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Come aiutare i comuni a spendere 43 miliardi

I comuni dovranno gestire direttamente 43 miliardi nell’ambito del Pnrr. Ma l’esperienza del Fse ci dice che non tutti hanno le capacità di realizzare i progetti. Cosa fare per mettere anche il Mezzogiorno nelle condizioni di spendere le risorse.

Il ruolo degli enti locali nel Pnrr

I comuni saranno chiamati a gestire una quantità importante di risorse dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: Anci stima infatti che circa 43 miliardi di euro saranno stanziati su materie di diretta competenza degli enti locali. In particolare, l’ultima bozza disponibile del Pnrr prevede che i comuni siano protagonisti dell’attuazione di diverse linee di intervento, tra le quali: i servizi socio-assistenziali, disabilità e marginalità; l’efficientamento degli edifici pubblici; i trasporti locali sostenibili e la digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione.

Oltre a problemi di coordinamento tra gli enti territoriali e i diversi ministeri che dovranno gestire i fondi, la questione cruciale è questa: le amministrazioni comunali saranno effettivamente capaci di rendere esecutivi tutti i progetti finanziati, rispettando i requisiti richiesti dall’Unione europea?

Cosa succede con il Fondo sociale europeo

Una prima risposta alla domanda potrebbe provenire dal passato, analizzando i progetti finanziati dal Fondo sociale europeo (Fse) per il periodo di programmazione 2014-2020 (Opencoesione).

Alla realizzazione della maggior parte dei progetti partecipano tre figure: il programmatore, l’attuatore e il realizzatore. Il programmatore è il soggetto cui compete la decisione di finanziare il progetto: si tratta generalmente di un’amministrazione pubblica centrale o regionale. L’attuatore è il responsabile dell’attuazione del progetto, responsabilità affidata dal programmatore e che può controllare i realizzatori, solitamente un’amministrazione pubblica centrale o locale. Infine, il realizzatore è il soggetto che realizza effettivamente il progetto. Nel caso di opere e lavori pubblici coincide con il titolare del contratto di appalto che esegue materialmente l’opera. Analogamente per un progetto di acquisto di beni o servizi, il realizzatore è individuabile con il titolare del contratto di appalto chiamato a fornire i beni o a erogare il servizio.

I progetti finanziati dal Fse spaziano su diverse linee di intervento: la promozione di sistemi di trasporto sostenibili, come ad esempio finanziamenti per il rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale; le politiche attive per il lavoro, come servizi di accompagnamento, formazione e orientamento; all’inclusione sociale, come il progetto asili nido gratis, assistenza sociale alle persone in difficoltà economica, anziani e disabili; il rafforzamento della pubblica amministrazione, tramite appositi corsi di formazione. Tutti temi che ricorreranno nei progetti che saranno finanziati con il Pnrr.

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Nella figura 1 riportiamo il numero di progetti comunitari per cui i comuni sono stati segnalati come unici attuatori o realizzatori, ad esclusione dei sussidi alle imprese. I comuni del Nord Italia hanno avuto più esperienza sia di gestione che di realizzazione di progetti finanziati con fondi europei, sia rispetto ai comuni del Mezzogiorno che ai comuni del Centro Italia.

La principale diversità territoriale si osserva però nella capacità dei comuni di utilizzare a pieno le risorse pubbliche destinate ai loro progetti (figura 2). Utilizziamo come indicatore della capacità di “assorbimento” dei fondi pubblici il rapporto tra pagamenti e finanziamento totale pubblico impegnato per ogni progetto. Sotto la voce “finanziamento totale pubblico” rientrano – oltre alle risorse comunitarie e nazionali specificatamente destinate – anche le risorse pubbliche di altro tipo (ad esempio, risorse ordinarie stanziate da comuni, province e regioni). I pagamenti invece rappresentano le risorse effettivamente erogate per la realizzazione dei progetti.

Nella figura 2 si nota che in media i comuni del Nord Italia sono stati capaci di attivare quasi la totalità dei fondi pubblici, mentre i comuni del Mezzogiorno e del Centro hanno finora trasferito nell’economia all’incirca solo la metà delle risorse pubbliche programmate. In particolare, la quota di pagamenti su fondi pubblici impiegati nel caso di progetti con comuni attuatori è di circa l’85 per cento nei comuni del Nord Italia e del 45 per cento nei comuni del Mezzogiorno e del Centro. Dall’altro lato, per i progetti in cui i comuni sono realizzatori la quota di pagamenti su fondi pubblici impegnati supera il 93 per cento nel Nord Italia, è pari al 52 per cento nel Centro Italia e si ferma al 44 per cento nel Sud Italia.

In conclusione, l’analisi rivela come vi sia un forte divario tra Centro-Nord e Centro/Mezzogiorno nella capacità di realizzazione di progetti finanziati: ciò dovrebbe mettere in guardia il governo nel decidere l’assegnazione di progetti. Come ha ribadito lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo discorso al Senato, sarebbe quindi necessario che i comuni del Sud e del Centro Italia rafforzassero la loro governance. Le misure da mettere in campo sarebbero diverse, come ad esempio l’istituzione immediata di una cabina di regia centrale che intervenga in aiuto di quegli enti che dimostrano di aver meno capacità gestionale dei progetti affidati. È infatti importante che la ripartenza coordinata del paese sia attuata in modo da diminuire il divario tra Nord e Sud – e non aumentarlo. Ma per fare ciò bisogna mettere in grado i territori del Mezzogiorno innanzitutto di spendere i fondi che saranno loro destinati, e poi di farlo nel modo più efficiente possibile.

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  1. Piero Borla

    Il divario nord-sud nella capacità di utilizzare i fondi europei è noto da decenni. L’articolo mette in luce che finora non si è stati capaci di venirne a capo. L’ipotesi di una non meglio specificata cabina di regia è inadeguata. In questa situazione il principio di sussidiarietà assume il significato che in luogo degli enti locali non adeguati alle esigenze devono intervenire autorità operative su scala territoriale più vasta e di tipo diverso. In un modo o nell’altro si dovranno trovare e nominare, per ciascun progetto che non rispetta i tempi, commissari ad acta dotati dell’autorità necessaria. Per mantenere il dovuto rapporto con i bisogni che si intendono affrontare, e dare agli enti locali l’occasione di far crescere le loro capacità attuative, questi saranno associati, in posizione consultiva, alla gestione commissariale. L’alternativa è perdere i fondi ottenuti.

  2. Belzebu'

    L’articolo conferma il FALLIMENTO DELLA GESTIONE PUBBLICA dei progetti di opere pubbliche.
    Due sono i problemi:
    -I tecnici delle pubbliche amministrazioni assunti con sistema italiano di appartenenza politica e sindacale, in genere senza adeguato tirocinio privato, almeno 10 anni con esperienza di cantiere, non sono in grado di fare progetti eseguibili e cantierizzabili. Se li fanno, irresponsabilmente, spesso costituiscono un pericolo pubblico.
    -Le norme italiane per mettere in opera un progetto sono scritte da persone che non hanno mai seguito un cantiere e non hanno mai fatto un progetto. Forse all’università, Forse, non è sicuro.

    Pertanto gli unici in grado di eseguire un progetto sono i liberi professionisti affermati, a rotazione per non sottometterli all’estorsione della mafia politica e criminale delle TANGENTI. Inoltre al professionista privato puoi chiedere i danni in caso di negligenza o imperizia oppure non pagare l’onorario se il progetto non è eseguito a regola d’arte, mentre il dipendente pubblico lo devi pagare anche se è un prof. analfabeta in materia.
    Quindi smantelliamo i costosi e inutili apparati pubblici e affidiamo i progetti a chi li sa fare, con pagamento ad opera eseguita. Costano molto di meno alla comunità.

  3. Belzebu'

    In Italia si diventa dipendente pubblico e quindi dirigente, mediante concorso pro-forma sulla procedura amm.va e non con prove di verifica sulla preparazione professionali di ingegnere e architetto, con progetti veri, calcolo strutturale, conduzione e direzione dei lavori in cantiere ecc. Tutte competenze ottenibili, inevitabilmente, dopo tirocinio lavorativo nel privato. Minimo cinque anni, post laurea, per calcolatori-strutturisti, dieci anni per progettisti di strutture complesse, sia architetti che ingegneri.
    Probabilmente, persino il piu’collaudato professionalmente, nel mondo, l’architetto Renzo PIANO, non avrebbe mai superato un concorso pubblico in Italia, a meno che non fosse stato raccomandato.

    Tuttavia, codesto personale pubblico detiene il potere di respingere progetti di liberi professionisti, almeno di quelli non ”in sintonia” con l’orientamento ideologico, o forse peggio, della commissione urbanistica formata da politici, i quali, millantano credito e capacità senza capirci niente. Ne conosco a dozzine, i peggiori sono gli azzeccagarbugli.

    • Piero Borla

      Belzebù, sei parzialmente fuori tema. Il punto non è la qualità dei progetti ingegneristici. Il fondo sociale europeo finanzia un sacco di altre iniziative, come è spiegato nell’articolo che commentiamo. Il punto è che esiste un divario regionale nella capacità di realizzare le spese. Se la conseguenza è la perdita di finanziamenti, allora esiste un interesse pubblico a che il soggetto attuatore venga sostituito da altri capaci di portare a termine l’iniziativa.

  4. Sergio Arena

    Articolo che documenta con dati quanto già noto. sarebbe stato interessante andare a vedere dove e perchè le amministrazioni periferiche del centro-sud si incagliano, quali sono le competenze esistenti al nord ed indisponibili altrove….quando poi si scopre che la maggior parte dei segretari comunali o dei capi uffici tecnici del nord sono di provenienza meridionale, cosa è in finale la sabbia negli ingranaggi del centro sud? Forse il trapianto di commissari straordinari dal nord con notevole impronta etica (i.e. militari) sono la sola soluzione

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