Tra le misure annunciate dal governo Draghi a sostegno dei giovani, c’è anche una nuova garanzia per l’acquisto della prima casa. Un’analisi su precedenti iniziative di questo tipo dimostra tuttavia che la generazione dei Millennial ha altre preoccupazioni.
Una nuova garanzia sul mutuo prima casa
In occasione della presentazione al Parlamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha annunciato alcune misure a sostegno dei giovani, ai quali, peraltro, il Piano stesso riconosce solo una priorità orizzontale e qualche intervento all’interno di singole componenti della Missione 1, 4 e 5. Tutti i provvedimenti annunciati puntano a facilitare l’accesso all’abitazione da parte degli under 35, con l’incremento della garanzia per il mutuo, l’esenzione dell’imposta di registro, quella ipotecaria, quella catastale e l’esenzione dall’imposta sui finanziamenti.
La strategia non si discosta da quella adottata dai precedenti governi, che hanno sempre individuato nelle difficoltà di accesso a una casa propria il principale ostacolo riscontrato dai giovani nell’intraprendere una vita autonoma. Così l’art. 1 comma 48 lett. c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha istituito presso il ministero dell’Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa. Il Fondo è stato rifinanziato con il “decreto Crescita” (art. 19, Dl 30 aprile 2019 n. 34) e prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell’importo massimo di 250 mila euro. Il rifinanziamento ha previsto una corsia privilegiata per i richiedenti under 35 titolari di un rapporto di lavoro atipico oppure componenti coppia coniugata o di fatto il cui nucleo sia stato costituito da almeno due anni. Il privilegio è condiviso con persone singole non coniugate, separate, divorziate ovvero vedove con figli conviventi e con conduttori di alloggi di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari. L’ultimo dato disponibile indica che dal varo dello strumento il 56 per cento dei richiedenti sono under 35. L’ipotesi ora al vaglio è far cadere il vincolo del contratto di lavoro atipico, estendere la corsia preferenziale al Fondo anche ai trentacinquenni e portare la garanzia al 100 per cento.
L’effetto degli incentivi
Gli interventi volti ad agevolare l’acquisto della prima casa da parte dei giovani risolvono davvero il fenomeno che da diversi anni vede i Millennial prolungare sempre più la loro permanenza nel nucleo familiare di origine? Il fenomeno è rappresentato plasticamente nella figura 1. In poco più di un decennio la percentuale di under 35 conviventi con almeno un genitore è passata da meno del 60 per cento a quasi il 65 per cento (Istat).
I dati indicano dunque che le maggiori agevolazioni introdotte dal 2013 per assicurare un più facile accesso alla prima casa non solo non hanno abbassato la media di coloro che si vedono costretti a rimanere presso il nucleo familiare di origine, ma non sono state in grado neppure di contrastarne l’incremento.
Come si può vedere nella figura 2, che riproduce l’andamento di alcuni degli indicatori del dominio “housing” dell’Indice del divario generazionale curato annualmente dalla Fondazione Bruno Visentini, il problema non è tanto l’acquisto della casa, quanto l’accesso a una abitazione propria, ancorché in affitto.
Fatto 100 il 2007, nel successivo decennio l’indicatore che misura l’accessibilità alla casa di proprietà (linea azzurra) è migliorato di 22 punti, mentre quello sulla spesa media per affitto (linea gialla) è rimasto sostanzialmente invariato. Ciò nonostante, l’indicatore che rileva la percentuale di giovani presso la famiglia di origine indicizzato (linea arancione) è peggiorato di oltre 8 punti.
La conferma del fatto che le ragioni che “bloccano” i giovani ai nastri di partenza sono altre arriva da una indagine curata dal Consiglio nazionale giovani e Eures di prossima pubblicazione: basata su poco meno di mille giovani tra i 18 e i 35 anni intervistati tra marzo e aprile di quest’anno (la maggioranza dei quali lavoratori), la ricerca rivela come oltre il 90 per cento di loro dichiari di non essere interessato o di non avere le condizioni economiche per accedere e sostenere un mutuo per la prima casa.
Il lavoro prima della casa
In conclusione, ancora una volta il governo ha voluto guardare al problema “con gli occhi” degli adulti, o peggio ancora, con gli occhi “di quelli che…” degli anni Settanta e Ottanta. Il vero problema, oggi, non è la difficoltà di accesso alla prima abitazione, ma l’insicurezza economica che spinge a ritardare non solo la scelta di una casa autonoma, ma anche quella di farsi una famiglia.
Le risorse stanziate per facilitare i mutui e assicurare sgravi fiscali per la prima casa potevano essere meglio utilizzate, sostenendo misure per l’autoimpiego, l’imprenditorialità giovanile e la fiscalità di vantaggio: le prime due sono le grandi assenti nel Pnrr e la terza è riservata solo, in piccolissima parte, ai giovani del Sud. I Millennial, già forgiati dalla crisi del 2008, sono più prudenti delle generazioni che li hanno preceduti: prima della casa, cercano – spesso senza trovarlo – un lavoro dignitoso.
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Savino
Far camminare i giovani con le proprie gambe. Ad esempio, nella p.a. tutti i posti di un certo rilievo sono stati occupati da anni e decenni e non per meritocrazia dai più anziani la cui indispensabilità non si sente e le cui competenze sono inesistenti. Allora, non è per creare nuovi posti pubblici con assistenzialismo, ma dà fastidio che in certi Enti di under 40-45 non ce ne sia neanche uno e siano ambienti pieni di 60-65enni non aggiornati nè specializzati nè motivati, ma col solo intento di incarnare uno status symbol come inveiscono cgil cisl e uil che per il dopo pandemia si fanno capo popolo di un altro status symbol che è quello di pensionato. Tutte le diseguaglianze sociali nascono da qui, da benpensanti che appartengono o al pubblico impiego vecchio stampo o alla previdenza.
Belzebu'
“Tutte le diseguaglianze sociali nascono da qui, da benpensanti che appartengono o al pubblico impiego vecchio stampo o alla previdenza”
Le suddette diseguaglianze costano non sono a gratis. Per mantenere tutti i dirigenti nullafacenti, spesso incompetenti in materie come l’urbanistica e l’edilizia, le amministrazioni pubbliche caricano i costi dei suddetti apparati sul rilascio dei permessi di costruire che possono raggiungere anche il 50%. Non è uno scherzo. Quindi quali misure migliori di quelle che prevedono regole scritte chiare e inequivocabili per i progettisti, invece di criptoregole funzionali all’estorsione pubblica con taglio dei suddetti costosi dirigenti controllori spesso anche corrotti.
Mahmoud
Premesso che in via generale sono scettico rispetto a soglie pari al 100% o più della spesa come fondo perduto o garanzia che sia, ritenendo fondamentale sbarramenti all’80% laddove interviene il pubblico, mi sembra che col discorso “vivere da soli” si vada del tutto fuori bersaglio.
La proprietà di una prima casa è un passo quasi sempre successivo alla prima esperienza senza genitori, fondamentale invece per FARE FIGLI. SOLO I GIOVANI POSSONO FARE FIGLI, concetto del tutto dimenticato dalla politica di questo Paese. Per fare figli occorre stabilità, checché ne pensi chi si augura un’economia formata da liberi professionisti che un giorno firmano un progetto a Bolzano ed il giorno dopo ispezionano un cantiere a Trapani. Esiste lo smartworking, il lavoro professionale gira senza che debba più girare la persona, per quanto riguarda i lavori manuali non c’è quasi alcun bisogno di muoversi oltre provincia per trovarne. In un ordine di priorità per questo Paese ci sono i FIGLI PER DONNA al primo posto assoluto. Vogliamo agevolare chi ne vuole fare di farli? Perché se le donne ottengono una casa fissa e una città fissa in cui vivere solo dopo i 40 auguri a tutti e, come si dice, figli maschi.
Michele
Bravo. Concordo su ogni parola, le stringerei la mano.
Marco
Almeno questo articolo, seppur critico, ha più senso dei precedenti. Qui si espongono dati e si mette in dubbio la reale efficacia della misura per gli under 36, ponendosi una domanda sull’efficienza dell’impiego delle risorse, anziché limitarsi a dire che siccome i giovani devono lavorare di più allora non sono titolati ad accedere ad aiuti statali (che è un po’ come se un paziente con due patologie, di cui una grave, si sentisse dire dal medico che non vale la pena di curare la prima, tanto ha la seconda che è più grave).
Resta il fatto che si vuol sempre sottendere che la ricerca di una soluzione al problema più complesso (il lavoro) debba escludere l’aiuto di breve termine (lo sgravio prima casa).
Michele
Si critica la misura sostenendone (probabilmente a ragione) una scarsa efficacia relativamente allo scopo che si propone (in effetti qualche migliaio di euro facilitano la vita a chi la casa può prenderla perché riduce i sacrifici da fare, ma non aiuta il giovane col contratto a tempo determinato). Mi permetto di aggiungere che dovrebbe secondo me essere approvata INSIEME a un serio insieme di riforme economiche e giuridiche che creino un’economia e un mercato del lavoro più inclusivo per i giovani. Quest’ultimo è obiettivo ambizioso e di lungo periodo, pertanto non lo vedrei come alternativa a misure di più breve respiro come l’aiuto sulla prima casa. Ad ogni modo, oggi sul Sole24Ore a pagina 5 c’era un trafiletto dove un signore di una società immobiliare era contrario perché sosteneva che la misura rischia di causare una bolla immobiliare. Quindi per lui la misura sarà troppo efficace, qui si sostiene che non lo sarà.
Un altro, nello stesso pezzo, sosteneva che i giovani non devono “legarsi al mutuo” ma spostarsi alla continua ricerca di un lavoro migliore (quindi avere casa per i giovani è un ostacolo, per i 50-60enni un diritto). In un altro articolo di questa testata si sosteneva qualche giorno fa la stessa assurda posizione.
Quello in questa pagina è il primo articolo critico ma sensato letto in questi giorni. Complimenti all’autore.
Firmin
Siamo un paese in cui l’80% delle famiglie abita in una casa di proprietà, che verrà presumibilmente ereditata da un figlio unico. Secondo le (prudentissime) proiezioni Istat, perderemo oltre 7 mln di individui nei prossimi 50 anni nonostante l’immigrazione, quindi si libereranno almeno 2.5 mln di appartamenti, e ci preoccupiamo della disponibilità di alloggi per i giovani? Forse mancheranno i parcheggi e i box auto, ma certamente non le abitazioni.
Solo
Solita politica finto buonista, con la scusa di aiutare i giovani si concedono garanzie e sicurezze al sistema bancario, punto, il resto è la solita retorica da ciarlatani
Raffaele
Scusi ma che vorrebbe dire? Che nei 50 anni che abbiamo davanti lei dormirà su una panchina al parco?