I Castelli occupano da sempre un ruolo peculiare nell’immaginario che travalica i confini e le lingue, al centro di innumerevoli narrazioni pur non avendo la stessa geografia globale: infatti sono solo in Europa.
La prima considerazione economica è proprio questa: ad una domanda mondiale si affianca un’offerta (potenziale) molto concentrata, di cui l’Italia è al centro.
Anche la data di nascita è fissata: il Medioevo, dal X al XVI Secolo, fino all’introduzione delle armi da fuoco, che ne cambiano sensibilmente la struttura. Prima erano accampamenti militari, poi diventeranno forti. I castelli sono una entità ben definita nello spazio, nel tempo, nelle tipologie costruttive, e la loro “fabbrica” ha cessato le attività da qualche secolo.
Sono quindi una offerta finita, non riproducibile (salvo spettacolarizzazioni di tipo hollywoodiano). Sono un monopolio.
Quanti siano in tutto i Castelli, e quanti di questi in Italia, non è facile dire per molti motivi: di definizione, di conservazione, di fruibilità. Si tratta di un patrimonio destinato ad erodersi, e con un continuo fabbisogno di costose manutenzioni, non sempre garantite.
In Italia se ne stimano circa 750, nella Loira 300, ma quello che conta è la loro fruibilità, mentre prevale una “sindrome da inventario”: in tutti i siti internet come pure in tutte le guide, si tende infatti a presentare l’elenco dei Castelli, la fotografia e la descrizione storico-architettonica, rispetto alle informazioni per la fruizione (visitabilità, accessibilità, ricettività, servizi agli ospiti, ecc.).
Una delle esperienze più avanzate è quella dei 24 Castelli del Ducato di Parma e Piacenza, già strutturati anche per la vendita sul mercato turistico, mentre il Piemonte ne promuove l’apertura anche mediante eventi specificamente ideati e realizzati. Il Trentino li utilizza da oltre 20 anni per festival di intrattenimento turistico.
La Regione Valle d’Aosta, proprietaria delle strutture più rilevanti, ha iniziato a concederli per lo svolgimento di spettacoli, ma degli 86 Castelli presenti sul territorio solo 14 risultano aperti al pubblico, e 7 sono prenotabili.
Diversa la situazione per gli altri circuiti europei: nella Loira si creano pacchetti turistici di facile acquisto, e la stessa cosa avviene in Scozia ed Irlanda, anche con tour “fly and drive”; in Germania il Lander più attivo è la Baviera, che propone soprattutto la visita ai Castelli di Ludwig II, il più famoso dei quali arriva a 1,4 milioni di biglietti/anno; in Spagna e Portogallo grandi progetti influenzati dallo statalismo dittatoriale di Franco e Salazar hanno portato alla creazione delle catene dei Paradores e delle Pousadas, che includono Castelli trasformati in hotel di charme.
L’importanza storica e culturale dei Castelli in Italia è fuori discussione: ma come per tutti gli altri beni culturali è illusorio pensare che gli investimenti pubblici siano sufficienti al loro restauro e alla loro manutenzione. Si tratta quindi di costruire un percorso che possa mettere in valore tali risorse procurando alle stesse ed ai loro territori un adeguato flusso di ricavi.
Se ne deve protegge l’identità come un valore (anche economico) da rivendicare e difendere: Castelli d’Italia come marchio nazionale.
Per far ciò bisogna creare condizioni minime di sicurezza ed accessibilità, guida ed accompagnamento, orari e servizi connessi, sistema dei prezzi, in un’ottica di marketing e di revenue management.
Bisogna inoltre allargare le attività praticabili, dalla ristorazione/catering allo svolgimento di eventi collettivi, dai concerti alle cerimonie. Si possono creare anche linee di prodotto con un proprio marketing specifico, dalla ristorazione “stellata” al congressuale, dalle rievocazioni storico/didattiche fino al wedding e alle location cinematografiche.
Quanto alla ricettività turistica, la domanda più evocativa è quella di vivere una esperienza da castellano, “Re per un giorno”. E’ una domanda “alta di gamma” a cui fa fronte una offerta molto ridotta, ma flussi più numerosi possono alloggiare in ambienti diversi e riadattati, come le antiche pertinenze o edifici ad hoc nelle vicinanze realizzati o recuperati.
Infine i Castelli sono anche una eccellente occasione di marketing territoriale: attrazione di investimenti, attività economiche e residenti. Se non abitati, gestiti, mantenuti, sono destinati all’obsolescenza. La tendenza potrebbe essere invertita trovando soggetti interessati al recupero e alla gestione rispettosa sulla base di un business plan, come in Umbria dove ci sono casi di questo tipo, che funzionano molto bene.
Stefano Landi – Presidente di SL&A turismo e territorio
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Lascia un commento