Licenziato dal Consiglio dei ministri il disegno di legge per il Bilancio 2022-2024, il primo del governo Draghi. Ora comincia la lunga sessione parlamentare che porterà, entro la fine dell’anno, all’approvazione della legge. Che può ancora essere migliorata.

L’iter della legge

Ai sensi dell’art. 81 comma 4 della Costituzione, l’iniziativa legislativa in tema di bilancio spetta, in via esclusiva, al governo. Nella giornata di giovedì 28 ottobre, con qualche giorno di ritardo rispetto alla scadenza formale, il Consiglio dei ministri ha dunque approvato il disegno di legge sul bilancio 2022-2024 (ddlb), destinato ora a un lungo iter parlamentare che si concluderà entro la fine dell’anno. Vale la pena di ricordare che, fino a tutto il 2022, le regole del patto di stabilità e crescita europeo sono sospese. Ciò permette agli stati di approvare bilanci ben più espansivi di quelli che sarebbero stati possibili dovendo invece conseguire il saldo obiettivo di medio termine concordato in sede europea.

I contenuti

Il ddl è composto da 185 articoli, contenuti in un documento di 94 pagine. Al testo diffuso dal governo mancano tuttavia le tabelle più interessanti, vale a dire quelle che definiscono i valori aggregati degli interventi previsti (i cosiddetti stati di previsione delle entrate e delle uscite). Sulla base della lettura del ddlb, nonché della Nadef e del Documento programmatico di bilancio, è tuttavia possibile quantificare in oltre 1000 miliardi il totale delle spese previste nel 2022, una cifra mai toccata prima, in circa 30 miliardi la dimensione della correzione e in circa 110 miliardi quella del deficit (quadro programmatico, intorno al 5,6 per cento di Pil).

Il ddl affronta, come è ovvio, una miriade di questioni, dalla riduzione della pressione fiscale e contributiva a interventi in campo previdenziale, dagli investimenti a disposizioni su scuola, università, sanità e lavoro. Passando attraverso l’usuale e complessa riorganizzazione dei cosiddetti bonus fiscali e molti altri temi. Per ovvi motivi di spazio, qui ci si concentrerà sugli interventi principali.

Per quanto riguarda le pensioni, finisce il triennio sperimentale di “Quota 100” e si passa alla ormai cosiddetta “Quota 102”, che prevede la possibilità di anticipo esclusivamente per coloro che nel 2022 avranno 64 anni di età anagrafica e 38 di anzianità contributiva. Prorogati di un anno, con modifiche, l’anticipo pensionistico per alcune tipologie di lavoro considerate usuranti o gravose (Ape social) e opzione donna. Nel primo caso (Ape social), le modifiche riguardano l’estensione del numero dei lavori ammessi all’anticipo; nel secondo caso (opzione donna), esse riguardano l’estensione alle lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e di almeno 60 anni di età (61 per le lavoratrici autonome).

Per quanto riguarda il fisco, il ddlb prevede la costituzione di un fondo di 8 miliardi di euro annui destinati alla riduzione di Irpef e Irap; si tratta ovviamente di una misura che dovrà trovare contenuti a seguito dell’approvazione della legge delega in tema di riforma del fisco, attualmente all’esame del parlamento. Previsto il rinvio al 2023 delle cosiddette sugar e plastic tax. Stanziati due miliardi ai fini di sterilizzare gli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas. Vengono prorogati i bonus edilizi ed energetici in vigore, ma con alcune variazioni. Il bonus del 110 per cento è prorogato al 30 giugno 2022, ma con ulteriore estensione al 31 dicembre 2022 per tutti i condomini e per le abitazioni principali di contribuenti con Isee inferiore a 25 mila euro. Dal 2022 la detrazione calerà fino a raggiungere il 65 per cento nel 2025. Il bonus facciate è prorogato a tutto il 2022 ma passando dal 90 al 60 per cento. Gli altri bonus edilizi (energetici, mobili, etc.) sono prorogati a tutto il 2024.

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Previsto il rifinanziamento, con un miliardo di euro aggiuntivo per ogni anno fino al 2029, per il reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda la normativa a riguardo, sono previste variazioni per rendere i controlli più efficaci. È previsto l’obbligo per i comuni, nell’ambito dei progetti utili alla collettività, di impiegare almeno un terzo dei percettori di reddito di cittadinanza residenti. Calano da tre a due le offerte di lavoro che è possibile rifiutare prima di perdere il diritto al reddito di cittadinanza.

Altre misure, minori dal punto di vista quantitativo ma che hanno ricevuto o riceveranno una certa visibilità, sono: la diminuzione dell’aliquota Iva dal 22 al 10 per cento per “prodotti assorbenti e tamponi, destinati alla protezione dell’igiene femminile”, la definitiva previsione del congedo di paternità a dieci giorni; l’incremento da 2 a 52 milioni del Fondo per il sostegno alla parità salariale di genere (nonché altri interventi per promuovere la parità di genere e l’occupazione femminile); l’incremento fondo di solidarietà comunale per funzioni sociali e asili nido; misure per l’assunzione di personale universitario, la valorizzazione del personale docente nelle scuole, fondi per l’edilizia scolastica, e l’introduzione dell’insegnamento di educazione motoria nella scuola primaria (classi quarte e quinte). Sono altresì previste risorse per l’aumento delle indennità di sindaci, assessori e consiglieri comunali: 100 milioni di euro per il 2022, 150 milioni per il 2023, 220 milioni dal 2024. Non potevano mancare ben due articoli dedicati al sostegno di Alitalia (integrazione salariale per i lavoratori di Alitalia in amministrazione straordinaria; fondo per l’indennizzo dei titoli di viaggio emessi da Alitalia in amministrazione straordinaria).

Sfide e criticità

Dal punto di vista dell’esame parlamentare, ci si aspetta che la doppia ampiezza (della maggioranza di governo e delle risorse in gioco) porterà a una notevole attività di spartizione e assegnazione dei fondi disponibili. Se la tradizione insegna qualcosa, la solita bagarre sarà infine risolta con un voto di fiducia su un maxi-emendamento presentato dallo stesso Governo e concertato con la maggioranza, così da avere il solito unico articolo da oltre mille commi. Ma, al di là di ciò che deciderà la politica, quali sono gli aspetti più critici del ddlb? In campo previdenziale, l’ennesima variazione della normativa (quota 102) è finanziariamente impegnativa (il ddlb non quantifica purtroppo l’impegno) ma probabilmente necessaria per rendere il ritorno alla legge Fornero più accettabile (dal parlamento). Per quanto riguarda le altre possibilità di anticipo (opzione donna e Ape sociale), dopo l’ennesima proroga della sperimentazione, varrebbe la pena di decidere se debbano diventare strutturali oppure definitivamente abbandonate. Come regola generale, gli anticipi dovrebbero essere tutti collegati alla trasformazione della propria pensione, anche la parte retributiva fino al 2011, in contributiva. I previsti 8 miliardi annui (24 miliardi nel triennio) per la riduzione di Irap e Irpef non sembrano moltissimi, essendo dedicati non a una ma a due imposte.

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Vale inoltre la pena di sottolineare come, in tema fiscale, sarebbe opportuno coordinare ogni tipo di intervento all’interno di un disegno unitario – e si spera coerente – di riforma: taglio del cuneo fiscale, diminuzione delle aliquote, ridisegno delle spese fiscali (in particolari quelli legati ai bonus edilizi), assegno unico famigliare. A proposito dei bonus edilizi, bisognerebbe operare una scelta definitiva sulla loro permanenza a regime o, al contrario, sulla loro eliminazione. Il continuo variare di percentuali, soglie, requisiti non fa che creare incertezza e incapacità di programmazione, tanto alle famiglie quanto alle imprese del settore. L’introduzione di un tetto Isee per utilizzare il bonus del 110 per cento da luglio a dicembre (non c’è tetto fino al 30 giugno), e peraltro piuttosto basso (25 mila euro), appare piuttosto bizzarro e discriminatorio e difficilmente sopravviverà al voto parlamentare. Molto bene, perlomeno dal punto di vista simbolico, l’incremento delle risorse messe a disposizione per la parità di genere.

Ultima nota. Nonostante sia prevista dalla legge e nonostante sia anche inserita nel Piano nazionale di ripresa e resilienza tra le riforme da attuare, non compaiono nemmeno una volta le espressioni “revisione della spesa” o “spending review”. Prima o poi il ricorso al deficit dovrà terminare. Sarebbe meglio cominciare sin da subito a capire dove troveremo le risorse, dal 2023 in poi.

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