Perché l’apprendistato di primo livello non si diffonde in Italia come in Germania? Neanche gli incentivi economici sono bastati. I problemi sono infatti legati alla sua organizzazione complessiva e alla sua collocazione nel sistema d’istruzione italiano.
Gli ostacoli alla diffusione dell’apprendistato
La domanda che tutti gli esperti si pongono appena si nomina l’apprendistato di primo livello è: perché non si diffonde come in Germania? Perché, nonostante gli sforzi pluridecennali del legislatore, non si riesce a farlo uscire dal livello dell’irrilevanza statistica? Per capire meglio quali sono gli ostacoli a una maggiore diffusione del duale nel nostro paese, Irpet ha recentemente condotto un’indagine tramite lo strumento del focus group.
La principale differenza fra il sistema tedesco e quello italiano è da ricercare dentro il mondo della scuola e in quello dei consulenti del lavoro.
L’apprendistato di primo livello, quello scolastico, per intenderci, che rappresenta il fulcro del sistema duale tedesco, in Italia è infatti una sorta di “ospite poco gradito” del sistema scolastico secondario superiore. Non solo, ma chi aiuta le imprese a reclutare e inquadrare contrattualmente il personale, i consulenti del lavoro, non lo raccomanda in modo adeguato.
Negli anni i tentativi di favorire lo sviluppo di questo tipo di apprendistato sono stati molteplici, ma non risolutivi. Diverse riforme, non ultima quella del Jobs act, hanno agito sui costi per le imprese, riducendo la remunerazione degli apprendisti per la formazione in aula al 10 per cento di quella prevista per la formazione in azienda. Agli incentivi generali e permanenti, si sono poi aggiunti sgravi ancora più importanti, volti proprio ad ampliare l’utilizzo dell’apprendistato di tipo duale.
Se il costo del lavoro non rappresenta quindi un ostacolo a una maggiore diffusione dello strumento, il carico burocratico è invece percepito come pesante dagli attori coinvolti.
Per le imprese è assolto in genere dai consulenti del lavoro, i quali giocano un ruolo chiave nell’incentivare o scoraggiare le aziende a intraprendere questo percorso. I focus group evidenziano che una maggiore formazione dei consulenti sulle opportunità offerte dall’apprendistato di primo livello ne allargherebbe l’utilizzo.
Gran parte delle attività burocratiche e gestionali ricadono poi sulle scuole, alle quali le amministrazioni regionali possono offrire un supporto finanziario per la progettazione dei percorsi e per le attività di tutoraggio, la Toscana per esempio lo fa, anche se gli operatori lamentano incertezza e frammentarietà nel tempo delle misure.
Inoltre, l’apprendistato di primo livello presuppone un dialogo costante tra scuole e imprese, non sempre presente e nemmeno particolarmente incentivato. Va detto che invece in Germania la collaborazione fra aziende e scuole è legata a una tradizione che risale in Germania alle Gilde, istituzione di origine medievale. Una tradizione pluricentenaria non si può creare dall’oggi al domani, ma certamente si può migliorare e perfezionare nel corso tempo attraverso l’abitudine e la continuità istituzionale dei programmi di apprendistato. Non è un caso che le scuole toscane in cui l’apprendistato di primo livello è più diffuso si trovino spesso in aree distrettuali dove il dialogo tra istituzioni e aziende appartiene alla tradizione produttiva locale.
Dal lato dell’offerta, per come è costruito in Italia, l’apprendistato di primo livello è fatto più per gli studenti bravi e motivati degli istituti tecnici e professionali, che per quelli in condizioni vicine all’abbandono scolastico, che costituiscono tuttavia una delle categorie ideali di apprendista duale. Il motivo è che spesso l’apprendistato viene svolto dai giovani in aggiunta, anziché in alternativa, ai programmi curriculari; si tratta dunque di un ulteriore impegno. Gli apprendisti di primo livello frequentano comunque classi, in cui solitamente sono una minoranza, non esistono programmi ad hoc pensati per conciliare l’attività formativa scolastica con quella in azienda, ma si fa ricorso ad aggiustamenti lasciati alla buona volontà degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. In altri termini, chi sceglie l’apprendistato è tenuto di fatto ai medesimi obblighi formativi che ricadono sui non apprendisti, che si sommano così all’attività in azienda.
È una delle differenze fondamentali rispetto all’apprendistato alla tedesca, dove i percorsi di studio in aula sono collegati all’apprendistato e il programma previsto per il superamento dell’esame di stato finale tiene conto esplicitamente del lavoro in azienda, mentre è molto ridotta la parte teorica.
Soluzioni possibili
Gli interventi finalizzati agli incentivi economici non sono bastati a far sviluppare l’apprendistato di primo livello. Ciò suggerisce che, come si è cercato di mostrare sopra, il problema sia legato alla sua organizzazione complessiva e alla sua collocazione nel sistema d’istruzione italiano.
L’apprendistato di primo livello dovrebbe costituire una vera alternativa agli altri percorsi di studio secondari e non uno strumento lasciato alla buona volontà delle scuole più virtuose. Sarebbe perciò necessario offrire una remunerazione aggiuntiva ai docenti impegnati nell’apprendistato, prevedendola nella normativa a livello nazionale, oppure si dovrebbe assumere personale dedicato solo all’apprendistato. Andrebbero anche pensati programmi curriculari appositi, che tengano conto del diverso carico di studio e lavoro degli apprendisti, traghettandoli verso la conquista di un titolo di studio.
Una soluzione drastica rispetto al quadro attuale – poiché richiederebbe un’ulteriore riforma dell’apprendistato – potrebbe consistere nell’istituire scuole che si occupino specificamente ed esclusivamente di offrire l’apprendistato, con personale e strutture dedicate. In questo caso, le scuole di apprendistato si aggiungerebbero a quelle tecniche e professionali. Da almeno un decennio, sono stati creati gli Istituti tecnici superiori, che rappresentano l’equivalente italiano delle università di scienze applicate tedesche, le cosiddette università professionali, aperte a chi vuole proseguire a livello terziario il percorso formativo dell’apprendistato. Ma non abbiamo ancora creato le scuole che fanno apprendistato in via prioritaria.
Naturalmente, la scelta potrebbe rappresentare una diminutio per quelle scuole virtuose che vedono nell’apprendistato di primo livello uno strumento importante di diversificazione della loro offerta formativa e che ormai da anni sostengono sforzi notevoli per promuoverne la diffusione al proprio interno. Tuttavia, la maggior parte degli istituti non ha mostrato lo stesso atteggiamento propositivo. Quella delle scuole di apprendistato resta dunque un’opzione da considerare attentamente.
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Savino
Finora nelle scuole superiori avevano scioperato in modo strumentale dicendo che questa forma di tirocinio era sfruttamento. Credo che in un’epoca post-covid vada ripensata l’istruzione superiore ed accademica non per fare contente categorie sindacali e baronali ma per i nostri giovani ed il loro futuro occupazionale.
Filomena Izzo
Molto interessante, complimenti