Nata negli anni Ottanta, la politica europea di coesione aiuta lo sviluppo economico delle regioni più svantaggiate. Un obiettivo raggiunto anche durante crisi. Le province a cui sono stati assegnati i fondi hanno visto crescere il loro reddito pro-capite più velocemente.
A che servono le politiche di coesione
L’idea di convergenza economica è al cuore dell’integrazione europea. Nata negli anni Ottanta, la politica europea di coesione ha proprio lo scopo aiutare lo sviluppo economico delle regioni più svantaggiate, affinché il loro reddito pro-capite possa avvicinarsi al reddito medio UE. L’obiettivo è ancora più rilevante oggi, alla luce della crisi economica e dello scetticismo nei confronti delle politiche europee che ne sembra derivare. Ma quale è stato il ruolo dei fondi UE per la convergenza durante la crisi?
Per cominciare, vediamo se negli ultimi quindici anni c’è stata convergenza in termini di reddito pro-capite a livello regionale. Per capirlo, guardiamo alla correlazione tra la crescita del reddito pro-capite e il suo livello iniziale. L’idea è semplice: la teoria economica ci dice che affinché ci sia convergenza, le regioni inizialmente più povere dovrebbero crescere più in fretta di quelle ricche, quindi la correlazione tra le due variabili dovrebbe essere negativa.
Tabella 1 – Stima della beta-convergenza a livello regionale
Per la UE nel suo complesso, il risultato è confortante: tra il 2000 e il 2014, sembra esserci stata convergenza nel reddito pro-capite, a un tasso di circa il 2 per cento all’anno. Ma questo non vale per le regioni nell’area euro, dove la crisi pare aver arrestato la tendenza alla convergenza osservata nel periodo 2000-2007.
Un ruolo positivo nella crisi
Questo però non ci dice che ruolo abbiano avuto durante la crisi i fondi per la convergenza economica (cosiddetti “Obiettivo 1”), che l’UE assegna alle regioni il cui reddito pro-capite sia inferiore al 75 per cento della media europea.
Le statistiche regionali UE sono organizzate secondo una classificazione gerarchica in tre livelli di aggregazione. Per esempio per l’Italia, il primo livello considera macro-aree (Nord-Ovest, Nord-Est e così via), il secondo livello comprende le nostre regioni e il terzo livello le province.
Per decidere quali regioni abbiano diritto ai fondi, l’UE guarda al reddito del livello regionale Nuts2, quindi quello intermedio: li ottengono perciò tutte le regioni Nuts2 il cui reddito sia inferiore al 75 per cento della media europea, le altre no. Ma all’interno delle regioni che ricevono fondi, potrebbero però esserci province (Nuts3) “ricche” che non li otterrebbero se il criterio di decisione fosse basato sul loro reddito. Viceversa, all’interno di regioni “ricche” potremmo individuare alcune province “povere” che avrebbero diritto ai fondi se fossero assegnati sulla base del loro reddito e non su quello della regione di appartenenza.
Questa regola ci dà l’opportunità di fare un esperimento, usando due gruppi di province con caratteristiche simili, ma dove solo alcune ricevono i fondi. Il primo comprenderà le province il cui reddito individuale è inferiore al 75 per cento della media europea, ma che appartengono a regioni “ricche” e quindi non ricevono fondi. Del secondo gruppo faranno parte le province il cui reddito individuale è inferiore al 75 per cento della media europea, ma rientrano in regioni “povere” e quindi ricevono fondi.
La cosa importante è che entrambi i gruppi sono formati da province relativamente “povere” – il cui reddito è al di sotto del 75 per cento della media europea – ma solo uno riceve i fondi.
Confrontando i due gruppi, possiamo capire meglio quale sia stato l’effetto dei fondi europei per la convergenza. Durante la crisi, il reddito pro-capite delle province che hanno ricevuto i fondi è cresciuto più in fretta rispetto a quanto accaduto in quelle con un livello di reddito comparabile, ma senza accesso ai fondi. Al tempo stesso, nelle province con diritto ai fondi sembra esserci stata convergenza: il reddito di quelle relativamente più povere è cresciuto più rapidamente (o diminuito meno rapidamente) rispetto alle provincie relativamente più ricche.
Il risultato ha implicazioni molto importanti. Suggerisce che i fondi UE abbiano giocato un ruolo importante durante la crisi: hanno aiutato la convergenza nelle aree che li hanno ottenuti, soprattutto se si confrontano con province dal livello di reddito comparabile, ma che non hanno ricevuto i fondi.
Il risultato è valido non solo a livello aggregato UE, ma anche per le province dei paesi dell’area euro che sono stati più colpiti dalla crisi economica. In un periodo in cui la validità e il merito delle politiche europee sono spesso criticati e in cui gli europei sembrano essere sempre più scettici sugli effetti economici dell’integrazione europea, è un messaggio molto significativo.
Per una discussione più approfondita della metodologia e dei risultati, il paper originale può essere scaricato qui.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Francesco Aiello
Interessante riflessione. Da approfondire leggendo il saggio sottostante. Le cose curiose sono almento tre. La prima è che altri papers (tra cui uno mio (con Valeria Pupo) su Journal of Policy Modelling) dimostrano che i fondi hanno solo effetti di mera ridistrbuzione della ricchezza e non incidono in alcun modo sulle determinaanti della crescita di lungo periodo (cosa che dovrebbero fare). La seconda cosa è legata alla prima: l’effetto anticicliclo non nè materia dei FS. Infine, incuriosisce la strategia di identificazione, poichè l’unità statistica della politica di coesione è la Regione (NUTS 2) e, pertanto, non è chiaro se considerare le province come unità statistica delle elaborazioni introduca distorsioni nelle stime. Caso Italia: immagino che il gruppo dei trattiti e dei non trattati (province) replichi il dualismo Nord Sud che si osserva a livello regionale.
Silvia Merler
Ciao Francesco, grazie del commento. E’ vero che i fondi non hanno preciso obiettivo anti-ciclico, ma la Commissione ha sottolineato questo potenziale aspetto nel contesto di European Economic Recovery Plan, quindi penso sia interessante analizzarlo. Per quanto riguarda i dettagli più tecnici di identification strategy, se hai voglia di leggere il paper e discuterne per email o a voce mi fa super piacere! é ancora un working paper quindi ogni commento è benvenuto! Grazie e buona giornata! Silvia
Silvia Merler
Ciao Francesco, grazie del commento. È vero che i fondi di convergenza non hanno di loro natura un obiettivo anticiclico, ma la Commissione ha sottolineato questo aspetto nel contesto del European Economic Recovery plan, quindi penso sia interessante investigarlo. Per i commenti suntecnici (identification strategy ecc) se hai voglia e tempo di leggere il paper e discuterne per email mi farebbe molto piacere! È ancora un working paper quindi ogni commento è benvenuto. Grazie e buon weekend! Silvia
Nicola Dotti
Articolo molto interessante e utile. Apprezzo molto la semplicità e l’intuizione. Quando me ne sono occupato alcuni anni fa, avevo sottolineato l’eterogeneità e l’instabilità di trattamento delle regioni (vd. European Planning Studies) e sarebbe interessante trovare un modo per inserire queste disparità di trattamento fra territori con la stessa eligibilità teorica.
Silvia Merler
Vero, ottimo punto. Cercherò di trovare un modo nella prossima versione!