Nel Pnrr presentato dal governo Draghi sono stati stanziati 4,6 miliardi per investimenti in asili nido e scuole dell’infanzia. Una somma più elevata rispetto a quella prevista nel piano precedente di Conte. Ma sarà sufficiente per favorire la parità di genere?

Pnrr e Gender gap: “priorità principale”

All’interno del Pnrr italiano, che è stato mandato a Bruxelles nei tempi annunciati, la parità di genere è una delle “priorità principali” in tema di inclusione sociale. Per cercare di diminuire il divario di genere, il piano agisce in due modalità: tramite investimenti diretti a favorire l’occupazione femminile, come il “fondo impresa donna”, e attraverso altri stanziamenti, come i 3,6 miliardi per gli asili nido e 1 miliardo per le scuole dell’infanzia, che cercano di ridurre gli ostacoli che complicano la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Le due diverse politiche di intervento impatteranno congiuntamente sull’occupazione femminile dello 0.9 per cento in nel 2021, del 2,6 nel 2022 e del 3,4 nel 2023 secondo le stime presenti nel Pnrr.

Negli ultimi decenni, nonostante i livelli di istruzione femminili abbiano sorpassato largamente quelli maschili, il capitale umano delle donne appare impegnato a sopperire alle carenze del welfare state ed è poco valorizzato nel mondo produttivo.

Anni di interventi non realizzati, non sperimentati ex ante, non mantenuti nel tempo hanno portato l’Italia in fondo alla classifica dell’uguaglianza di genere tra i paesi avanzati. Le donne italiane sono agli ultimi posti per tasso di occupazione, prime per carico di lavoro familiare.

La situazione è peggiorata nel 2020 per effetto della pandemia, come lavoce.info ha documentato. La pandemia ha infatti colpito più duramente le donne rispetto agli uomini. In particolare, perdita di lavoro e mancanza di opportunità si sono tradotte per la componente femminile in una forte uscita dalla partecipazione all’attività produttiva, mentre sulle sue spalle ricadeva il lavoro di cura dei figli piccoli e l’aiuto per la scuola a distanza dei più grandi, accentuando così le diseguaglianze di genere nel lavoro familiare.

Un recente lavoro confronta i dati di paesi simili e vicini, mostrando come la disuguaglianza in famiglia nella distribuzione dei carichi familiari in Italia fosse più forte prima della pandemia e sia stata più persistente durante il lockdown.

Quali interventi privilegiare?

Ma quali potrebbero essere gli interventi efficaci per colmare le diseguaglianze tra uomini e donne in Italia? Nel Pnrr si punta innanzitutto a incoraggiare l’occupazione femminile attraverso investimenti per potenziare l’offerta di asili nido e di servizi per la cura degli anziani e dei portatori di handicap. È la conferma che per far crescere l’occupazione femminile le misure prioritarie riguardano il lavoro di cura, che è principalmente a carico delle donne. Per la cura ai disabili e alle persone in difficoltà nella Missione 5 “Inclusione e coesione” il Pnrr stanzia in totale un miliardo in due investimenti distinti, mentre per il supporto e l’assistenza domiciliare agli anziani la Missione 6 “Salute” dedica 4 miliardi di euro.

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La maggior parte di studi su dati italiani concordano sul fatto che uno sviluppo adeguato di asili nidi (oggi la spesa pubblica in questo campo è solo lo 0,08 per cento del Pil, tra le più basse di Europa) rappresenti uno degli strumenti più importanti per sostenere il lavoro delle donne negli anni cruciali della maternità e per sostenere una natalità in declino (vedi il dossier de lavoce), ma il totale dei fondi indicati nel Pnrr  è sufficiente per raggiungere il livello europeo? Secondo i dati e le stime contenute nell’ampio rapporto “Investire nell’infanzia: prendersi cura del futuro a partire dal presente” redatto dall’Alleanza per infanzia e dalla rete #educAzioni, per garantire un posto al nido a un bambino su tre, con rette comparabili a quelle della scuola per l’infanzia, bisognerebbe investire 4,8 miliardi e poi spendere circa 4 miliardi l’anno per la gestione del servizio.

Come ricorda il rapporto, però, lo sforzo iniziale si ripagherebbe nel tempo con un circolo virtuoso. Infatti, si creerebbero nuovi posti di lavoro (educatori, servizi, e altro) con un conseguente incremento delle entrate fiscali e una crescita dei consumi, il che porterebbe a un aumento del Pil. Se la percentuale di donne al lavoro arrivasse al 60 per cento, il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali, secondo le stime di Banca d’Italia. Tra l’altro, una maggiore offerta di nidi incoraggerebbe le famiglie a fare figli e aumenterebbe il capitale cognitivo dei bambini con effetti di lungo periodo sui risultati scolastici negli anni seguenti e poi nel mercato del lavoro. Come si sa da molte ricerche il capitale umano si forma proprio nei primi anni di vita e gli investimenti in questi anni contribuiscono ai risultati cognitivi e comportamentali negli anni seguenti.

Nel Pnrr redatto dal governo di  Mario Draghi, la voce dedicata agli asili nido, scuole materne e servizi educativi e di cura è la più consistente della missione “Istruzione e Ricerca” con 4,6 miliardi. Di questi, 3,6 miliardi sono rivolti al progetto per aumentare il numero degli asili nido mentre alle scuole dell’infanzia è destinato un miliardo così da ridurre le differenze tra Nord e Sud. La misura mira anche a finanziare, con ulteriori 0,96 miliardi, l’estensione del tempo pieno scolastico per ampliare l’offerta formativa delle scuole e rendere le stesse sempre più aperte al territorio anche oltre l’orario scolastico e accogliere le necessità di conciliazione vita personale e lavorativa delle famiglie.

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Si tratta di creare 228 mila posti asili (di cui 152 mila posti per i bambini con età da zero e tre anni e 76 mila per la fascia 3-6) e colmare il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 3 anni che si colloca nel nostro paese in media al 25,5 per cento (ben al di sotto dell’obiettivo europeo del 33 per cento) . Si tratta anche di ridurre le rilevanti difformità territoriali che, ad esempio, vedono minimi di 6 per cento in alcune zone del Sud e percentuali di copertura ben più alte al Nord.

Inoltre a favore della parità di genere il Pnrr ha integrato il Family Act come riforma strutturale, oltre che l’assegno unico. Si istituisce anche un Osservatorio nazionale per la parità di genere.

Ci vogliono una molteplicità di interventi su vari ambiti per ridurre in modo efficace il divario di genere. Sugli asili e le scuole dell’infanzia il governo Draghi ha stanziato una cifra in linea con le necessità del settore. Ma per completare lo sforzo saranno necessari congedi parentali meglio distribuiti e un sistema fiscale che non penalizzi il lavoro del “secondo” lavoratore in famiglia.

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