Le banche centrali dei principali paesi sviluppati, Bce in testa, si muovono nella stessa direzione. Cercano di uscire dalla logica emergenziale iper-espansiva degli ultimi due anni con molta prudenza. La scelta ha diverse ragioni, tutte comprensibili.

Il messaggio della Bce

Il messaggio mandato lo scorso 9 settembre dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, agli operatori e ai mercati, ma anche ai governi è chiaro: 1) la politica monetaria in Europa diventa meno espansiva, data la ripresa economica, la crescita dei prezzi e le favorevoli condizioni finanziarie; 2) la prudenza è d’obbligo, giacché in un clima di forte incertezza circa l’evolversi della pandemia verranno solo ridotti marginalmente gli acquisti di titoli pubblici e privati; 3) ogni ulteriore decisione è rimandata a dicembre, quando il quadro congiunturale sarà più chiaro.

In particolare, la Bce ha deciso di ridurre “moderatamente” gli acquisti di titoli del Pandemic Emergency Purchase Programme (Pepp). Creato nel marzo del 2020 per fronteggiare la pandemia, il programma è stato ampliato più volte, fino a raggiugere la cifra di 1.850 miliardi da spendere entro marzo del 2022 e finora è stato utilizzato per 1.350 miliardi. Come si può vedere nella figura 1, negli ultimi trimestri la Bce ha acquistato mediamente titoli per poco meno di 80 miliardi al mese, anche se ad agosto gli acquisti si sono già significativamente ridotti. 

Il comunicato della Bce poi precisa che tutte le altre misure di politica monetaria messe in piedi per combattere la pandemia sono confermate, ovvero il livello dei tassi di interesse di riferimento, le indicazioni prospettiche sulla loro evoluzione futura (forward guidance), il Programma di acquisto di attività (Paa) e le operazioni di rifinanziamento del sistema bancario a lungo termine. Questo in un clima in cui le previsioni di crescita sono state riviste al rialzo (5 per cento del 2021 e 4,6 per cento nel 2022), ma mancano ancora 2 milioni di posti di lavoro rispetto alla fase pre-pandemica e l’inflazione, pur temporaneamente in forte crescita, nel lungo periodo è prevista sotto l’obiettivo del 2 per cento. Insomma, l’orientamento della politica economica rimane ampiamente espansivo, ma la direzione di marcia cambia. Nelle scorse settimane si erano mosse allo stesso modo, anche se in maniera più determinata, la Federal Reserve e la Bank of England, che avevano preannunciato la possibilità di una vera e propria sospensione degli acquisti futuri di titoli nei prossimi mesi (tapering).

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Le ragioni della prudenza

La prudenza con la quale si stanno muovendo le banche centrali ha diversi importanti motivi. In primo luogo, non ripetere gli errori del passato, quando le politiche monetarie vennero riviste troppo velocemente pur con un ciclo economico tutt’altro che consolidato. Oggi questo rischio è più vero che mai, giacché la battaglia contro il Covid-19 non è ancora stata vinta e un 20 per cento dell’economia lavora in maniera ridotta.

In secondo luogo, il problema è quello di non innervosire troppo i mercati finanziari che da molti anni (per la precisione dal giugno del 2014 in Europa) si sono assuefatti a una situazione di tassi negativi e a un’abbondantissima liquidità. Un loro repentino aggiustamento potrebbe danneggiare la ripresa in atto o addirittura produrre una crisi finanziaria.

In terzo luogo, le banche centrali devono tener conto dell’enorme livello di debito privato, ma soprattutto pubblico, accumulato nell’ultimo anno e mezzo. Un improvviso cambio delle aspettative sui tassi d’interesse potrebbe avere effetti devastanti sul mercato del debito e addirittura portare alcuni Stati in un equilibrio di default. Infine, le banche centrali non possono non tenere conto che i principali governi delle due sponde dell’Atlantico hanno deliberato programmi di spesa imponenti almeno per i prossimi due anni. Il coordinamento delle politiche monetarie e fiscali nell’ultimo anno e mezzo è stato cruciale per governare una congiuntura alquanto difficile.

Ora il problema è come uscire dalla situazione emergenziale senza perdere il controllo degli aggregati monetari o la stessa indipendenza della politica monetaria, convincendo i governi che il debito pubblico non può crescere in maniera infinita senza creare rovinose crisi finanziarie. Non è facile in un mondo dove partiti, parlamenti e governi non solo hanno giustamente abbandonato politiche eccessivamente neoliberiste, ma spesso hanno anche abbracciato logiche neopopuliste. In questo complesso scenario, le banche centrali hanno il difficile compito di riportare tutti alla ragione con molta prudenza. 

“Adelante, Pedro, con juicio, si puedes” intima nel XIII capitolo de I Promessi Sposi il Gran Cancelliere di Milano Antonio Ferrer al cocchiere, mentre la carrozza passa circondata dal popolo in tumulto. Lo stesso potremmo dire a Christine Lagarde e Jerome Powell.

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