A più di 70 anni dalla fine del conflitto, gli effetti della Seconda guerra mondiale e delle stragi nazi-fasciste sono ancora visibili in Italia. Uno studio sulle carriere lavorative e pensionistiche e sullo stato di salute degli individui nati in quel periodo.
Il 25 Aprile di 76 anni l’Italia era finalmente libera dal nazifascismo e alcuni giorni più tardi cessavano ufficialmente le ostilità della Seconda guerra mondiale sul nostro territorio.
Guerre, conflitti armati e terrorismo rappresentano, ieri come oggi, una minaccia per la vita degli esseri umani. Tali eventi generano sia effetti negativi immediati sulla salute degli individui, sia danni psicofisici persistenti che tendono a manifestarsi come cicatrici lungo tutto l’arco della vita. I primissimi stadi della vita come il periodo intra-uterino sono i più sensibili agli shock esterni, corrispondendo alla fase in cui alcuni organi e funzioni a essi associate si “programmano” per determinare le risposte fisiologiche e metaboliche che portano all’età adulta. Anche dopo anni tali eventi possono avere conseguenze dirette sui costi del sistema sanitario e sulle performance nel mercato del lavoro. Identificare con precisione tali costi è cruciale per pianificare in anticipo politiche di protezione e assistenza verso chi è più colpito.
Lo studio
Che effetti ha avuto la Seconda guerra mondiale in Italia sulle carriere lavorative e pensionistiche e sullo stato di salute delle coorti nate in quel periodo? In un nostro progetto di ricerca abbiamo studiato le conseguenze sulla salute dell’esposizione in utero ai combattimenti e bombardamenti avvenuti durante la Seconda guerra mondiale. In un altro, svolto grazie al programma VisitInps Scholars, abbiamo analizzato come le stragi naziste perpetrate dalle truppe tedesche e dalle SS durante la loro ritirata nella seconda parte del conflitto abbiano influito sull’intera carriera lavorativa e pensionistica dei lavoratori che le hanno subite.
A partire dal campione di individui nati poco prima o poco dopo l’8 settembre 1943, diversamente esposti agli eventi della guerra, mostriamo che vi sono chiare conseguenze negative di lungo periodo sulla salute a seconda del diverso grado di esposizione agli eventi bellici nel periodo prenatale. Come mostrato in Figura 1 e 2, la Seconda guerra mondiale in Italia si è sviluppata in due fasi: la prima – fino alla seconda metà del 1943 – ha avuto conseguenze negative ma meno forti per la popolazione italiana; la seconda, a causa del mutare degli eventi del conflitto e dell’inizio di una guerra di terra ha visto, con lo sbarco degli alleati sul territorio nazionale, una crescita esponenziale del numero di morti per cause belliche.
Inoltre la ritirata delle truppe tedesche dal nostro territorio ha dato il via a una serie di eventi di estrema violenza, le stragi naziste. Se si comparano individui concepiti a pochi mesi di distanza ma esposti a eventi di violenza molto diversa durante il periodo intra-uterino, si vede come quelli maggiormente esposti a 61-70 anni di vita hanno maggiore probabilità di essere affetti da una malattia cronica e spendono in media 254 euro in più all’anno in visite, accertamenti diagnostici e consumo di farmaci. L’esposizione in periodo intra-uterino alle stragi naziste ha inoltre un impatto positivo e significativo sull’insorgere della depressione in età adulta.
Gli effetti sul mondo del lavoro
Lo studio delle carriere lavorative approfondisce la componente dello stress psichico dovuto all’evento specifico delle stragi nazi-fasciste e mostra come gli individui esposti a tali stragi nella fase prenatale hanno una probabilità più alta di entrare nel mercato del lavoro con una qualifica lavorativa da operaio, quindi più bassa rispetto ai soggetti non esposti alle stragi. Inoltre, durante il corso della carriera, questa iniziale penalizzazione tende ad aumentare: il gap nel salario medio annuale tra individui esposti e non passa dal 2,1 per cento a 30 anni al 5,5 per cento a 60 anni. Infine, gli individui esposti alle stragi in periodo intra-uterino hanno più difficoltà rispetto agli altri a ritrovare lavoro se durante la carriera lavorativa incorrono in eventi negativi come, per esempio, un licenziamento massivo nella loro azienda.
La Seconda guerra mondiale ha conseguenze visibili ancora oggi. Individui esposti in maniera più grave alle avversità della guerra nel periodo intra-uterino hanno lungo tutta la loro vita differenziali negativi di performance lavorativa rispetto ai loro coetanei più fortunati, accumulano meno salari e quindi minori importi pensionistici. Tali conseguenze sono accompagnate dal diverso stato di salute che influenza l’accumulazione di capitale umano degli individui più esposti. Tutto ciò è visibile a più di 70 anni dalla fine del conflitto. Questa considerazione basata sui dati ci sembra un motivo molto serio anche se forse un po’ diverso per dire ancora oggi: “Viva il 25 Aprile, Viva la libertà!”.
* Le opinioni espresse sono esclusivamente personali e non coinvolgono le Istituzioni di appartenenza.
** Questo articolo è apparso contemporaneamente sul quotidiano Domani.
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Michele Lalla
In totale accordo con la conclusione, mi sembra che manchi l’accento sulle gravi condizioni economiche in cui viveva la popolazione: qualche bambino succhiava sangue invece di latte. Le sofferenze alimentari, che aggravano quelle affettive, nel primo periodo di vita, possono indurre gravi ripercussioni nel futuro. Certo si può includere tutto anche nel periodo intrauterino perché anche le madri mangiavano poco e male.
renzo
“mi basta qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo della pace” … coloro che hanno ancora tragiche nostalgie dovrebbero ricordare questa frase
Michele Lalla
La ringrazio per la considerazione, sig. renzo, lei non sembra l’autore e mi piace la possibilità che i commentatori possano dialogare tra loro, ma se mi attribuisce nostalgie, si sbaglia. Lo psicologo potrebbe dire che le frasi riflettono il di dentro di chi le pronuncia. Le posso dire di piú: quei bimbi erano del mio paese, la mia famiglia per sei mesi (tra il 1944 e il 1945) mangiava in media una volta giorno e in prevalenza erba raccolta ai bordi della strada. Avevo evitato il personalismo, rimanendo sul fatto scientifico e analitico che concerne anche le condizioni economiche, che possono lasciare un segno profondo per tutta la vita, anche quando la situazione economica personale cambia in meglio. E si abbina bene anche con il traumi dell’articolo. Lei se ne esce con una frase totalmente fuori luogo e insultante per me che sono un antifascista di lunga data e forse piú vecchio di lei. Per chiarire.
quintino lequaglie
Ke interessante! Uno dei più belli articoli di sempre su lavoce.info. Complimenti
Enrico D'Elia
La generazione nata attorno al 45 è vissuta in condizioni inimmaginabili oggi. Oltre agli shock fisici e psicologici quelle coorti hanno avuto una istruzione approssimativa almeno fino agli anni 50. È stata inoltre la generazione della migrazione biblica verso nord e verso l’estero. Forse tutto questo ha influito sulla loro carriera più della guerra in sè.