Mai come oggi l’Italia è politicamente e socialmente spezzata in due. La flat tax e il reddito di cittadinanza hanno contrapposto lavoratori e pensionati del Nord ai disoccupati del Sud. Ci sarebbe un modo di ricomporre il paese, ma nessuno vuole intraprendere questa strada.
L’Italia divisa a metà
Le elezioni del 4 marzo hanno dipinto di blu, il colore della coalizione di centro-destra dominata dalla Lega, la cartina elettorale del Nord Italia. Al Sud, dove gli elettori hanno dato una vittoria schiacciante al Movimento 5 stelle, sulla mappa prevale un giallo brillante. Al Centro, si vedono solo alcuni sprazzi di rosso nelle regioni in cui una volta il centro-sinistra primeggiava.
Nessun partito o coalizione ha ricevuto abbastanza voti per governare da solo, lasciando la Lega e i 5 stelle alla ricerca spasmodica di alleati per formare un governo.
Il problema per i due partiti è che, nonostante possano trovarsi d’accordo su cosa disfare, propongono ricette divergenti su cosa fare. È perciò impossibile per loro governare stabilmente insieme ed è probabile che il loro modo di interpretare il disagio economico fortifichi una divisione Nord-Sud che renderà il paese ingovernabile per molto tempo.
Sia la Lega che i 5 stelle vogliono smantellare la riforma delle pensioni del 2011 – un drastico aumento dell’età pensionabile messo in atto in risposta alla crisi finanziaria. Entrambi vogliono eliminare gradualmente la riforma del mercato del lavoro del 2015 – il cosiddetto Jobs act – che ha indebolito i regimi di protezione dell’impiego aumentando le tutele per la disoccupazione. Sull’immigrazione le vere scelte avvengono su scala europea. Comunque, i due partiti hanno entrambi proposto la chiusura delle frontiere e un rimpatrio in larga scala degli immigrati irregolari.
Ma se Lega e M5s sono d’accordo su cosa smantellare, non hanno punti in comune per quanto riguarda quello che vogliono effettivamente fare.
I 5 stelle sostengono il “reddito di cittadinanza” – uno schema molto generoso di reddito minimo garantito, il cui costo è prudenzialmente stimato intorno ai 30 miliardi di euro (quasi il 2 per cento del Pil italiano). La Lega e gli altri partiti della coalizione di centro-destra, invece, hanno fatto campagna elettorale su una flat tax che, se attuata, ridurrebbe le entrate fiscali, secondo le stime, di 60 miliardi.
Entrambe le misure sarebbero incompatibili con la riduzione o anche solo la stabilizzazione del debito pubblico. Attuarle insieme è impensabile.
Queste due ricette di politica economica contrappongono frontalmente due blocchi sociali e spiegano la geografia del voto.
Il reddito di cittadinanza dei 5 stelle ha fatto breccia tra i disoccupati, che in larga misura sono concentrati al Sud. La flat tax della Lega favorisce i lavoratori e i pensionati del Nord, dove i salari e le pensioni sono più alti in termini nominali rispetto al Sud, ma comprano meno che nel Mezzogiorno perché il costo della vita è molto più alto.
La flat tax è attraente nelle regioni con redditi nominali più alti e un elevato costo della vita. Infatti, quando i salari aumentano, una tassazione fortemente progressiva può spingere un contribuente verso uno scaglione fiscale più alto, anche se il suo reddito reale non è di fatto aumentato.
I due partiti si trovano dunque in una situazione di impasse. Gli elettori della Lega non accetteranno mai di rinunciare alla promessa riduzione fiscale per finanziare trasferimenti a persone del Sud che non lavorano. Allo stesso modo, i 5 stelle non possono abbandonare la loro principale proposta elettorale senza una ribellione del loro elettorato meridionale.
Il risultato è che il paese intero – e non solo il sistema politico –rimarrà probabilmente diviso e paralizzato per un lungo periodo.
Figura 1 – La distribuzione dei collegi tra le principali coalizioni – Camera dei deputati
La questione salariale
Il profondo divario tra le regioni italiane ha una semplice spiegazione: i salari sono troppo bassi al Nord e troppo alti al Sud.
A partire dagli anni Settanta, i salari italiani sono fissati attraverso un sistema di contrattazione salariale centralizzata, tra sindacati e associazioni datoriali nazionali. I compensi per lavori simili sono dunque quasi gli stessi al Nord e al Sud, nonostante ci siano crescenti differenze nella produttività.
In media i differenziali di produttività tra un’azienda in Lombardia e una in Sicilia sono intorno al 30 per cento, mentre le differenze nei salari nominali a parità di qualifiche e nello stesso settore sono nell’ordine del 5 per cento. Di conseguenza, per le aziende meridionali è difficile competere, così si crea disoccupazione al Sud, emigrazione al Nord con prezzi delle case e costo della vita più alti e, dunque, salari reali più bassi al Nord che al Sud.
Un percorso controllato verso la decentralizzazione dei salari, del tipo di quello avviato in Germania dopo l’unificazione, ridurrebbe questi squilibri e la povertà dovuta alla disoccupazione al Sud, portando i salari in linea con i livelli di produttività locali. Permetterebbe anche ai lavoratori del Nord di avere redditi reali più vicini a quelli che spererebbero di avere con una flat tax.
Sfortunatamente, né la Lega né il Movimento 5 stelle hanno intenzione di affrontare il problema. I partiti populisti non sono disposti ad avere a che fare con i corpi intermedi come i sindacati o le associazioni datoriali. Ed è difficile riformare la contrattazione collettiva senza le parti sociali. Dal canto loro, né i sindacati né le associazioni datoriali sono così ansiosi di smantellare il sistema attuale, che dà a entrambi grande potere. L’accordo siglato la settimana scorsa da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil è motivato principalmente dal desiderio di evitare l’introduzione di un salario orario minimo in Italia. Come già discusso su questo sito, il salario minimo sarebbe uno strumento potente per decentrare la contrattazione.
Se i vincitori delle elezioni vogliono davvero cambiare il paese, dovranno presentarsi con soluzioni, come il salario minimo, che accontentino sia l’elettorato del Nord che quello del Sud. Ma, date le promesse elettorali di entrambi i partiti, è ben più probabile che il paese rimanga diviso.
Una versione più breve e in inglese di questo articolo è pubblicata su Politico.
*Tito Boeri è presidente dell’Inps
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bob
2018 ancora la favola del Nord e Sud ! Ancona e le Marche con distretti di avanguardia a livello mondiale pieni di disoccupati improduttivi? Massimo rispetto ma leggere il suo articolo viene la pelle d’oca perchè denota una distanza dalla realtà quotidiana abissale. Mah!
Virginio Zaffaroni
Questa che la differenza tra Nord e Sud sia una favola è proprio bella. Come è bella questa Nuova Geografia a uso dei piccini, per la quale Ancona e le Marche stanno al Sud.
Gabriele
Ma perchE mai nessuno analizza le differenze salariali est ovest secondo lo spartiacque dell Appennino? Magari le differenze sarebbero più significative,
Leo
Sono più o meno d’accordo su tutto tranne che sulla seguente affermazione: “Il profondo divario tra le regioni italiane ha una semplice spiegazione: i salari sono troppo bassi al Nord e troppo alti al Sud.”
Ho lavorato per anni in Lombardia e da qualche anno lavoro in Puglia e:
1) tra nord e sud esiste eccome una differenza di salario nel settore privato
2) il Sud non sempre è meno costoso del Nord se si considerano ad esempio trasporti, sanità, istruzione, …
Laddove i servizi pubblici funzionano peggio il cittadino spende di più o rinuncia a servizi di qualità.
Arduino
Dopo più di 150 anni l’Italia resta profondamente divisa. A questo punto occorrerebbero forse idee diverse e davvero dirompenti perché il sud, dopo aver costituito il serbatoio di manodopera a basso costo che ha consentito la crescita del nord, oggi è un fardello per l’economia del paese. Le possibilità non sono molte, a parte le (sacrosante) gabbie salariali proposte da Boeri. Una potrebbe essere quella di creare finalmente uno stato federale con una parte, il nord e il centro, legate all’Europa e all’euro ed un’altra, il sud e le isole, sganciata dall’euro, con la possibilità di battere moneta così da poter attirare capitali e da poter fornire alle aziende che lo volessero una possibilità di delocalizzazione e di avere un’espansione considerevole del turismo e dell’economia. Si tratterebbe di cercare di ricostruire al sud quel tessuto industriale e produttivo che l’Italia contemporanea non ha mai conosciuto. Il tutto magari sotto il rigido controllo dell’Europa e non delle classi politiche incapaci e rapaci che hanno imperversato ed imperversano in quelle zone. In definitiva è qualcosa di non troppo dissimile da quanto fatto dalla vecchia Cecoslovacchia, con reciproco vantaggio sia della repubblica Ceca (Praga) che di quella slovacca (Bratislava).
marco
La dura risposta delle dinamiche economiche è quella da Lei descritta: minore infrastrutture, minorre competenze nel lavoro, minore valore delle leggi, minori capitali, singnificano scalutare la moneta e/o
marco
od implicano svalutare la moneta o ridurre i salari, ovvero il controvalore delle merce e servizi scambiati con altre nazioni. L’esempio di repubblica Ceca e Slovacca è pertinente. Ricordo un viaggio nella repubblica Ceca e Slovacca nei prima anni 90′, già allora una diversità tangibile di condizioni di sviluppo. In Italia la moneta è stata unica, prima la Lira (svalutabile mixando le esigenze delle due Italie) poi l’EURO, che è la moneta unica dei paesi “forti economicamente”. La politica di incentivi non ha quasi mai funzionato dal dopoguerra in poi al Sud. Quindi per il Sud Italia rimane: la differenziazione salariale in relazione alla produttività globale, la povertà od il sussidio da parte del resto del paese Italia, ancora l’emigrazione. Certo la differenzazione salariale dovrebbe valere per settore privato e pubblico (sei trasferito da Bologna a Catranzaro e cambi stipendio?), per le tariffe pubbliche (biglietto Tram), la sanità, etc. E’ realisticamente fattibile, che un viaggio in FrecciaRossa, abbia da Roma in poi un costo diverso che da Roma a Milano. E’ un tema poliedrico quello delle differenziazioni salariali …. ma vale la pena discuterne, e non farne opposizione di principio. Gli Italiani sono tutti uguali e con gli stessi diritti, ma le situazioni economico-sociali del paese sono – purtroppo – molto diverse. Il voto lo ha mostrato nella scelta di due divwrse offerrte politiche. E’ pretendere troppo che si parli di questa situazione drammatica con onestà?
Virginio Zaffaroni
Altamente interessante questo del prof. Boeri, in particolare laddove coglie la questione, mai dibattuta, del salario reale al Nord e al Sud. Ma forze populiste come Lega e M5S sono, per natura e vocazione, allergiche non solo ai corpi intermedi ma anche alle discipline scientifiche, a maggior ragione se economiche. Quindi la speranza che l’approccio Boeri trovi strada è pari a zero.
Antonio Aquino
La principale (probabilmente insuperabile) difficoltà politica delle differenziazioni retributive fra Nord e Sud dell’Italia deriva dal fatto che, per essere davvero efficaci, esse dovrebbero essere applicate in primo luogo nel settore pubblico. Stando così le cose, una strategia di “second Best” potrebbe consistere in una “svalutazione fiscale” a favore del Mezzogiorno, eventualmente utilizzando una parte significativa dei fondi strutturali finalizzati alla coesione territoriale per sgravi fiscali sull’occupazione nel Mezzogiorno in attività produttive di beni a mercato internazionale, come le attività manifatturiere e i servizi informatici, escludendo le produzioni a mercato esclusivamente o prevalentemente locale. Appare incomprensibile dal punto di vista dell’analisi economica l’ostilità della Commissione europea rispetto a differenziazioni fiscali compensative delle differenze di produttività fra Nord e Sud dell’Italia nei settori a mercato internazionale. Non sono proprio forti differenze nel costo del lavoro a mantenere in equilibrio competitivo paesi come Germania, Polonia, Slovacchia, Romania ecc., contribuendo anche alla riduzione delle differenze di produttività per effetto di processi di “learning by doing”?
Sarebbe molto più utile per l’Italia contestare le politiche europee su questo tema piuttosto che sull’austerità fiscale complessiva.
Paolo Donati
Dispiace che si avvalli la cosa che la Ornerò abbia allungato l’età pensionabile. È stato Maroni a fare il balzo più grande: 5anni! E Berlu ha agganciato alla promessa di vita. Sbaglio?
Luigi Vignaroli
Dinanzi ad una campagna elettore caratterizzata da riconoscimento di prebende( flax tax e reddito di cittadinanza) e garanzia di sicurezza ( rimpatrio immigrati irregolari) argomenti tutti comprensibili dalla grande massa degli elettori che votano sugli argomenti che caratterizzano la loro vita altro risultato non era possibile. ll PD ha parlato di PIL, rapporto debito pil, produzione industriale, produttività ecc. argomenti conosciuti dalle classi sociali più istruite. Prova ne è il voto maggioritario al PD a Milano Centro e Roma 1
luca
Il voto di Milano centro è la riprova di due italie di cui una non ha proprio idea, anzi non vuole vedere, le condizioni della periferia non dico estrema ma appena semi-centrale. Ricordo ancora i proclami di Pisapia quando parlava di ripulire i muri della città in vista di Expo. Fatto, ma solo quelli del centro dove sarebbero passati i turisti. Stessa cosa per i controlli sui mezzi: controllori solo in via Orefici, via Torino. Qualcuno ha mai controllato la 90 ad esempio? Al che il mio dubbio. Le due italie sono tali solo perché una non vede l’altra mentre l’altra vede benissimo entrambe e le dichiarazioni della prima venate di buonismo scaricato però sulle spalle di altri.
roberto
ma che senso ha vantarsi di essere una fonte di fact-checking quando poi chi scrive su questo sito afferiscono tutti ad una area ben definita della “disinformatia” liberal. Riguardo le frontiere: quando uk, USA e gran parte di elettorato germania e Francia (circa il 30%) per non parlare dell’Austria, dice che non ne può più del concetto frontiere aperte bisogna avere una certa faccia tosta per continuare a dire “abbiamo ragione noi liberal”.
gmn
” chi scrive su questo sito afferiscono tutti ad una area ben definita della “disinformatia” liberal”
Chi scrive, semmai, afferisce. Chi commenta, magari, stia ai fatti o li legga in modo alternativo. La critica politica, astratta, sterile e polemica, per favore, la si confini all’osservatorio ombelicale di Facebook
Marco Valentini
Facendo una pura ipotesi che ci sia un differenziale di inflazione nord sud di 10 punti, questo permetterebbe di evitare di fare crescere in termini nominali di 10 punti i salari al sud recuperando in termini reali una parte del gap di produttività. Ma per recuperare tutto il gap di produttività bisogna ridurre ben di più i salari e abbiamo visto che questa ricetta ha avuto costi sociali devastanti in Grecia con risultati in termini di crescita non eclatanti. Altra domanda: con i differenziali ben descritti esistono imprese private che ce la fanno, non è possibile studiarle e quindi replicare il loro modello? Infine da dire poi che le gabbie salariali rischiano di essere contro l’art. 36 della costituzione, infatti, il motivo addotto alla loro prima cancellazione è stato proprio quello di essere sostanzialmente discriminatorie.
Per non far cadere il progetto censure di incostituzionalità, non è preferibile spingere ancora sulla contrattazione decentrata, proprio come descritto nell’accordo tra sindacati e parti datoriali di pochi giorni fa?
Savino
Ricordo a tutti che questo è il Governo che si sono scelti gli italiani (che per quasi 7 anni si sono lamentati di non poter scegliere), che queste sono le idee chiare che hanno gli italiani e che questi sono i sogni illusori che hanno gli italiani, sintetizzabili più col combinato disposto tra reddito di cittadinanza e cancellazione della legge Fornero.
Se ci fosse stato un partito del rancore esso avrebbe oltre il 51%, unendo nord e sud. Da paura il fatto che gli italiani ignorino totalmente il panorama globale e non vadano oltre la propria tasca. Non è sempre e solo la politica che deve ascoltare il malcontento; è anche l’elettore tenuto ad informarsi in quale mondo sta vivendo.
Giuliano Quattrone
Mi permetto di osservare che il profondo divario tra le regioni italiane non dipende solo dai salari troppo bassi al Nord e troppo alti al Sud.Aggiungerei almeno altre tre cause fondamentali. 1) Il livello di istruzione e formazione, al Sud molto più scadente che al Nord (al Sud la scuola a tempo pieno è un miraggio e la formazione professionale serve soprattutto a finanziare i Centri di formazione); 2) Lo spreco e la rapina dei fondi pubblici per investimenti/infrastrutture, depredati dal un ceto politico-affaristico che ha dominato per decenni il Mezzogiorno , contro il quale si è manifestata alle elezioni la rivolta grillina; un solo esempio: in Calabria, che ha litorali tra i più belli del Mediterraneo , in moltissimi centri le fogneancora scaricano liquami in mare! 3) lo strapotere della malavita organizzata, che rende non solo svantaggioso economicamente investire, ma pericoloso sul piano personale e familiare: in molte zone della Calabria ( ma vale anche per altre regioni del Sud) chi investe deve soggiacere al controllo asfissiante del territorio da parte della ‘ndrangheta, che si traduce nel pagamento del pizzo, ma anche nell’obbligo di assumere determinate persone, oppure nella cessione di sub appalti più o meno ufficiali, ecc.Qual è allora la convenienza ad investire in queste zone?
Perciò, per tenere insieme il Paese è necessario, tra le altre cose, che al Sud si intervenga prioritariamente su istruzione e formazione, infrastrutture, lotta dura alle mafie.
Lorenzo
Articolo condivisibile.
Prepariamoci all’aumento dell’IVA dall’anno prossimo.
Francesco Aiello
Sarebbe interessante capire quanto i differenziali di produttività dipendano anche dalle differenze di domanda e dai differenziaii di tecnologia/contesto. A parità di skill, effort e di attività lavorativa, la produttività riflette i contenuti tecnologici sui luoghi della produzione. Non è ben chiaro perchè in tali circostanze dovrebbero essere applicati salari diversi (forse si dovrebbe optare alla soluzione delle ragioni dei differenziali di produttività). A Melfi si Produce la Jeep Renagade che è un bene in cui i contenuti tecnologici contano molto. Non è ben chiaro perchè in tal caso, un operatore di Melfi debba ricevere un salario inferiore a quello di un collega che opera in un altro impianto. Anzi, è probabile che la sua produttività sia più alta e, quindi, debba ricevere un salario più alto. Da cosa dipende in tal caso il differenziale di produttività che si riflette in ipotetici differenziali di salario? Forse dal fatto che a Melfi gli impianti sono tecnologicamente all’avanguardia? Forse anche dal fatto che il bene prodotto è ad alta domanda?
Vittorio Daniele
La proposta del prof. Boeri, non certo nuova, pone una serie di questioni che meriterebbero un approfondimento. Di seguito se ne evidenziano due.
1. Come è misurata la produttività? Per confrontare Nord e Sud sono necessari dati molto disaggregati, poiché i confronti tra regioni o settori economici producono risultati inattendibili. Le strutture produttive del Nord e del Sud sono, infatti, molto diverse. Nel Nord est, l’industria contribuisce al 25% del valore aggiunto; al Sud solo all’11%. Inoltre, la stessa struttura industriale è molto diversa, anche per livelli di tecnologia. Senza dati attendibili, i confronti sono poco significativi.
2. Da cosa dipende la produttività? Da fattori di domanda e di offerta. Dai beni capitali utilizzati, dal livello di tecnologia e da alcune variabili di contesto, come burocrazia e infrastrutture. Perché, dunque, un lavoratore del Sud, a parità di qualifica di un suo collega del Nord che svolga la stessa mansione, dovrebbe ricevere salari più bassi, quando l’eventuale differenza di produttività è da imputare a inefficienze tecnologiche, organizzative o di contesto o, addirittura, alla minore domanda dei beni? Si tratta di abbassare i salari o, piuttosto, d’innalzare la produttività agendo sui fattori che realmente la determinano?
Quanto al divario Nord-Sud, la “semplice spiegazione” del prof. Boeri spiega molto poco, almeno storicamente. Come ricorda Boeri, la contrattazione centralizzata venne introdotta negli anni settanta. Ma il divario Nord-Sud esisteva da almeno un secolo
Matteo
“Perché, dunque, un lavoratore del Sud, a parità di qualifica di un suo collega del Nord che svolga la stessa mansione, dovrebbe ricevere salari più bassi”?. Mi permetto di risponderti: perché il costo della vita è più basso. A parità di mansione ottengo lo stipendio che mi da il medesimo potere d’acquisto. Quando il costo della vita è molto diverso da una regione ad un’altra è come se ci fossero due monete differenti e quindi c’è necessità di un tasso di cambio che neutralizzi le differenze. Un saluto
Asterix
Interessante l’articolo del Prof. Boeri che propone in modo molto elegante il ritorno alle vecchie”gabbie salariali” per le regioni del sud per fa recuperare al nostro Paese la competitività perduta. In sostanza si parla di effettuare una deflazione dei salari nek sud, tradotto pagare meno chi vi labora mentre dubito che si avrebbe un corrispondente incremento dei salari al nord. Nell’articolo non si sta parlando di tagliare il cuneo contributivo, quale suo Presidente il Prof Boeri sa che l’inps non può reggere a lungo le proposte di riduzione dei contributi che vanno tanto di moda, ma di ridurre lo stipendio per chi lavora al sud. È la famosa deflazione dei salari che economisti come DeGrauwe propongono all’Italia come soluzione per farlo ripartire in alternativa all’uscita all’euro. Tale seconda ipotesi garantirebbe ugualmente una ripresa di competitivita attraverso la svalutazione del cambio ma avrebbe costi elevati (leggere il libro di Siciliano su Italexit per una loro stima). C’e un solo problema ..chi spiega alle regioni del sud che dovranno accettare di essere i cinesi italiani ??
piero
Due osservazioni.1) Se non ricordo male, la retribuzione è il corrispettivo per la prestazione resa; a pari mansione, pari retribuzione.2) Il costo della vita è un principio assai aleatorio; esso dipende non solo dai luoghi dove si vive (non tanto nord/sud, quanto centro-periferia-provincia), dal nucleo familiare, dalla casa di proprietà/affitto, dagli stili di vita. Presumere di stabilire una divisione geografica è ingiustificato e scorretto. La minore produttività del sud è figlia di criminalità e corruzione; questi sono i nemici da combattere, non qualche euro di troppo (!?) di chi avrebbe nientepodimenoche “salari troppo alti” !?!?
loreti vincenzo
Dall’unità d’Italia in avanti le economie del nord e del sud si sono molto diversificate. Il Nord anche con le risorse del sud e anche ad una politica protezionistica ha potuto costruirsi nel triangolo, Milano, Torino, Genova, un tessuto industriale sufficientemente forte e che ha retto fino agli anni ’80. Ora con la globalizzazione tante aziende del nord si sono dovute riconvertire pena l’estinzione.Comunque dobbiamo rilevare che anche al nord molte attività non sono più competitive ed ecco il motivo per il quale ha successo un partito protezionistico come la Lega. Comunque settori importanti d’avanguardia come la telematica e la robotica, fanno sì che il commercio e la finanza che il nord sia una delle regioni più ricche d’Europa. Ma parte della sua ricchezza è dovuta in parte ai consumatori del sud che debbono fare capo ai centri direzionali del nord. Quindi tutti i giorni un flusso di denaro dalla Sicilia in su si dirige verso il nord. In compenso cosa può offrire sul mercato il sud se non i suoi prodotti agricoli, le sue poche eccellenze tecnologiche ed il turismo? Ma col turismo siamo competivivi con i paesi della sponda sud, est ed ovest del Mediterraneo? Certamente no. Eppure abbiamo di tutto dalle città d’arte ricche di storia, musei, luoghi incantati ma non bastano, perché abbiamo una concorrenza spietata. Per quanto riguarda il settore primario anche qui siamo costretti a subire i prodotti di paesi mediterranei, a basso costo. Risposta? Maggiore solidarietà .
Emilio Meneghella
L’Italia così ben descritta dal Professor BOERI è divisa a metà perché ha due metà, una diversa dall’altra. Trovo perciò tanto coraggioso quanto inattuale affidare a “ricette economiche” il tentativo di introdurre omogeneità nel Paese. Viceversa, bisogna che si prenda atto di questa diversità per curvare ad esse le scelte di politica economica.
Luigi
C’è di più. Poichè gli stipendi di importi “nazionali”, con un grande potere di acquisto, finanziati con le tasse del Nord, sono appannaggio nel Sud della classe dirigente locale, la stessa non ha il più grande interesse allo sviluppo dello stesso Sud, che comporterebbe un aumento dei prezzi locali e quindi una diminuzione del proprio potere di acquisto. Quale territorio si puó sviluppare “contro” la propria classe dirigente?
enzo
Probabilmente una riduzione del costo del lavoro (anche del salario) se significativo potrebbe portare un vantaggio se finalizzato ad una delocalizzazione industriale nel sud ed un incentivo ad un aumento del pil e dell’occupazione di quest’area. Per un disoccupato meridionale destinato all’emigrazione i vantaggi di un salario se pur decurtato sarebbero comunque superiori ai costi economici dell’emigrazione (casa ecc.). Tuttavia perché cercare giustificazioni etiche? forse che un lavoratore di napoli sostiene un costo della vita inferiore al lavoratore di un paesino della valpadana? forse risparmia 50c sul barattolo di pomodori ma paga 50 milaeuro in più per acquistare una casa. In termini di equità poi si dovrebbe ragionare in termini di equità delle imposte fisse, del costo dei servizi o ancora sul diritto di andare in pensione prima laddove l’aspettativa di vita è più bassa ecc ecc
Santo
Stranamente non vengono citate fonti. E ci sono moltissimi dubbi, visto che il “presunto” divario di produttività è presentato come un dato di natura. Ma c’è chi i dati li pubblica e i dubbi sono molti:
distribuzione-e-poverta/produttivita-e-retribuzioni-i-divari-
Sembra proprio che i salari non siano un problema, visto che sono mediamente più bassi al Sud e allineati alla produttività. Curioso che un articolo economico non presenti fonti.
Santo
Mi è saltato il link del commento precedente:
http://Www.economiaepolitica.it/distribuzione-e-poverta/produttivita-e-retribuzioni-i-divari-