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Addio a Fabio Ranchetti, voce libera del pensiero economico*

Studioso erudito, uomo di cultura e docente appassionato, Fabio Ranchetti ha sempre avuto del pensiero economico una visione sfaccettata e aperta alle altre branche del sapere. Grande il vuoto che lascia tra gli amici e i colleghi.

Il 21 ottobre 2020, dopo una breve, tragica malattia, è mancato Fabio Ranchetti (1948-2020), economista e storico del pensiero economico, docente dedito e appassionato, studioso erudito e uomo di cultura, voce libera e profonda che ha arricchito la storia del pensiero economico con sguardo critico che spaziava dall’economia alla filosofia, dalla linguistica alla letteratura.

Di solida formazione filosofica per gli studi alla Statale di Milano, poi al Trinity College a Cambridge, esperienza cui rimase profondamente legato, Fabio Ranchetti concepiva l’economia come parte della filosofia morale e politica, pur profondamente legata alla matematica, alla logica e alla linguistica. Il suo lavoro scientifico è stato ispirato a questa visione molteplice e aperta del discorso economico, permeata dal continuo rinvio alle altre fonti della cultura che lo appassionavano e di cui si nutriva. Nella sua biblioteca personale, eredità familiare preziosa, conservata e arricchita dalla sua passione di bibliofilo, i libri erano disposti non secondo ripartizioni rigide per autore o soggetto, ma per i richiami profondi che li legavano nei suoi studi.

I contributi scientifici di Fabio Ranchetti spaziano da Quesnay a Wicksteed, da Edgeworth (di cui era profondo conoscitore) a Sraffa, con il quale aveva sempre dialogato a Cambridge, fino a Keynes, autore meditato a fondo, con particolare attenzione agli aspetti filosofici e alla teoria monetaria. Nei suoi studi si interrogava sui rapporti tra economia e filosofia in Wittgenstein, filosofo di cui era attento lettore. Aveva dedicato uno studio documentato e creativo alle Lettres Persanes di Montesquieu, affrontando il delicato equilibrio tra narrazione fantastica e analisi della realtà. Rifletteva sui rapporti tra l’economia e la letteratura in Thomas Mann.

Aveva il dono raro dell’esposizione didattica ricca, senza volgarizzazioni, strumento per la formazione dell’intelligenza critica. Il suo libro con Claudio Napoleoni Il pensiero economico del Novecento resta un contributo vitale ancora oggi, a cavallo tra riflessione storica e ragionamento teorico, per delineare alcune grandi tappe della teoria economica nel secolo scorso. Nel 2011, al Festival dell’economia a Trento presentava in modo limpido il complesso tema della libertà partendo dalla prospettiva linguistica, sulle orme di Wittgenstein, con ricchezza di riferimenti culturali, senza perdere mai di vista la precisione dei termini economici. Aveva continuato a far lezione dopo la pensione e si dedicava all’insegnamento con passione non comune. Per stimolare i suoi studenti a guardare il mondo, per le lezioni si preparava scrupolosamente sui temi di attualità. Coltivava i suoi studenti e lasciarli senza lezioni dedicate è stata la sua prima preoccupazione nei giorni della malattia.

La sua intelligenza, la sua cultura, la sua gentilezza, la sua conversazione brillante, il suo umorismo, la sua generosità lasciano un profondo rimpianto e un vuoto negli amici e colleghi, che lo hanno conosciuto e lo ricordano con profondo affetto nel dolore.

* L’articolo è originariamente apparso sul sito della Storep.

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  1. Roberto Pasini

    Fabio, amico caro dei tempi della nostra giovinezza, quando eravamo incerti tra Filosofia ed Economia e alternavamo le lezioni di Dal Pra e di Lunghini e ci trovavamo il sabato mattina in Statale, piccolo gruppo di affiliati, al seminario di Michele Pacifico su Hegel. Ho sempre pensato che la tua cultura enciclopedica, tua apertura mentale, la tua eleganza facessero di te un uomo del Settecento, nato nel secolo sbagliato. Vorrei avere la leggerezza e insieme l’arguzia del tuo sorriso per gestire laicamente il dolore per la tua perdita.

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