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Ma il neo-liberismo può rifiorire sulle Ande?

Per pochi voti, Pedro Pablo Kuczynski ha sconfitto Keiko Fujimori nelle elezioni presidenziali del Perù. Nel suo passato c’è una lunga carriera politica, ma anche l’adesione piena al Washington consensus. Per il paese si profila dunque un neo-liberismo 2.0? Il programma economico del presidente.

Una vittoria sul filo di lana

Dopo un serrato testa a testa con Keiko Fujimori, e un’incertezza durata qualche giorno, Pedro Pablo Kuczynski (spesso semplicemente chiamato Ppk) è stato ufficialmente nominato nuovo presidente del Perù. Ppk è noto per le sue precedenti esperienze di governo, maturate sotto le presidenze di Fernando Belaúnde e di Alejandro Toledo. Meno noto è invece che nel 1986 Kuczynski è stato uno dei quattro autori di un volume (Balassa, Bueno, Kuczynski e Simonsen,1986) che ha costituito il testo di riferimento su cui si è andato costruendo il cosiddetto Washington consensus.
L’esito della prima tornata elettorale dello scorso aprile non sembrava lasciare speranze a Ppk. Keiko Fujimori aveva infatti raccolto consensi per quasi il 40 per cento (quasi il doppio di Kuczynski). Tuttavia diversi osservatori avevano sottolineato la possibilità (poi rivelatasi corretta) che non sarebbe stato semplice per la Fujimori confermarsi vincente in sede di ballottaggio finale. Dopotutto Keiko rimane la figlia quell’Alberto Fujimori che è ancora oggi detenuto nelle carceri peruviane, dopo essere stato condannato a 25 anni di reclusione per la violazione di diritti civili e umani perpetrata nel corso del suo decennale mandato presidenziale (1990-2000). E così è stato: al temine dello spoglio di tutte le schede elettorali, Ppk è risultato vittorioso – anche grazie all’appoggio degli elettori di centro-sinistra anti-fujimoristi – con un margine appena superiore ai 40mila voti, davvero esiguo per un paese con quasi 19 milioni di elettori.

Con un programma di governo (quasi) uguale

Ppk è il leader di “Peruanos por el Kambio (Ppk)” un partito di recente costituzione (2014) di ispirazione liberale. Keiko Fujimori è invece alla testa di “Forza Popolare” un partito (nato nel 2011) della destra “fujimorista”, aperta a politiche liberiste (ma anche simpatetica con l’utilizzo della forza per preservare l’ordine pubblico e debellare il terrorismo, come nel caso della lotta a Sendero luminoso attuata da Fujimori padre nel corso degli anni Novanta).
Cosa distingue le due formazioni sul fronte del programma economico? Apparentemente poco o nulla. In entrambi i casi, i pilastri del programma sono infatti la riduzione dell’apparato burocratico, la creazione di un ambiente macro favorevole agli investimenti e l’utilizzo di politiche volte a favorire l’inclusione socio-economica delle fasce più deboli della popolazione. La differenza sta (probabilmente) nelle competenze e nella reputazione dei due leader. Mentre la Fujimori non vanta particolari esperienze di governo e soffre della stretta parentela con un dittatore, Kuczynski è stato un ministro, oltre che capo del governo, che viene ancora oggi ricordato per aver conseguito risultati apprezzabili. Ad esempio, quando guidava il ministero dell’Energia, era riuscito a garantire una erogazione continua (e non più a singhiozzo) dell’energia elettrica, limitando in tal modo le pesanti ricadute negative per l’attività produttiva del paese.
A cavallo tra le sue due esperienze di governo, Ppk ha poi contribuito con Bela Balassa, Gerardo M. Bueno e Mario Simonsen alla stesura di Toward Renewed Economic Growth in Latin America, un volume diventato rapidamente famoso tra gli addetti ai lavori. Non solo perché conteneva chiare indicazioni per favorire il ritorno a una fase di rinnovata crescita dell’America Latina, che stava allora attraversando il nefasto decennio perduto. Ma soprattutto perché nell’arco di pochi anni è diventato il testo di riferimento su cui si è andato costruendo il cosiddetto Washington Consensus.
Dobbiamo quindi prepararci al ritorno di un neo-liberismo 2.0 sulle Ande? Probabilmente no – anche perché Ppk (Kuczynski) dovrà fare i conti con il peso ridotto che il Ppk (il suo partito) ha all’interno del Congresso, in cui detiene solo 18 rappresentanti su 130 (mentre la Fujimori ne controlla oltre 70). Tuttavia, è lecito immaginare che Ppk farà di tutto per ridurre la dipendenza dell’economia peruviana dalle materie prime (soprattutto dal rame) e per far emergere buona parte del settore informale (che ancora ha una dimensione doppia rispetto a quello formale). Due obiettivi che, se realizzati congiuntamente agli incentivi agli investimenti e alla riduzione del peso del settore pubblico, potrebbero consentire di raggiungere una crescita vicina al 5 per cento annuo, anche in assenza di un super-ciclo delle materie prime.

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  1. Piero Fornoni

    Per giudicare le elezioni presidenziali bisogna dar il dovuto peso a Martin Vizcarra che e’ il primo vice presidente, sia per la sua storia personale che per il suo intuito politico e la sua destrezza nel costruire il partito PPK. .M. Vizcarra e’ stato presidente del Departamento de Moquegua che in pochi anni e’ divenuta, secondo il CENTRUM Católica B.School ,la regione con il piu’ alto Índice de Progreso Social Regional del Peru’. Infatti ora si comincia a parlare di lui come primo ministro : “El congresista nacionalista J.Gutiérrez propuso que el primer ministro del futuro gobierno de P. P. Kuczynski (PPK) sea M.Vizcarra. En su opinión, el también electo primer vicepresidente tiene las condiciones de concertador que el cargo requiere. “El que encarna perfectamente bien este trabajo de concertación al interior de su partido podría ser el señor Vizcarra”. Il partito fujimorista ha 70 deputati di cui circa la meta’ appartiene a Fuerza Popular mentre il resto sono “alleati” esterni al partito. Molte delle attivita’ sviluppate da M.Vizcarra per l’inclusione sociale combaciano con le proposte del “Frente Amplio (Sinistra).“Hay propuestas [del Frente Amplio]que fueron recogidas por él PPK. Si las mantiene, en este acaso seremos aliados. Si no lo hace, nosotros tomaremos la iniciativa desde el Parlamento”, dijo V. Mendoza . Nel Peru’ circa il 70% dell’ attivita’ economica e’ informale : questa e’ una delle sfide principali di qualsiasi instituzione peruviana.

  2. Piero Fornoni

    Conclusione
    il neo-liberismo sulle Ande può’ diventare molto interessante

  3. Arnaldo Mauri

    Avevo conosciuto Kuczynski a Manila nel 1981 dove eravamo entrambi relatori a un convegno organizzato dall’Asian Dev, Bank alloggiando nel medesimo hotel. Siamo poi rimasti in contatto anche perché lui apprezzava molto l’attività di Finafrica. Conservo il ricordo di una persona squisita nei modi, competente sui temi dello sviluppo economico, non raducale nelle posizioni, ma aperta alle discussioni anche in presenza di contrapposizioni di tesi opposte. Penso che possa fare molto per il suo paese se non gli creeranno ostacoli

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