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Un futuro per le aziende comunali

Come dare un futuro alle imprese di servizi controllate dai comuni? Innanzitutto distinguendo due obiettivi primari: garanzia di servizi migliori ai cittadini e crescita delle aziende. Definizione dei livelli di qualità e costituzione di un azionariato stabile e lungimirante che includa i privati.

I rilievi delle Autorità

Ricorrendo all’eccezionale strumento del comunicato congiunto, l’11 marzo l’Antitrust e l’Autorità per l’energia hanno segnalato al governo che l’ulteriore rinvio delle gare per gli affidamenti del servizio di distribuzione del gas ostacola l’effettivo confronto concorrenziale.
Già i termini per l’effettuazione delle gare non venivano rispettati, la legge 21 del 15 febbraio di conversione del decreto “Milleproroghe” ha introdotto ulteriori rinvii. Con linguaggio misurato, le due autorità dicono che le proroghe ancora una volta rinnegano il principio che il confronto concorrenziale è il modo migliore per assicurare buoni servizi a prezzi contenuti, fanno perdere credibilità alla strategia di liberalizzazione scelta dal legislatore fin dal Duemila, rischiano di indurre le stazioni appaltanti a perseverare nella loro inerzia. In sintesi, la legge finisce per frenare proprio quella riforma che il governo cerca di operare con i decreti Madia.
Le due autorità avanzano utili proposte sulle procedure di gara. Ma non basta. Va affrontato il problema alla radice: la convinzione di molti amministratori locali che le gare non siano un modo per migliorare, che finiscano per introdurre società private, spesso multinazionali, che hanno per scopo solo il profitto, e di breve termine, al contrario delle società a controllo pubblico che, per definizione, si pongono finalità d’interesse pubblico.

Servizi migliori e crescita delle aziende

Alcuni amministratori vogliono solo difendere le prassi clientelari. Ma non sarebbero così influenti se il ragionamento non fosse in grado di sedurre molte persone oneste. Il problema che va discusso, allora, è come dare un futuro alle imprese, oggi controllate dai comuni, che forniscono servizi come l’elettricità, il gas, l’acqua, la gestione dei rifiuti.
In questi settori, è oggi aperta una stagione di concentrazioni, necessarie perché le imprese possano raggiungere dimensioni economiche in servizi che richiedono ingenti investimenti e possano concorrere con qualche probabilità di successo alle gare che prima o poi si terranno.
Per avere un ruolo attivo, occorre che gli azionisti siano disponibili a immettere capitale, ma i comuni hanno esigenze opposte e finora hanno spesso richiesto alle controllate l’erogazione di dividendi anche al di sopra di quanto consigliabile in una buona gestione.
Per individuare una soluzione, il punto di partenza è distinguere i due interessi di un’amministrazione locale: offrire buoni servizi ai cittadini, con attenzione anche all’ambiente; e far crescere le imprese che danno lavoro, possono arricchire il tessuto economico e portano dividendi.
L’illusione di raggiungerli entrambi con lo stesso strumento – il controllo delle imprese – costituisce il maggiore ostacolo al loro sviluppo.

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Le due partite dei comuni

Un comune deve oggi giocare due partite: quella permanente per il miglioramento dei servizi e quella transitoria per accompagnare le imprese in un programma di crescita, attraverso la formazione di un azionariato stabile e lungimirante, con una quota pubblica partecipata da più comuni (per consentire gli accorpamenti) e in riduzione, mentre si fa progredire la partecipazione di privati non viziati da conflitti d’interessi.
Per garantire servizi migliori, il comune deve farsi esplicito rappresentante dei cittadini utenti, quindi controparte dell’azienda. La tutela dei dipendenti deve essere oggetto di attenzione sul fronte della crescita dell’impresa e non d’ostacolo nella richiesta di servizi migliori. Coi sindacati tratta l’impresa, non il comune.
La richiesta di servizi migliori deve essere precisata in un documento molto dettagliato, che naturalmente comincia là dove finiscono gli obblighi di qualità indicati nelle leggi e nelle norme emanate dalle autorità di regolazione (all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici stanno per essere conferiti poteri anche in materia di rifiuti). Gli obblighi sono abbastanza definiti in materia di elettricità e gas, in via di definizione per l’acqua, mentre per i rifiuti il percorso si prospetta ancora lungo.
I comuni possono giocare un ruolo pionieristico, anticipando alcuni standard di servizio che forse poi il regolatore fisserà, ma anche definendo ciò che si adatta alla concreta situazione locale e non potrà essere generalizzato.
Ad esempio, si può fissare una progressione per aumentare la percentuale di raccolta differenziata e requisiti di trasparenza sulla destinazione finale dei rifiuti. Oppure si possono indicare miglioramenti programmati nella qualità dell’acqua, se la zona ha problemi di inquinamento delle sorgenti. Si possono fissare tappe per estendere l’illuminazione pubblica a nuove aree o ridurre l’inquinamento luminoso (i raggi verso l’alto sprecano energia e infastidiscono sia gli aerei che gli uccelli). Si possono definire le fasi di rinnovamento della rete del gas, se è vecchia, e di interramento della rete elettrica, laddove è ancora aerea. Si può stabilire la disponibilità della rete elettrica per facilitare la realizzazione della copertura wi-fi nel territorio comunale.
Sono solo esempi. Per tutti i servizi, poi, si può stabilire di raccogliere e comunicare ai cittadini – attraverso la pubblicazione sul sito del comune – un aggiornamento periodico dei livelli effettivi di qualità, confrontandoli con gli standard fissati dalle norme nazionali o specificamente dal comune, e che l’impresa ha accettato o attraverso un protocollo d’intesa o perché inseriti nel capitolato di gara.

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Il Punto

  1. bob

    titolo: i presupposti! Nella fondazione Arena di Verona il direttore è un perito agrario il presidente un materassaio………..(seguito..)

  2. antonio

    Sarà guerra con i sindacati. Chi vincerà?

  3. Massimo Matteoli

    Il monopolio privato è la peggiore forma di gestione che possa esistere.
    Questo è l’ostacolo insormontabile contro cui urtano chi (in buona fede (pochi ma ci sono) pensa che sia necessario inserire i privati per gestire meglio i servizi pubblici, dimenticando che senza il limite della “concorrenza” le logiche oggettive del privato hanno effetti devastanti.
    Pensare di risolvere i problemi delle società a gestione pubblica che gestiscono servizi monopoli naturali non soggetti a concorrenza, trasformandole in monopoli a controllo privato, serve solo ad aumentare disagi ed inefficienze. Molto meglio sarebbe lavorare sul rendere più efficienti e trasparenti le società pubbliche.

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