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I conti pubblici dopo la legge di bilancio 2017

Nella Relazione alla legge di bilancio 2017 si può leggere cosa accadrà ai conti pubblici con la manovra 2017-19. Nel triennio, spesa pubblica ed entrate aumentano rispettivamente di 19 e 55 miliardi. Ma cresce anche il deficit pubblico. Da dove nascono le preoccupazioni di Bruxelles e dei mercati.

I numeri della manovra

Due settimane dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri, arrivano in parlamento i tre tomi della legge di bilancio 2017, con annessa relazione esplicativa di 518 pagine. Per la prima volta appaiono tutti insieme, la manovra di finanza pubblica (inclusiva del decreto fiscale 193/2016 approvato in ottobre) e la legge di bilancio per l’anno successivo.
In due tabelle provo a riassumere l’entità e la composizione della manovra (tabella 1) e i suoi effetti – combinati con le misure a legislazione vigente – su conti pubblici, entrate e uscite totali, e quindi anche sul deficit pubblico (tabella 2) per il triennio 2017-19.
Partendo dal 2017, la tabella 1 indica che il governo, coerentemente con le sue intenzioni dichiarate, mette in cantiere interventi di sostegno all’economia per 35,7 miliardi, al lordo delle coperture che ovviamente ne riducono l’impatto.
Gli interventi consistono di riduzioni di entrata e aumenti di spesa. Il calo di entrate – pari a 16,2 miliardi – arriva per il 93 per cento dal disinnesco degli aumenti automatici dell’Iva e delle accise preventivate per far quadrare i conti nelle finanziarie precedenti (le cosiddette clausole di salvaguardia). Più che un vero impulso all’economia è lo scampato aumento di imposte sui consumi che avrebbe depresso la già debole dinamica delle vendite al dettaglio. Il resto degli interventi – 19,5 miliardi di euro – viene da aumenti di spesa pubblica, per tre quarti da incrementi di spesa corrente e un quarto da aumenti di spesa in conto capitale.
Scorrendo la tabella, si nota che le coperture si fermano a 20,7 miliardi, più o meno equamente divisi tra aumenti di entrate (quasi esclusivamente da recupero di base imponibile e lotta all’evasione) e diminuzioni di spesa – derivanti prevalentemente da tagli ai ministeri. Rimangono non coperti 15 miliardi di interventi, il 42 per cento del totale, che rappresentano deficit pubblico aggiuntivo. Al netto delle coperture, la manovra 2017 offre un sostegno all’economia fatto di 9,4 miliardi di spesa pubblica in più e 5,6 miliardi di entrate in meno.

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Tabella 1 – La manovra 2017-19: composizione ed effetti su entrate, uscite e deficit

tabella1

Spesa pubblica, entrate e deficit

Per ottenere un quadro più preciso del sostegno dato dalla politica di bilancio all’economia nel 2017 bisogna però integrare la tabella sulla manovra nel quadro del bilancio pubblico che incorpora anche gli effetti già inclusi nella legislazione vigente, il più importante dei quali è la riduzione dell’aliquota Ires (l’imposta sugli utili aziendali) dal 27,5 al 24 per cento prevista nella legge di stabilità 2016 ma a valere solo dal 2017.
A questo scopo, nella tabella 2 sono riportati i valori delle entrate e spese finali per il 2017, 2018 e 2019 delle amministrazioni pubbliche (conto economico programmatico, relazione illustrativa al Ddl di bilancio 2017, p. 331, colonna 5). Tali numeri sono confrontati con i valori a legislazione vigente riportati nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 (tabella III.1a, p. 36, documento pubblicato dal governo a fine settembre).

Tabella 2 – Come cambiano entrate, uscite e deficit delle amministrazioni pubbliche con la legge di bilancio 2017

tabella2

Dalla tabella emergono tre dati. Primo, al netto della spending review e delle misure di sostegno all’economia, la spesa pubblica e le entrate aumenteranno rispettivamente di 19 e 55 miliardi tra il 2017 e il 2019. Secondo, la legge di bilancio 2017 (inclusiva della manovra e del decreto fiscale) offre un supporto all’economia aumentando il deficit pubblico nel triennio 2017-19. Il deficit sale di 12 miliardi fino a 40 miliardi di euro nel 2017, a seguito di 7 miliardi di spese in più e di 5 miliardi di entrate in meno rispetto ai dati riportati nella Nota di aggiornamento al Def. Il governo sottolinea che, in percentuale sul Pil, sia la spesa pubblica che le entrate totali calerebbero nel 2017 rispetto al dato effettivo 2016: le spese dal 49,5 al 49 per cento (anche grazie a un -0,3 punti di spese per interessi in meno) e le entrate dal 47 al 46,7 per cento. Infine, la tabella suggerisce che – anche dopo la legge di bilancio 2017 – l’indebitamento netto continuerebbe la sua graduale discesa verso lo zero, scendendo da 40 a 20 miliardi nel 2018 e da 20 a 4 miliardi nel 2019. Come dire che lo sforamento di deficit del 2017 è in definitiva temporaneo.
C’è però un punto da ricordare. Come già osservato, i dati 2018 e 2019 incorporano ancora l’effetto positivo sui conti pubblici delle entrate da imposte indirette (per 19,6 miliardi) dovute a clausole di salvaguardia che finora il governo Renzi ha disattivato sia nel 2015 che nel 2016. Se alla necessità di continuare a fare lo stesso per il 2018-19 si aggiunge che nell’agenda politica del 2018 c’è anche il taglio dell’Irpef (non inserito nella manovra di quest’anno ma già vagheggiato), si capisce meglio come dietro alle inquietudini di Bruxelles e dei mercati non ci siano degli stupidi zero virgola o la non volontà di riconoscere le gravi difficoltà dovute a terremoto e rifugiati, ma una diffusa preoccupazione sulla rischiosità di tenuta dei conti pubblici dell’Italia.

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13 commenti

  1. Marcello Romagnoli

    Capisco i dubbi di Bruxelles che sono ispirati solamente a garantire i diritti dei creditori. Esistono però buone ragioni per fare diversamente.
    1) Le politiche di austerità non risolvono anzi aggravano la situazione economica. Ormai lo dicono anche istituzioni come l’FMI (http://www.huffingtonpost.com/mark-weisbrot/imf-economists-discover-s_b_10264612.html)
    2) La Costituzione Italiana all’articolo 1 e 11 dice che possiamo sforare. Sia perchè la sovranità è assolutamente ed esclusivamente in capo al Parlamento in quanto eletto dal popolo sovrano, sia perchè a sforare sono e sono stati anche altri paesi prima di noi quindi, in virtù dell’art.11 lo possiamo fare anche noi tranquillamente. Inoltre lo stesso art.47 dice che lo stato italiano DEVE, non può, DEVE “incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”, quindi nè BCE, nè CE possono interferire con la nostra politica economica. Queste istituzioni non hanno alcun diritto di farlo. I trattati internazionali sono di grado inferiore alla Costituzione, anzi esprimono una concezione della società opposta.

    • Riccardo B

      Mi scusi, ma lei di tutto l’articolo ha capito che il problema sono i dubbi di Bruxelles?

    • Roberto Zanetto

      Vorrei porre questa domanda:
      -il debito pubblico italiano e’ in mano nella maggior parte alle banche italiane e ai risparmiatori italiani quindi in caso di default sarebbero fatte fuori le banche italiane e i risparmiatori italiani
      -gli italiani hanno poca voglia di fare i sacrifici, poi oramai vivono solo di contributi pubblici
      non e’ piu’ conveninente alla Germania lasciarci fare tutto il defict e il debito che vogliamo? cosi’ facendo ogni giorno che passa, schiacciati dagli interessi passivi sul debito, rendiamo la nostra economia meno competitiva, aumentano le tasse, mettiamo in difficolta’ le nostre aziende che chiudono, facciamo scappare quelle estere e quindi facciamo sempre meno concorrenza all’industria tedesca

  2. VinceskoMVinceskij

    A me sembra un gioco delle parti. Qui si sta parlando di un divario infinitesimo dello 0,1% del deficit nominale e dello 0,4% del deficit strutturale (peraltro calcolato con una formula astrusa ed errata, ritenuta inaffidabile da tutti, incluse la Commissione europea e la BCE), quando all’Italia, per evitarle che alla depressione economica che è durato, tranne il rimbalzo del 2010 connesso al sensibile sforamento del deficit in quell’anno, segua una stagnazione pluriennale e via via un lento declino, servirebbe uno shock di almeno una cinquantina di miliardi, portando il deficit ben sopra il 3% per il triennio 2017-2019 e/o prendendo i soldi ai ricchi (5% delle famiglie), a bassa propensione al consumo, destinandoli a investimenti mirati e ai poveri ad alta propensione al consumo, e riqualificando la spesa pubblica (storno tra capitoli di spesa). Esattamente come hanno fatto altri Paesi (inclusi gli USA).
    Ma, evidentemente, per il ministro prudente Padoan, le regole da rispettare sono solo quelle dettate dall’élite oligarchico-burocratica che governa da 11 anni l’Unione europea e, imponendo all’Italia (molto più che ad altri Paesi[1]) una politica economica prociclica suicida, in 5 anni ne ha distrutto il 25% del potenziale produttivo, 10 punti di Pil, milioni di posti di lavoro e centinaia di vite umane e la sta condannando al declino.
    O, al massimo, quando il suo PdC Renzi glielo ordina, fa finta di eseguire e litigare con l’UE per un misero 0,1%.

    • VinceskoMVinceskij

      [1] EUROSTAT – Deficit/Pil
      ……………..2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
      Italia…….. -1,5….-2,7…-5,3…-4,2..-3,5…-2,9…-2,9…-3,0..-2,6
      Francia…..-2,5…-3,2….-7,2…-6,8..-5,1…-4,8…-4,0…-4,0..-3,5
      Spagna….+2,0…-4,4..-11,0…-9.4..-9,6.-10,4…-6,9…-5,9..-5,1
      Gran Br…. -3,0…-5,0..-10,7..-9,6..-7,7…-8,3…-5,6…-5,6. -4,4
      Germania +0,2…-0,2….-3,2..-4,2..-1,0…-0,1…-0,1..+0,3. +0,7
      http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=teina200

  3. Razionalista

    In primis, signor Romagnoli la costituzione impone la copertura alle leggi che vengono emanate dal Parlamento italiano ed il pareggio di bilancio. In secondo luogo il FMI pubblica una serie di studi che non sono necessariamente la posizione ufficiale del fondo, ma qui si scade in un pesante off topic. La terza considerazione è che Renzi aumenta spesa pubblica ed entrate e proietta nel futuro crescita, clausole di salvaguardia e rientro nel debito. Nel frattempo, sotto QE e con petrolio ai minimi e tassi di interesse in discesa il pareggio di bilancio rimane un miraggio, la spesa pubblica clientelare corrente non perde colpi, le entrate una tantum rimangono il cuore delle leggi di stabilità. E la crescita italiana degli ultimi 20 anni testimonia il risultato di politiche simile. Siamo tra gli ultimi paesi al mondo per crescita in tale periodo di tempo, la fonte è proprio il FMI, ottima biblioteca di dati macroeconomici. Saluti.

  4. VMVinceskij

    Finora, all’Italia è stata imposta, a differenza di ciò che hanno fatto altri Paesi (ad esempio Francia, Spagna e GB), una politica economica pro ciclica, che, in 5 anni, ne ha distrutto il 25% del potenziale produttivo, 10 punti di Pil, milioni di posti di lavoro e centinaia di vite umane e la sta condannando al declino. Qui, in base alle contestazioni formali, si sta parlando di un divario dello 0,1% del deficit nominale e dello 0,4% del deficit strutturale (peraltro calcolato con una formula astrusa ed errata, ritenuta inaffidabile da tutti, incluse la Commissione europea e la BCE), quando all’Italia, per evitarle che alla depressione economica che è durata, tranne il rimbalzo del 2010 connesso al sensibile sforamento del deficit in quell’anno, 5 anni, segua una stagnazione pluriennale e via via un lento declino, servirebbe uno shock di almeno una cinquantina di miliardi, portando il deficit ben sopra il 3% per il triennio 2017-2019 e/o prendendo i soldi ai ricchi (5% delle famiglie), a bassa propensione al consumo, destinandoli a investimenti mirati e ai poveri ad alta propensione al consumo, e riqualificando la spesa pubblica (storno tra capitoli di spesa).

  5. V. de Bortoli

    Al di là delle manovre di breve respiro per l’anno prossimo e delle rivendicazioni di autonomia decisionale rispetto all’ Europa, mi chiedo come possa reggere un sistema in cui da un lato la spesa pubblica rappresenta oltre il 50% del P.I.L. nazionale e dall’altro il debito pubblico ammonta ad oltre il 130% dello stesso parametro (P.I.L.). Egr. Prof. Daveri… una sua opinione a riguardo…

    • francesco daveri

      Il discorso è lungo. Ma l’esperienza storica dice due cose (1) non c’è un livello massimo di rapporto debito-Pil oltre il quale scatta il default (2) una spesa pubblica che vale metà del Pil è alta o bassa a seconda dell’uso che se ne fa (e la nostra sembra essere spesa piuttosto male rispetto ad altri paesi). In ogni caso, al di là dei proclami, un paese che non fa scendere la spesa pubblica in rapporto al Pil ha poco spazio per far scendere la pressione fiscale

  6. non serve fare cassa, bensì ridurre (e sostanzialmente) la spesa pubblica (compresa degli interessi sul debito pubblico, che stranamente i ns soloni sono soliti considerare ” a parte”.
    Altre tasse ucciderebbero l’economica, come ha quasi fatto il cerusico MM che per guarire il malato gli praticava dei salassi insostenibili!
    Il concetto di per sè lo ripeto è assai semplice, meno spesa pubblica. Che vi sia una classe politica che da sempre campa su questa è invece il vero nocciolo del problema…

  7. And

    “si può leggere cosa accadrà….” perché non pubblicare un bell’articolo che ci spieghi cosa é accaduto dopo la legge di bilancio 2016…giusto per capire se sono o meno stati bravi o no, Grazie

  8. fatti neri

    in effetti egregio professore chiunque guarda la situazione italiana da fuori resta dubbioso come resta evasivo nel spiegare le manovre qualunque ministro delle finanze dato che a ognuna di queste regnabo le voci recupero da evasione fiscale e riduzione di spesa pubblica, lineare o meno. forse, il nocciolo sta nell’organizzazione poco statalista? posti pubblici tanti,,,aziende che fanno utili privatizzate……insomma è facile fare cassa cedendo gioielli e poi lamentarsi! ad esempio, chi conta gli incassi di un casello autostradale? chi conosce il differenziale di 1 metro cubo di gas o kw/h tra importazione e distribuizione? è utopia pensare di incamerare alte tasse dai ceti deboli o sperare che le multinazionali facciano da mecenate a uno stato spendaccione, ormai ci serve uno stato imprenditore che torni alla gestione radicale del paese, unico modo per avere un minimo della redistribuzione della ricchezza che oggi vediamo in poche mani che hanno sedi fiscli all’estero. sono cosncio che questo porta danni alla democrazia ma, abbiamo comunque acclarato che la situzione attuale non ha impedito lo scemare dei diritti dei lavoratori fino al precariato raggiunto nella sua max espressione con i voucher, anzi in nome dei “mercati” calano i salari, slitta l’età del pensionamento e i giovani capaci fuggono alla ricerca di un futuro lavorativo. cordiali saluti

  9. L’unica esempio che il governo dovrebbe prendere dalla Germania è la modalità in cui negli anni 2000 ha ridotto la spesa pubblica aumentandone la qualità della stessa. La Germania ha la spesa pubblica inferiore a quella italiana di oltre il 10%.
    Si parla di oltre 80 miliardi di spesa pubblica eccedente e ancora parliamo di flessibilità, ossia di ulteriore debito?
    Una responsabilità è anche della comunità scientifica che avvalora la soluzione governativa per la ripresa economica delle imprese italiane.

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