La contrattazione decentrata è ancora poco diffusa nelle imprese italiane. Eppure, contrattare in azienda premi legati ai risultati può contribuire a recuperare margini di efficienza. Che aumentano se l’accordo è siglato con le rappresentanze dei lavoratori. Effetti della moderazione salariale.
Contrattazione decentrata e produttività
La contrattazione decentrata di bonus legati a guadagni di produttività è ancora limitata nelle imprese italiane. Oltre alla dimensione aziendale, sono un freno anche le scarse competenze manageriali. I recenti incentivi fiscali previsti dal governo per i premi di risultato e la partecipazione agli utili dell’impresa nascono proprio dall’esigenza di stimolare guadagni di produttività, correggendo così le miopie manageriali ed evitando la penalizzazione di un doppio livello contrattuale, con premi aziendali non sempre ancorati a effettivi incrementi di produttività. Ma qual è il contributo che può dare la contrattazione di bonus legati ai risultati di impresa? E qual è il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori? Un nostro studio dà una risposta utilizzando i dati Isfol per il 2005, 2007 e 2010 relativi a un campione rappresentativo di tutte le imprese operanti nel settore privato extra-agricolo. Le informazioni si riferiscono alle aziende di ogni fascia dimensionale e hanno il vantaggio di monitorare anche la realtà della microimpresa. Gli effetti attesi non sono scontati. I premi possono indurre un maggiore impegno, attrarre e trattenere i lavoratori più qualificati e stimolare l’acquisizione di competenze specifiche richieste dall’impresa. Però, specie nel caso di bonus collettivi, possono anche generare comportamenti opportunistici (il singolo, confidando nell’impegno degli altri, può limitare quello suo individuale). I lavoratori potrebbero poi appropriarsi interamente dei guadagni di efficienza negoziando elevati aumenti salariali e comprimendo i margini di profitto. Quale effetto è stato prevalente nello scenario italiano? Il pagamento dei premi sulla media di produttività e salari è stato positivo e significativo. Ciò è confermato anche quando cerchiamo di depurare le stime dai possibili effetti di endogeneità (potrebbero essere le imprese ad alta produttività o a bassa produttività ad auto-selezionarsi nella scelta di introdurre il bonus salariale). Emerge anche che le eterogeneità contano. Sono le imprese con le peggiori e migliori performance a trarre i maggiori vantaggi. Le imprese nelle parte bassa della distribuzione della produttività sembrano utilizzare in modo più appropriato la contrattazione incentivante per recuperare margini di efficienza. Per le migliori, con risultati di produttività superiori alla mediana, la maggiore efficacia degli incentivi potrebbe invece dipendere dalla qualità dell’impresa, dal suo modello di gestione delle risorse umane e dalle sue capacità di usare nel modo migliore gli schemi incentivanti. Si tratta di schemi dalle alte potenzialità, ma che richiedono una attenta progettazione e sono costosi da adottare. Insomma, le necessità delle prime e le possibilità delle seconde spiegherebbero l’andamento a U che assume il ruolo dei premi sulla produttività del lavoro.
Salari e sindacati
La componente salariale non assorbe interamente i guadagni di efficienza e quindi il premio di risultato ha contribuito alla crescita della produttività del lavoro in misura maggiore di quanto abbia contribuito alla crescita dei salari, favorendo così un recupero dei margini di competitività. Quali sono i risultati per le sole imprese sindacalizzate? L’effetto medio del premio di risultato è positivo e significativo e l’eterogeneità discussa sopra persiste. Ciò conferma l’intuizione che la crescita della produttività dipende dal comportamento cooperativo degli individui nell’ambiente di lavoro. A sorpresa, il cuneo positivo che si genera tra produttività del lavoro e salari medi a seguito del pagamento dei premi è perfino maggiore nelle imprese sindacalizzate rispetto a quelle dell’intero campione. Sembra quindi che negli ultimi anni le rappresentanze dei lavoratori abbiano accettato politiche di moderazione salariale così da proteggersi dalle fluttuazioni occupazionali. Negoziando salari inferiori alla dinamica della produttività si è pagato un “premio di assicurazione” per la sicurezza del lavoro. Le rappresentanze dei lavoratori del settore privato non sono state quindi di ostacolo al recupero di margini di efficienza. Semmai sono le miopie e inadeguatezze di un management poco istruito e designato per via ereditaria, e non per meriti, ad avere caratterizzato le imprese di cattiva qualità, che poco e male hanno sfruttato le opportunità offerte dall’adozione di premi salariali in grado di “ripagare” se stessi.
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Paolo Palazzi
La moderazione salariale rende possibile e facile la vita a “un management poco istruito e designato per via ereditaria”, anzi porta a una selezione in negativo rispetto a manager con capacità e idee che sappiano affrontare la gestione di un’imprese senza ricorrere alla semplice, primitiva e inefficace “moderazione” salariale.