Anche nei Giochi paralimpici il medagliere ufficiale propone una classifica incentrata sul numero di ori. Se invece si guarda al numero totale di medaglie, pesandole, i risultati cambiano. Le condizioni che servono per un confronto corretto fra paesi.
Le medaglie “pesate”
Così come alle Olimpiadi, anche nei Giochi paralimpici il medagliere ufficiale propone una classifica tutta incentrata sul numero di medaglie d’oro. Come abbiamo già argomentato, si tratta di una logica valida al più per il singolo atleta, ma non per una nazione nel suo complesso. A livello nazionale, un oro, dieci argenti e dieci bronzi sono certamente meglio di due ori e nient’altro.
Per tener conto di tutte i podi conquistati, il modo più semplice è calcolare il numero di medaglie “pesate”, dato che un oro vale due argenti e tre bronzi. Seguendo questo metodo, la graduatoria finale dell’ultima edizione varia sensibilmente rispetto a quella ufficiale (vedi tabella 1 per i paesi con almeno tre ori): in particolare, la Russia supera gli Usa, mentre Ucraina, Australia e Brasile sorpassano l’Olanda. L’Italia mantiene la nona posizione.
Può essere interessante notare che nelle Paralimpiadi, su 162 nazioni partecipanti in 23 discipline sportive, il 53 per cento ha portato a casa almeno una medaglia e il 38 per cento almeno un oro. Nel caso delle Olimpiadi (206 nazioni per 46 discipline) le percentuali sono inferiori: 45 per cento e 32 per cento rispettivamente. È, chiaramente, un segnale di un maggior coinvolgimento dei paesi partecipanti nei risultati delle competizioni paralimpiche.
In secondo luogo, tutti i paesi del G7, con la sola eccezione (significativa) della Gran Bretagna, peggiorano la loro posizione quando si passa dalle Olimpiadi alle Paralimpiadi, segno, questo, di una relativa maggiore difficoltà o incapacità (non volontà?) di dedicarsi a queste competizioni e ai loro atleti (figura 1).
Figura 1 – Ranking olimpico e paralimpico
L’importanza di demografia e reddito pro-capite
Un aspetto critico di queste graduatorie, compresa quella pesata, è che non tengono conto di due fattori certamente rilevanti per un confronto corretto, vale a dire un confronto che garantisca, in qualche misura, un “level playing field”: la dimensione demografica del paese e il suo reddito pro-capite. Per il primo aspetto, più è grande un paese, più è probabile che nascano eccellenze sportive, sia olimpiche che paralimpiche. Il secondo aspetto, invece, rappresenta un indicatore di investimenti e infrastrutture (attrezzature, impianti sportivi, palestre e piscine) nonché di un efficiente sistema sanitario, che consenta di sviluppare i talenti naturali dei giovani sportivi.
Escludendo Cina e soprattutto India, per l’enorme dimensione della popolazione (circa 1,4 miliardi di persone) che, nel caso indiano, non si riflette in proporzionali risultati paralimpici, la correlazione (51 per cento) tra medaglie pesate e popolazione è illustrata in figura 2.
Figura 2 – Medaglie pesate e popolazione
Come c’era da aspettarsi, le medaglie crescono al crescere della popolazione, sebbene la relazione sia meno stretta di quella riscontrabile nelle Olimpiadi. Se si aggiunge anche la dimensione del reddito pro-capite del paese, si ottiene una graduatoria “depurata” dai due effetti “distorsivi” della dimensione demografica e della ricchezza disponibile per lo sviluppo dei talenti (figura 3).
È interessante notare che anche nelle Paralimpiadi la Gran Bretagna è nettamente in vetta alla classifica, mentre l’Italia sale di tre posizioni, superando Usa e Brasile.
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Lorenzo Luisi
Fra i criteri, inserirei anche la percentuale di PIL che ciascun Paese dedica alle attività sportive pubbliche e quanto spende per aree e impianti per i diversabili