La disuguaglianza ha gravi conseguenze: quando crescono le differenze di reddito aumentano i problemi di salute, il bullismo, gli omicidi, i detenuti e diminuisce il benessere e la fiducia tra i cittadini. Un tema cruciale, che i partiti hanno ignorato.
Un tema snobbato dalla campagna elettorale
Nella campagna elettorale, l’attenzione dei candidati al parlamento si è concentrata molto su temi quali gli scenari post-voto e la governabilità, il rapporto con l’Europa, la riforma Fornero, le migrazioni e i problemi di sicurezza che possono derivarne, le recrudescenze fasciste. Si è discusso invece poco di altri argomenti importanti, come la sicurezza dei cittadini rispetto alle conseguenze del degrado ambientale, la difesa dai rischi naturali, la legalità e, soprattutto, le disuguaglianze socio-economiche. Nei programmi dei partiti troviamo sì alcune proposte di politiche di contrasto alla povertà (reddito di cittadinanza, di dignità), ma la loro fattibilità e sostenibilità è difficile da valutare, come sottolineato anche su lavoce.info. Inoltre, in alcuni casi, non appaiono coerenti con altre proposte avanzate dalle stesse forze politiche, come la flat tax, che potrebbero neutralizzare gli effetti redistributivi delle eventuali misure sui redditi e in definitiva aumentare le disparità.
Il dato certo è che l’Italia ha un’ampia disparità nei redditi. Un confronto tra il 20 per cento più benestante e il 20 per cento più povero della popolazione mostra che il primo gruppo di persone è ben 6,7 volte più ricco del secondo: una differenza abissale (figura 1). Una situazione peggiore della Grecia e che ci avvicina più ai paesi anglosassoni, dove le distanze economiche tra gli individui sono più ampie, che agli altri membri dell’UE.
La diseguaglianza ha gravi conseguenze
Ma quali sono le conseguenze di queste disparità?
Nel corso di una recente conferenza europea, che ha festeggiato i 60 anni del Fondo sociale europeo, gli epidemiologi sociali Richard Wilkinson e Kate Pickett, autori del libro “La misura dell’anima. Perché le diseguaglianze rendono le società più infelici”, hanno ribadito che esiste una relazione diretta e inequivocabile tra le disparità nei redditi e i problemi sociali. Al crescere delle differenze di reddito aumentano il bullismo, gli omicidi, i detenuti e diminuisce il benessere e la fiducia tra i cittadini. Aumentano inoltre i problemi di salute legati all’abuso di droghe, la mortalità infantile, l’obesità e i disagi mentali mentre diminuisce la speranza di vita. Infine, al crescere delle disparità si deteriora il capitale umano, in termini, per esempio, di abbandono scolastico, analfabetismo, scarsa mobilità sociale. “La misura dell’anima” non è stato esente da critiche. Per esempio, le disuguaglianze sono una causa dei problemi o un effetto? In quale misura le differenze di reddito hanno un impatto indipendente dal contesto culturale, storico e istituzionale? È difficile trovare un consenso univoco sui nessi causali. Tuttavia, secondo la letteratura, la correlazione tra disuguaglianze e problemi esiste eccome.
Questi temi andrebbero affrontati più seriamente, non solo a colpi di spot elettorali, nel dibattito politico di un paese, come il nostro, in cui le disuguaglianze sono significative.
Figura 1 – Di quante volte il 20% più agiato della popolazione è più ricco del 20% più povero?
Fonte: adattato da Wilkinson & Pickett, key note speech “Why more equal societies do better”, European conference: Investing in People – The way forward, Sofia, febbraio 2018.
Se si confronta l’Italia con altri paesi sviluppati, ne viene fuori che siamo lontani dalle nazioni virtuose, ossia quelle che hanno disuguaglianze meno marcate e minori problemi sociali, in primo luogo i paesi scandinavi e l’Europa centro-settentrionale. Per esempio, la figura 2 mostra la relazione tra il benessere dei bambini, misurato da un indice Unicef che considera varie dimensioni (benessere materiale, salute e sicurezza, istruzione, comportamenti a rischio, abitazioni, ambiente e altro), e la diseguaglianza nella distribuzione del reddito, calcolata attraverso il coefficiente di Gini. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore zero che corrisponde alla equi-distribuzione, una situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito. Valori alti del coefficiente di Gini indicano invece una distribuzione più diseguale. Esiste una relazione simile anche tra le diseguaglianze reddituali e la partecipazione alla vita civica locale e alle organizzazioni di volontariato (figura 3). Insomma, dove ci sono maggiori disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, si corre il rischio di dover fare i conti con un aumento dei problemi socio-sanitari, e con una diminuzione del benessere e della fiducia reciproca tra i cittadini, inclusa la fiducia nei confronti dei politici. Si tratta di temi che il prossimo parlamento e il prossimo governo dovrebbero affrontare con impegno, se hanno a cuore non solo il futuro dell’Italia ma anche quello dei loro partiti.
Figura 2 – Benessere dei bambini: più basso nei paesi con maggiori disuguaglianze
Fonte: adattato da Pediatrics Vol. 135, Supplement 2, marzo 2015.
Figura 3 – Partecipazione civica: più alta dove le disuguaglianze sono minori
Fonte: adattato da Lancee & Van de Werfhorst, Income Inequality and Participation: A Comparison of 24 European Countries, giugno 2013.
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Savino
Con l’introduzione della flat tax, eliminando la progressività costituzionale dell’imposta, con le delocalizzazioni selvagge d’imprese, con l’aver abbassato la guardia supinamente sui diritti del mondo del lavoro, con un reddito di cittadinanza che riduce la dignità della persona e ci rende schiavi della politica e delle multinazionali sicuramente le disuguaglianze non potranno che incrementare ancora.
Danilo
La disuguaglianza io la trovo nelle aliquote dell’irpef. Perché si fermano al 43%????
Henri Schmit
Bell’articolo! Nell’ultima frase del primo comma sulla flat tax non capisco perché serve l’uso del verbo ausiliare “potrebbero” invece di un’affermazione più netta, incontestabile, facilmente dimostrabile. Sarebbe interessante aggiungere al Gini-index della disuguaglianza statica la misura 1. dell’aumento della disuguaglianza negli ultimi 20 anni e 2. della mobilità sociale. I figli dei meno agiati nei paesi con una bassa mobilità – come l’Italia e l’UK –
sono statisticamente condannati a un futuro senza prospettiva.
Antonio Rossi
Ben venga l’evidenziazione di uno dei maggiori problemi del presente e, probabilmente, del futuro: l’automazione dei processi produttivi non potrà che incrementare le disuguaglianze. Temo che se ne parli poco perché si fa fatica ad immaginarne una soluzione in quelle politiche liberiste che sembrano intoccabili nelle élites di governo (e di pensiero). Che non sia il caso di mettere mano a strategie (statali e) redistributive, piuttosto che confidare nella poco sapiente mano del mercato?
ANGELO PARODI
L’articolo è interessante e meriterebbe un approfondimento. Precisare i valori dei redditi individuali e famigliari, verifica di altri indici ed argomentare meglio il nesso : differenza reddito – problematiche sociali.
Cicci Capucci
La differenza di reddito non misura il benessere bensì una distanza, ma anche il decile più povero se la passa assai meglio di quanto se la passasse 20-50-100 anni or sono.Il capitalismo ha creato benessere planetario e le diseguaglianze sono un effetto collaterale di scarsa rilevanza. Alcuni insistono su di esse per acquisire meriti e scalare potere politico. Nient’alto.
MorenoM
Un buon articolo ma si fa un po’ di confusione tra riferimento ai redditi e alla ricchezza. Il primo è una rappresentazione parziale della seconda (su cui incide il patrimonio). Il richiamo alla flat tax andrebbe inquadrato di conseguenza. In tale ottica va tenuto conto che già oggi la progressività è in sostanza limitata ai redditi da lavoro e da pensione mentre vuoi per volontà che per necessità i redditi da capitale (mobile e immobiliare) sono già in flat tax. Su questo dovremmo ragionare, nell’ottima cornice che l’articolo fornisce.
Michele
Una grande parte delle disuguaglianze presenti in italia è già causata dalle tante e caotiche flat tax presenti da anni: 1,2% della PEX, 8% sulla rivalutazione delle partecipazioni, 10/15% la cedolare secca sugli affitti, 26% sui redditi da capitale etc Poi tutti i contributi – in un sistema a ripartizione di fatto sono una tassa – sono proporzionali o talvolta regressivi. La progressività della tassazione prevista nella Costruzione è sparita da un pezzo. I redditi da capitale sono tutti favoriti nella tassazione rispetto ai redditi da lavoro. Il lavoro invece viene precarizzato. Ci si meraviglia quindi che le disuguaglianze aumentano? È il risultato di una ben precisa politica portata avanti da almeno 20 anni da tutti i governi di dx e sx. Tutto ciò aggrava i problemi sociali? Certamente si, ma basta vivere nei quartieri giusti e sapersi muovere per relegare i problemi alle periferie, allo suburban sprawl che copre buona parte dell’Italia e che i benestanti attraversano in auto lungo le tangenziali giusto per andare il week-end ai monti o al mare.
francesco Zucconi
Articolo veramente interessante con dati, numeri e sobrie valutazioni. Credo che la soluzione non possa esser trovata all’interno delle vecchie strategie “neoliberiste”. È necessario rimettere lo Stato al centro dell’economia nella parte che riguarda innovazione, energia e industria di base che deve tornare in parte entro i confini nazionali,
e lasciare i mercati secondari, turismo, il tessile, l’alimentare etc in mano a privati in forte e libera concorrenza tra loro.
Luigi paglianti bonazzi
Sarebbe interessante conoscere l’evoluzione nel tempo del benessere e della diseguaglianza, anche per verificare come, a fronte di una debole ripresa dal 2013, è varietà la diseguaglianza. Questo anche per verificare se il senso di crescente insicurezza economica trova riscontro nella realtà e in che misura