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Commercio europeo oltre l’orizzonte del Ttip

Se il negoziato sul Ttip andasse in porto, gli Stati Uniti diventerebbero il fulcro del commercio mondiale, grazie al parallelo accordo firmato con i paesi del Pacifico, Cina esclusa. Gli interessi dell’Europa e le misure da adottare per realizzare una politica commerciale pienamente federale.

Gli interessi diversi di Usa e Ue

Nell’ultima settimana l’interesse per la politica commerciale ha superato il dibattito senza fine euro sì-euro no. La visita di Barack Obama in Europa, le rivelazioni di Greenpeace e le dichiarazioni di François Hollande hanno trovato ampio spazio sulla stampa. Come al solito, però, a fare notizia sono le divisioni, i contrasti e i disaccordi, anche quando sono ben noti, spesso con fini di politica interna. Così negli Usa il destino di Ttip – Transatlantic Trade and Investment Partnership (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) è rimandato alla prossima amministrazione. Dal lato europeo Hollande e vari rappresentanti del governo francese di fatto propongono la chiusura dei negoziati per eccessiva distanza tra le posizioni, ma è innegabile che si tratti di una mossa per inseguire le posizioni protezioniste della destra di Marine Le Pen, piuttosto che contrastarle su un campo diverso (magari più progressista).
Da questa sponda dell’Atlantico potrebbe essere utile guardare al negoziato in un contesto internazionale più ampio con uno sguardo al futuro, forse oltre il Ttip stesso, ma ciò richiede una riflessione sulla dimensione “federale” della politica commerciale dell’Unione Europea.
Tutti i candidati alla presidenza degli Stati Uniti mettono in discussione molti dei recenti trattati commerciali, ma occorre ricordare che l’accordo tra le economie del Pacifico – il Tpp-Trans-Pacific Partnership (Partenariato trans-Pacifico) – è stato firmato a ottobre 2015 ed è al vaglio dei parlamenti nazionali. Rispetto al Ttip si tratta di un passo ben più avanzato, che esclude la Cina, ma include il Giappone e altre dieci economie asiatiche, oltre agli Usa.
Con la firma di Ttip e Ttp gli Stati Uniti diventerebbero il fulcro del commercio mondiale sia verso Est, sia verso Ovest, lasciando fuori il primo esportatore mondiale. Siamo certi che la Ue ricaverebbe benefici da questa nuova organizzazione del commercio mondiale? Forse le rigidità della posizione Usa nei negoziati con l’Ue sui vari capitoli del Ttip, che giustamente i francesi denunciano, dipendono anche dalla posizione di forza che gli Stati Uniti hanno già ottenuto assicurandosi un accesso presso le economie più dinamiche dei prossimi decenni, ma escludendo la Cina. Dopo l’ingresso di Pechino nel Wto nel 2001, i benefici della maggiore apertura commerciale si sono concentrati negli Usa soprattutto verso gli occupati più istruiti a scapito di quelli con titoli di studio inferiori. Non stupisce quindi che si voglia attuare una politica di contenimento (se non proprio di esclusione) del gigante cinese.

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Politica commerciale “federale”

Per quanto riguarda l’Europa, invece, la politica commerciale dell’Unione risulta “federale” per tutto ciò che riguarda la determinazione dei termini degli accordi: il commissario al Commercio internazionale sigla gli accordi che poi devono essere ratificati da Consiglio e Parlamento europeo. Tuttavia, alla politica commerciale non si affiancano gli strumenti di compensazione per coloro che sono colpiti dalla maggiore concorrenza che invece sono stati adottati dagli Stati Uniti con il Trade-Adjustment Assistance: politiche di sostegno all’occupazione o al reddito per i possibili effetti negativi dell’apertura commerciale, riconoscendo che i benefici di un commercio più libero sono molto diffusi, mentre i costi sono più concentrati.
Nel momento in cui i contrasti tra le economie europee sono così alti, è difficile immaginare misure generalizzate. Ma occorre anche riconoscere che se si vuole continuare a perseguire una politica commerciale comune, è necessario pensare a misure di compensazione per coloro che perdono dalla maggiore apertura commerciale. Questo può avvenire a livello nazionale in maniera concertata, oppure anche con un cofinanziamento comunitario.
Se la Ue si dotasse di questo tipo di strumenti, sarebbe più facile riposizionarsi nel panorama del commercio mondiale con un ruolo più attivo verso le economie più dinamiche del pianeta. Accordi con economie emergenti implicano una concorrenza più aspra e le conseguenze su alcuni settori dell’economia nazionale possono essere particolarmente nefasti. Ma allo stesso tempo si ampliano i mercati di sbocco laddove la domanda sarà certamente meno stagnante.
Per difendere le posizioni di salvaguardia dell’ambiente e della salute dei consumatori nei negoziati con gli Usa, occorre certamente essere pronti “a far saltare il tavolo”. Ma poi, per andare oltre il Ttip e pensare ad accordi con altri partner in una visione strategica più ampia, è necessario riflettere sugli interventi da accostare alla politica commerciale tradizionale, come misure di compensazione e assistenza condivise o almeno concertate a livello europeo tra le economie nazionali.

Questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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  1. FRANCO BORGHI

    l’ articolo é troppo generico, non spiega nei dettagli i pro e i contro. Non aiuta a capire.

  2. Claudio Bellavita

    ma è opportuno che “il fulcro del commercio modiale sia il paese in cui l’incidenza % sul PIl di importazioni e esportazioni è la più bassa del mondo, circa il10%? Ovvero gli USA hanno la forza di fregarsene di commerciare col resto del mondo se non alle loro condizioni

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