiche pubbliche è il titolo di un libro di Alberto Martini e Ugo Trivellato (Marsilio, Venezia, 2011) che insiste sul fatto che non ci possono essere buon monitoraggio e buona valutazione se questi non sono inseriti nel disegno stesso delle politiche. È esattamente quanto è stato fatto con il Piano Italiano Garanzia Giovani e prima ancora con il monitoraggio previsto della Legge Fornero, un capitolo avviato ma che appare tuttora aperto.
Peraltro, ogni cittadino dovrebbe essere messo in grado di capire quali servizi gli possono consentire di orientarsi meglio verso un lavoro, ogni impresa di sapere come trovare le migliori competenze. In un campo diverso, ma contiguo, ha avuto grande successo recentemente il Browser Eduscopio della Fondazione Agnelli che, sfruttando banche dati universali, risponde alla domanda: “Quali scuole superiori preparano meglio agli studi universitari?”.
Con riguardo al lavoro, prima con Elsa Fornero e successivamente con Enrico Giovannini grande impulso è stato dato alle iniziative rivolte ad integrare i diversi sistemi informativi ai fini del miglior utilizzo dei dati da parte di ogni persona interessata. In questa prospettiva rientra la creazione della Banca dati delle politiche attive e passive prevista dal DL 76/2013 e la cui realizzazione effettiva segnerebbe una svolta di grande importanza.
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bob
,,nel suo articolo ci elenca un ocenano di regole burocratiche di postille etc non c’è accenno alla parola CV Curriculum Vitae
Il problema lo ripeto di questo Paese è solo e soltanto di cultura