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Piccole Uber crescono. Anche nei lavori domestici

Le piattaforme sono entrate anche nel mercato dei lavori domestici e dei servizi alla persona. Hanno potere assoluto sulla gestione dell’incontro fra domanda e offerta, sui tempi di lavoro e sui compensi. Necessaria dunque una regolazione apposita.

L’economia dei lavoretti

Le piattaforme di scambio on line sono entrate nel mercato dei lavori domestici portando anche in questo settore le sfide di nuovi problemi di regolazione, già emersi nei casi Uber, Airbnb e Blablacar: concorrenza, ripartizione del rischio fra le parti, auto-regolazione e forme proprietarie, diritto del lavoro, autorizzazioni e sicurezza, neutralità delle reti, privacy, sono alcune delle aree critiche. Senza contare il tema, più generale ma decisamente rilevante, della tassazione.
Da sempre le imprese affidano a esterni lavori che non vogliono, o non possono, fare al proprio interno. Nelle famiglie, la “esternalizzazione” dei lavori domestici sembra essere legata, negli studi empirici, alla evoluzione della condizione economica delle donne: salari più alti ne fanno salire il prezzo, in termini di costo opportunità, mentre abbassano quello relativo di affidarsi per la cura della casa a lavoratori estranei alla cerchia familiare.
Sapere che qualcuno provvederà a ritirare i vestiti dalla lavanderia, farà la spesa, pulirà la casa, pagherà le bollette, farà la fila in posta è un piacere che attrae un numero crescente di persone, in particolare donne.
Nelle economie a reddito medio alto, alla moltiplicazione di domande frammentate di servizi domestici corrisponde una offerta di lavoro potenziale dalle fasce di popolazione con tempo e abilità a disposizione: pensionati, giovani in cerca di lavoro, cassintegrati o disoccupati, casalinghe, studenti. Il problema è lo stesso che si pone nei passaggi in auto o nell’affitto di camere: fare incontrare domanda e offerta. E così quello che hanno fatto in quei settori Uber, Blablacar e Airbnb, vorrebbero ora farlo per i servizi domestici e alla persona piattaforme come TaskRabbit, HelloAlfred e Network.care, superando le barriere dei costi di transazione che hanno tradizionalmente bloccato questi mercati potenziali.
La minaccia costante al potere di mercato delle piattaforme è la possibilità di aggirarle stabilendo un contatto personale fra domanda e offerta. Ma alcune di esse, per esempio Handybook e Alfred Club, perseguono un maggior controllo sul processo produttivo e godono di un learning by doing continuo. In generale, molte piattaforme utilizzano algoritmi per introdurre sistemi di incentivi e disincentivi per gli utenti per indirizzarne il comportamento verso gli obiettivi aziendali. Ne risulta indebolita la tesi secondo cui le piattaforme sono puri intermediari e rafforzata quella “anti-Uber”, che vorrebbe trascinarle sul terreno dei tradizionali datori di lavoro. Sul tema è attesa una sentenza della Corte di giustizia europea che cambierà i termini del dibattito su tutti i mercati in cui le piattaforme stanno penetrando.

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Dimensioni del mercato, impatto economico e diritti dei lavoratori

Non esistono dati puntali sull’outsourcing dei lavori domestici occasionali, escludendo quindi quelli più stabili come le badanti o i servizi alla persona. Tuttavia, se si usa come approssimazione il fatturato delle piattaforme (che deriva dalle commissioni, circa il 20 per cento per TaskRabbit), si può dire che la quota di lavoratori indipendenti che usano piattaforme per entrare in contatto con la domanda è in crescita.
L’emersione del mercato dei lavoretti mediato da piattaforme potrebbe però portare a sovrastimarne l’effetto sul Pil: molti di questi, infatti, vengono semplicemente riallocati, non prodotti.
Per anni le banche del tempo, all’inizio del tutto analogiche, sono state oggetto di plauso come esempio di una nuova economia. Le piattaforme di scambio lavoro, che hanno portato agli estremi quella idea grazie al digitale e agli smartphone, sembrano invece oggetto di risentimento sociale, come ha dichiarato al Financial Times Marcela Sapone, amministratore delegato di HelloAlfred. È infatti sul tema dei diritti dei lavoratori che si concentrano le critiche e il risentimento, fino a definirle “Uber degli schiavi”, per il loro potere assoluto sulla gestione dell’incontro fra domanda e offerta, sui tempi di lavoro e sui compensi. Sarebbe salutare se si formasse un potere organizzato dal lato della forza lavoro, anche con piattaforme dedicate e app: è accaduto recentemente a Foodora, con lo sciopero dei fattorini del cibo per i comportamenti vessatori della app sull’orario di lavoro e la velocità di consegna.
La creazione di valore che le piattaforme offrono deve contribuire al bacino fiscale e contributivo. E sul piano della regolazione industriale dovrebbero accompagnarle tre principi:

  1. riconoscere, quando possibile, la loro natura peculiare di intermediari, non di produttori di servizi;
  2. favorire la libertà di entrata rendendo difficile la formazione di posizioni di mercato dominanti;
  3. non applicare pedissequamente la regolazione in vigore per i mercati tradizionali: alle automobili non è stato imposto il codice della strada delle carrozze con i cavalli.
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Primi nelle energie rinnovabili. Ma a che prezzo?

  1. Maria Luisa Petrucci Agostini

    Non confondiamo le banche del tempo, che si basano sulla reciprocità, parità tra i soggetti, e che assumono il tempo come mezzo di scambio-un’ora vale un’ora per tutte le attività-, con associazioni/piattaforme che organizzano lo scambio con una logica di mercato: offerta, domanda, prezzo, profitto,s alari(servili). Che con le banche del tempo non hanno niente in comune.

    • franco becchis

      Le banche del tempo nascono indubbimente in un contesto “ideale” diverso, tuttavia anch’esse permettono uno scambio fra una offerta e una domanda, certamente a prezzi relativi bloccati, prezzi politici, in senso buono, e sena percentuale alla piattaforma…

  2. Francesco Mazzoni

    “favorire la libertà di entrata rendendo difficile la formazione di posizioni di mercato dominanti”
    Come regolamentare questo aspetto? Risiede nella natura intrinseca dell’app il vantaggio dell’esternalità di network. L’app di intermediazione funziona a pieno regime e con la massima efficienza per entrambi i tipi di utenti (prestatori e utilizzatori) quando il più alto numero di persone è connesso, paradossalmente in condizioni di simil-monopolio. Se ho bisogno di un’automobile non posso aprire 10 app fino a che non ne trovo una disponibile entro 10 minuti, e ancor peggio un’automobilista non può avere 10 contratti con 10 app diverse. Se cerco un oggetto online voglio trovare tutta la gamma di offferta su Amazon, senza restrizioni. La soluzione potrebbe essere incentivare lo sviluppo di portali che combinano vari servizi, ma A) si snaturerebbe la natura dell’app in sè, che porta vantaggi di user experience e praticità per l’utente e B) si creerebbe una nuova piattaforma che ha una posizione dominante.
    Provocazione: forse il monopolio in questo tipo di industria non rappresenta un fallimento di mercato?

  3. Marcomassimo

    Per i lavoretti non esisterà mai un vero esaustivo controllo perchè non può esistere; per questo che è di vitale importanza che tutte le persone abbiano un lavoro vero, non un lavoretto; occorre tornare a perseguire seriamente la piena occupazione

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