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Sui migranti il successo è a metà

Nel mese di agosto il flusso di migranti approdati in Italia è notevolmente diminuito. Risultato che è riconosciuto all’azione del governo. Ma la riduzione non è selettiva e si rimanda indietro anche chi avrebbe davvero bisogno di trovare rifugio.

A partire dal 2014, l’Italia è stata meta di un flusso di profughi, giunti prevalentemente via mare dalle coste libiche, nettamente più cospicuo di quello registrato in passato: circa 170 mila nel 2014, 154 mila nel 2015 e 181 mila nel 2016 (e poco meno di 100mila nel 2017, in netto calo come si evince dal nostro grafico).

Lo straniero che presenta la domanda d’asilo in Italia ha diritto, in base alla normativa europea, all’accoglienza fino a che sulla domanda non sia stata adottata una decisione. In Italia, il costo dell’accoglienza è di circa 35 euro al giorno pro capite.

Il regolamento di Dublino assegna in genere l’onere dell’accoglienza allo stato membro di primo ingresso e penalizza quindi gli stati che, come l’Italia, hanno frontiere esterne direttamente esposte al flusso. Per evitare che questi stati favoriscano movimenti secondari clandestini dei profughi verso altri stati membri, l’Unione Europea ha imposto quindi la creazione di centri di identificazione in cui operano funzionari Ue, attenti che ogni profugo sia registrato nel paese di sbarco.

In questo modo, nel 2016, il numero delle domande di asilo presentate in Italia è cresciuto decisamente (circa 123 mila, quasi il doppio di quelle presentate nel 2014). Con esso sono aumentati anche il tempo medio di attesa della decisione sulla domanda (arrivato a circa un anno per ogni grado di decisione) e gli oneri per lo stato: e anche nel caso in cui i richiedenti asilo del 2016 si accontentassero della decisione di primo grado, il costo complessivo per la loro accoglienza supererebbe il miliardo e mezzo di euro. D’altra parte, l’esame delle domande non produce affatto una decimazione dei richiedenti: il tasso di accoglimento ha superato il 60 per cento nel 2014, e si è attestato intorno al 40 per cento nel 2015 e nel 2016.

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Ridurre i migranti per ridurre i costi?

Se gli oneri per l’erario sono principalmente dovuti al protrarsi della procedura di esame della domanda, il politico intelligente dovrebbe chiedersi se non sia opportuno accordare da subito un permesso di soggiorno a tutti coloro che sbarcano (o almeno a quanti si adoperano per partecipare a corsi di lingua e di formazione), autorizzandoli a entrare legalmente nel mercato del lavoro. Di un regime analogo fruiscono per legge i cittadini Ue, e di fatto i cittadini di paesi extra-UE che, entrati per turismo, si trattengono in Italia lavorando, in attesa di beneficiare di una sanatoria o di un nulla-osta al lavoro nell’ambito del decreto flussi. A favore di una linea di maggior apertura militerebbero, tra le altre, le considerazioni svolte da Tito Boeri, nel corso di una sua recente audizione alla Camera, anche se il presidente dell’Inps non ha ovviamente fatto una proposta come quella indicata qui sopra, ma si è limitato a sollecitare meccanismi che permettano di allargare il numero degli immigrati regolari.

Le istituzioni italiane ed europee, però, sembrano sorde a questi argomenti e continuano ad additare come minaccia intollerabile per il cittadino europeo i cosiddetti migranti economici – quelli, cioè, destinati a veder rigettata la richiesta d’asilo. L’unica via per la riduzione dei costi resta allora la riduzione del flusso di profughi. Per non porsi esplicitamente in contrasto con gli appelli di Papa Francesco, la strategia viene presentata come se avesse un solo obiettivo: contrastare i trafficanti. Si glissa sul fatto che i trafficanti operano solo perché gli Stati membri Ue non hanno offerto ai profughi alcun corridoio umanitario alternativo.

La soluzione all’italiana

Nelle ultime settimane, il governo italiano, col plauso della Ue, ha sostanzialmente vietato alle Ong che cooperavano al salvataggio in mare dei profughi di spingersi troppo a ridosso delle coste libiche e ha rafforzato gli strumenti in mano all’autorità di Tripoli per controllare partenze dalla costa libica e soccorsi in mare nelle proprie acque territoriali (e non solo). Il risultato esalta i nostri governanti: a fronte di un aumento di quasi il 20 per cento degli sbarchi nei primi sei mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, il flusso si è praticamente arrestato nell’ultimo mese: dai 21 mila arrivi dell’agosto 2016 si è scesi ai 3 mila circa dell’agosto 2017. La guardia costiera dell’autorità di Tripoli, sostenuta tecnicamente dall’Italia, ha riportato in Libia la maggior parte di quelli che erano comunque riusciti a imbarcarsi, non esitando a minacciare con le armi le navi delle Ong che risultassero di intralcio.

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Molto meno esaltante è però il quadro dal punto di vista del diritto. La diminuzione del flusso non è infatti selettiva: colpisce nello stesso modo i titolari del diritto d’asilo e i migranti economici. Gloriarsene equivale a riconoscere che al diritto d’asilo l’Italia e la Ue non sono minimamente interessate. Affermare poi che in questo modo si riducono drasticamente anche i naufragi non tiene conto dei rischi per la vita a cui gli stranieri respinti – quanto meno quelli che avrebbero visto riconosciuto il diritto alla protezione – saranno restituiti.

Si ovvierà a questo spostando in Africa l’esame delle domande di asilo e lasciando che i soli titolari del diritto alla protezione raggiungano l’Europa? Teoricamente, è possibile. Ma è assai improbabile che la Ue possa garantire allo stesso tempo procedure di riconoscimento rapide ed eque in Africa se non riesce a farlo sul proprio territorio.

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14 commenti

  1. Luca Ba

    L’articolo è ottimo nella sua analisi pecca però di relativismo. E’ si vero che quello che sta succedendo penalizza i veri richiedenti asilo, come è vero che l’U.E. ed i suoi cittadini sono intimoriti dai migranti economici (non entro nel merito del termine che secondo me non è corretto ma richiederebbe ben altro spazio di discussione) ma ci si dimentica che la situazione era totalmente fuori controllo. Questa massa di giovani maschi africani (al 90% di questi si tratta) sono stati distribuiti un po’ ovunque senza la benché minima programmazione di gestione. Il tutto si è sommato ad controllo molto limitato degli immigrati già presenti sul territorio che anche se colpiti da provvedimenti di espulsione rimangono a spasso per il territorio italiano esasperando gli animi non solo degli italiani ma anche di molti immigrati regolari. Questa incapacità di gestione e le troppe parole vaghe sull’accoglienza e sul razzismo hanno compromesso fortemente l’attuale governo già fortemente minato dalla poca reattività alla crisi. Credo che sarà punito duramente alle prossime elezioni.

  2. Franco

    “Si glissa sul fatto che i trafficanti operano solo perché gli Stati membri Ue non hanno offerto ai profughi alcun corridoio umanitario alternativo.” Anche se l’UE fornisse un canale alternativo (per esempio delle sedi in africa per valutare le domande di asilo) i trafficanti avrebbero comunque l’enorme bacino dei migranti economici (cioè chi non ha diritto di asilo) da cui poter trarre profitto.

  3. Germano Garatto

    UN TITOLO CHE TRAVISA del tutto il contenuto dell’articolo è un segnale inequivocabile di quanto la percezione distorta della realtà pervada perfino gli ambienti più attrezzati per leggerla e interpretarla.

  4. bruno puricelli

    Sono letteralmente sorpreso che una proposta tanto imprevidente sia suggerita da un fisico che è senz’altro abituato a far quadrare i conti: la carità non esiste in natura ma la si può scremare laddove è possibile. Come si fa a convegere su punti di convivenza senza avere simili punti in comune? Anche Lei sa meglio di altri che l’aiuto è una azione obbligatoria laddove il soggetto è “in pericolo di perdersi”! Aggiungo che il codece penale prevede una grave pena per l’adulto che pone il minore in pericolo di perdersi. Non sottolineo il fatto che quelli che arrivano per mare sottopongono a rischi operativi il nostro personale militare e non. Cosa dire dell’effetto traino sulle restanti popolazioni che nella fattispecie figliano senza problemi! Aggiungo che, laggiù, le giovanissime (parlo del Burkina ma si estende a tutta l’Africa) all’età di 11 anni già progettano il viaggio in Italia ed in Europa. Almeno chi possiede struttura tecnica non dovrebbe cadere in trappole ideologiche senza fare i conti. Mai diffondere speranze che non saranno esaudite soprattutto per ostacoli insormontabili quali la diffeente preparazione, tradizione, religione e, in ultimo, ma non ultimo, il problema della lingua.

  5. bruno puricelli

    La maggior differenza tra animali e animali uomini consiste nella possibilità di sopravvivere meglio dei primi alla natura ed eventi naturali. Anzichè continuare a parlare bellamente di carità e generosità senza riuscire a far quadrare il cerchio, colui che propone carità si metta in evidenza con attuali risorse proprie senza appoggiarsi al calderone di pantalone. IL debito pubblico continua ad aumentare anche perchè non siamo capaci di essere rigorosi e far rispattare le leggi ad iniziare dagli italiani disfattisiti, ideologisti (coi soldi di altri), lazzaroni e pigri Si proponga di investire laggiù con dei piani di rimboschimento su qualche migliaio di kq tanto per cominciare e dando lavoro laggiù. L’Europa ha risorsr economiche per incorragia l’avvio di tali opere. Sarà poco ma da cosa nasce cosa!

  6. Marcomassimo

    Stranamente alcune persone ritengono che l’Italia abbia il dovere assoluto di dare asilo a tutti gli africani che ne facciano richiesta, caso UNICO nel contesto dei paesi occidentali; un paese con mille problemi, inefficienze e fragilità, in piena crisi economica e con elevata disoccupazione dovrebbe assumersi da solo l’incarico nobile e glorioso di risolvere i problemi sociali dell’Africa anche se ancora non sa bene come risolvere i propri; questo sembra più che un buon proposito un banale delirio di onnipotenza che per qualsiasi persona di buon senso è carico di conseguenze problematiche, drammatiche e magari anche tragiche; questa è già un epoca in cui si sragiona ampiamente a tutti i livelli, basta vedere le politiche economiche “mainstream”, ma lo sport della disconnessione cerebrale sta toccando veramente apici memorabili

    • EDISON

      Ineccepibile, dal rilievo iniziale alla considerazione finale, che mi sembra si adatti perfettamente all’autore dell’articolo. Ciò che, essendo anche io fisico, mi imbarazza non poco.

  7. Germano Garatto

    “QUESTA MASSA DI GIOVANI MASCHI AFRICANI”!!! Ognuno di quelli che ho potuto incontrare in questi anni (e sono centinaia) ha un nome e un cognome, una storia personale, una famiglia che ne sostiene il progetto migratorio e verso la quale sente la responsabilità impellente di inviare quanto prima un sostegno tramite il proprio lavoro.
    E’ il nostro sistema assurdo di accoglienza che li fa diventare “massa” indistinta di assistiti, parcheggiati per mesi e anni nei centri di “accoglienza”, in attesa di un permesso di cercare lavoro che a 7 su 10 verrà alla fine negato, intimando di ritornare con i propri mezzi (!) al paese di origine.
    L’articolo di Briguglio indica chiaramente la soluzione che da anni si propone; la stessa adottata per la crisi degli albanesi (2009) e dei tunisini (2011): concedere un permesso di soggiorno per motivi umanitari che sarà rinnovato a condizione che la persona abbia trovato casa e lavoro. Va ricordato che dei 5 milioni di stranieri regolarmente residenti oggi in Italia quasi due milioni sono stati messi in regola in questo modo.
    Ma questi respinti nel limbo della clandestinità fanno comodo a tanti: all’economia vacillante di un paese in crisi (lavoro nero e sottopagato in agricoltura, in piccole imprese e nei servizi alla persona), ai politici che possono sperare in un ritorno elettorale gridando al lupo, agli italiani che beneficiano della maggior parte dei sussidi di stato attraverso i servizi forniti a questi “disgraziati”, oltretutto ingrati.

    • Germano Garatto

      Scusate. Crisi degli albanesi verso l’Italia: 1991

  8. Michele Daves

    “il politico intelligente dovrebbe chiedersi se non sia opportuno accordare da subito un permesso di soggiorno a tutti coloro che sbarcano (o almeno a quanti si adoperano per partecipare a corsi di lingua e di formazione), autorizzandoli a entrare legalmente nel mercato del lavoro.” Di fatto i richiedenti asilo hanno un permesso di soggiorno provvisorio di 6 mesi che si rinnova in automatico fino all’esito definitivo (2 o 3 grado) del iter burocratico per il riconoscimento dello status di rifugiato. Inoltre, due mesi dopo la registrazione in questura della richiesta formale di protezione internazionale (C3) il richiedente asilo ha l’autorizzazione all’attività lavorativa. Morale, di fatto tutti i richiedenti asilo hanno un permesso di soggiorno provvisorio e possono lavorare mentre attendono il lungo corso burocratico legato alla loro domanda d’asilo. L’autore dell’articolo ignora che nei fatti succede già quello che auspica nell’articolo?

    • Quello che auspico nell’articolo e’ che agli stranieri sbarcati sia dato un permesso utilizzabile per lavoro, non destinato a morire in caso di esito negativo dell’esame della domanda ne’ accompagnato da un’accoglienza onerosa per lo Stato. Attualmente, invece, l’accesso al lavoro e’ solo temporaneo (il permesso per richiesta di asilo non e’ convertibile in permesso per lavoro, ed e’ revocato in caso di diniego definitivo del riconoscimento del diritto alla protezione), ed e’ disincentivato dal regime di accoglienza (anche se non e’ ancora chiaro, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 142/2015, se l’erogazione delle misure di accoglienza debba cessare in presenza di reddito da lavoro).

  9. Alberto

    La Germania, prima nazione Europea per numero di stranieri accolti, ha dovuto rivedere molte delle sue scelte iniziali nei confronti dei rifugiati. Nonostante abbia finanziato corsi di lingua gratuiti, reso più semplice il riconoscimento dei titoli di studio e ha velocizzato le procedure per rilasciare i visti per motivi di lavoro al fine di integrarli velocemente i risultati non sono entusiasmanti. In un programma di stage della Continental AG per 50 lavoratori migranti solo 30 sono andati assegnati, la Deutsche Post su 1000 posti per uno stage indirizzato in modo specifico ai rifugiati, le richieste sono state solo 235 e casi analoghi sono numerosi. Le ragioni, riscontrate per i Siriani, ritenuti i meglio formati rispetto altre nazioni, sono in prevalenza la mancata conoscenza del tedesco e una mediocre conoscenza dell’inglese, i datori di lavori tedeschi sono interessati a personale qualificato con standard adeguati e solo il 19% degli impieghi sono adatti a lavoratori senza adeguata formazione; le confederazioni dei datori di lavoro in Germania dicono che i rifugiati adulti, nonostante il diploma riconosciuto, dovrebbero essere mandati di nuovo a scuola.

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