È un piccolo grande mito dei nostri tempi l’idea che con tassi nominali prossimi allo zero la politica monetaria sia di fatto impotente. La Banca centrale europea potrebbe ricorrere a diversi strumenti alternativi per evitare un ulteriore aggravarsi della crisi. Un regime che potrebbe piacere anche ai tedeschi.
LA FORWARD GUIDANCE DELLA FED
La Bce ha subito forti critiche per il recente, e troppo timido, taglio dei tassi. Nonostante ciò, è ricorrente l’idea che non potesse fare di più, perché, con tassi nominali prossimi allo zero, la politica monetaria è di fatto impotente. Questa idea è un piccolo grande mito dei nostri tempi.
La Fed, ad esempio, ha mostrato che in tempi di crisi acuta si può ricorrere a un mix di due strumenti innovativi: (i) forward guidance; (ii) quantitative easing (QE). Nessuno dubita che l’economia dell’area euro viva tempi eccezionali. Ma pochi hanno la percezione che la Bce utilizzi tutti gli strumenti possibili per contrastare due grandi rischi per l’Europa: che sprofondi in una grande depressione, e che ci sia una riedizione, rispetto agli Usa, della unemployment hysteresis degli anni Settanta. (1)
Che cosa vuol dire fare “forward guidance” per una banca centrale? Semplificando, possiamo distinguerne, secondo la teoria recente, tre tipologie. Le definiremo, rispettivamente, forward guidance 1.0, 2.0 e 3.0.
La forward guidance 1.0 riconosce un principio di base: che l’efficacia della politica monetaria dipende ben poco dal livello corrente dei tassi di interesse, e molto invece dalle aspettative sul loro andamento futuro. Questo perché le decisioni di spesa e investimento degli agenti dipendono essenzialmente dai tassi a lungo termine. Nelle fasi iniziali della crisi, la Fed era in modalità forward guidance 1.0. Aveva infatti preso l’impegno a tenere i tassi a zero “per un periodo esteso di tempo”. Modalità poi corretta in: “a zero fino al 2014”.
Con l’acuirsi della crisi, la teoria della politica monetaria si è evoluta in forward guidance 2.0. Ne è un esempio la cosiddetta “Evans rule”, recentemente discussa dalla Fed: “la banca centrale si impegna a mantenere i tassi di interesse a zero sino a quando il tasso di disoccupazione non scenda sotto x per cento, posto che il tasso di inflazione non salga oltre x per cento”. (2) Il vantaggio rispetto alla versione 1.0 è che il prolungare la permanenza dei tassi a zero non viene condizionato a una certa scadenza temporale (“fino al 2014”), bensì all’evoluzione delle condizioni macroeconomiche (il mix disoccupazione e inflazione). Questo permette di gestire le aspettative (lo strumento chiave) in modo più efficace, perché più credibile. Se allo scadere del 2014, ad esempio, l’economia non è migliorata, è possibile prolungare una politica di tassi a zero senza dover contraddire gli impegni presi in precedenza; cosa che invece accadrebbe in regime di forward guidance 1.0. Di fatto, impegnandosi a mantenere i tassi a zero “fino a quando il tasso di disoccupazione rimanga al di sopra del 6.5%”, la Fed ha adottato da un certo punto in avanti una versione, seppur blanda, di forward guidance 2.0 .
IL PRINCIPIO DEL TUTOR
Dove in realtà la Fed non si è ancora spinta (a differenza della teoria economica) è il territorio della forward guidance 3.0. Troviamo qui un principio essenziale della politica monetaria ottimale. Per semplificare, lo definiremo il “principio dei tutor autostradali”. (3)
Attraverso una rilevazione elettronica, il tutor autostradale controlla che un’auto non superi una velocità media di 130 km orari tra due punti di un certo segmento autostradale (casello Nord e Sud). Supponiamo che, a una certa distanza dal casello Nord (ma prima di quello Sud), l’auto raggiunga i 150 km orari di velocità. Qual è la scelta ottimale da fare a quel punto? Riportare l’auto a una velocità di 130 km, oppure diminuire la velocità al di sotto dei 130 km orari? Se l’obiettivo deve essere una media di 130 km orari tra Nord e Sud, chiaramente l’opzione ottimale è la seconda: scendere al di sotto dei 130. Necessariamente, a periodi di velocità sopra la media devono seguire periodi di velocità sotto la media.
La stessa logica si applica al principio di politica monetaria ottima. Con questa analogia: il limite dei 130 è il livello (e non il tasso di crescita) di una certa variabile target da raggiungere. Ad esempio, un dato livello del Pil nominale (il livello del Pil reale moltiplicato per il livello dei prezzi), regime da molti definito di nominal Gdp targeting.
Supponiamo che l’obiettivo della politica monetaria sia duplice. Primo, mantenere un livello del Pil nominale costante (quindi con tasso di crescita zero). Secondo, mantenerlo a un livello esattamente di 100. Sotto il “principio del tutor autostradale”, periodi di crisi in cui il Pil nominale si contrae (cioè il suo tasso di crescita è negativo), devono essere compensati da periodi in cui il tasso di crescita è positivo, per mantenere il livello del Pil nominale invariato a 100 .
Qual è il vantaggio di forward guidance 3.0? È un ulteriore miglioramento nella gestione delle aspettative. Quando il Pil nominale scende, ad esempio, da 100 a 95 (perché c’è un calo dei prezzi, cioè deflazione, o del Pil reale, cioè recessione) una banca centrale non può accontentarsi di mantenerlo costante a 95. Perché questo vorrebbe dire soddisfare solo il primo dei due obiettivi (tasso di crescita zero). Per riportarlo a 100, la banca centrale deve necessariamente indurre da quel momento in poi tassi di crescita del Pil nominale positivi, via maggiore inflazione o crescita del Pil reale. Quindi un tasso di crescita negativo del Pil nominale oggi induce l’aspettativa di un tasso di crescita positivo domani. Il punto cruciale è che la semplice aspettativa di un tasso di crescita del Pil nominale positivo in futuro genera un effetto espansivo già oggi, rafforzando l’azione corrente della banca centrale. (4)
Gli strumenti a disposizione delle banche centrali, quindi, esistono, anche quando il tasso di interesse ufficiale ha raggiunto lo zero. È stupefacente vedere che all’interno della Bce non esista nemmeno un dibattito sull’arsenale di strumenti alternativi a cui potrebbe ricorrere. Basterebbe che la Bce scegliesse uno qualsiasi dei sistemi di forward guidance, anche il più arretrato 1.0, per migliorare la propria gestione della politica monetaria.
Lo stupore si acuisce ancora di più se ricordiamo che la politica della Bce si basa anche su un pilastro di vigilanza degli aggregati monetari, ispirato alla teoria quantitativa della moneta, tanto cara ai tedeschi. (5) La teoria stabilisce che il livello del Pil nominale coincide con la quantità nominale di moneta, aggiustata per la velocità di circolazione. Il livello del Pil nominale è drammaticamente calato nell’area dell’euro. Con esso, quindi, anche la quantità nominale di moneta. Non è difficile immaginare che un regime di nominal Gdp targeting potrebbe avere una doppia virtù. Primo, piacere alla Germania – perché si tradurrebbe di fatto in un regime di pieno di controllo della quantità di moneta. Secondo, non richiedere particolari revisioni dei Trattati – perché potrebbe essere facilmente ricondotto al pilastro monetario del regime attuale della Bce.
(1) Cioè che la disoccupazione, come negli anni Settanta, cresca in modo rapido, per poi rimanere alta in modo persistente, a differenza di ciò che accadde, e sta tuttora accadendo, negli Usa.
(2) La regola prende il nome dal membro del Fomc Charles Evans. Ha assunto anche il nome di “regola 7/3”, 7 per cento per il tasso di disoccupazione e 3 per cento per il tasso di inflazione.
(3) Tecnicamente il principio va sotto il nome di “history dependence”. Si veda, ad esempio, Woodford (2003, 2012)
(4) Si noti che un regime di forward guidance 3.0 non necessariamente deve coincidere con nominal Gdp targeting. Ad esempio, un semplice target sul livello generale dei prezzi (anziché sul tasso di crescita, l’inflazione), avrebbe benefici simili sulle aspettative.
(5) La teoria quantitativa della moneta è riassunta dalla famosa formula M V = P Y, dove M è la quantità nominale di moneta, V è la velocità di circolazione, P è il livello dei prezzi, e Y il Pil reale. Il lato destro di questa espressione, P Y, corrisponde quindi al livello del Pil nominale.
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Matteo
Nominal GDP target credo non potrebbe mai piacere ai tedeschi perchè potrebbe combinare a tassi di crescità bassi (se non negativi) tassi di inflazione ben oltre il 2%. Inoltre il tasso di crescita della moneta M3 è stato superiore al 4,5% e cioè quello ritenuto compatibile con un tasso di inflazione al 2% e questo per cambio di strategia delle banche (vedi interpretazione di De Grauwe). Infine, molti temono che l’ingente liquidità immessa nel sistema dalla FED stia già creando una nuova bubble finanziaria accusando la FED di perseguire troppi obiettivi non compatibili tra di loro allo stesso tempo (vedi Roubini).
piero
Concordo, i tedeschi fanno della valuta forte una virtù, mai accetteranno di provocare inflazione per sostenere il Pil, per loro il Pil deve crescere perché loro sono più bravi degli altri, non ricordano però che il loro successo all’interno della Ue e’ avvenuto grazie al cambio fisso; la germana grazie ai surplus della bilancia dei pagamenti tra i paesi euro e divenuto il paese creditore come la Cina nei confronti dell’America.
Giovanni
Mi permetto di evidenziare un difetto nell’impostazione dell’articolo, manca infatti di considerare l’art. 105.1 del trattato sul funzionamento dell’EU dove viene stabilito l’obbiettivo primario del SEBC ovvero “il mantenimento della stabilità dei prezzi” quantificato poi in un
inflazione intorno al 2% .
Per quanto mi riguarda identifico nel credit crunch che l’Europa, anzi meglio il sud Europa, sperimenta uno dei problemi principali nel perdurare della crisi che viviamo. Sono anche dell’opinione che la ECB sia in procinto di finire le munizioni. I deboli e sudati tagli dei tassi che abbiamo visto da 2 anni a questa parte non hanno ristorato in alcun modo il credito alle imprese
(almeno le nostre), segno di una rottura nel canale di trasmissione della politica monetaria che ci sta conducendo inesorabilmente verso quella tanto
studiata “trappola della liquidità”.
L’unica azione che si è concretizzata efficacemente è stata la riduzione degli spread attraverso LTRO e sopratutto OMT e non tanto per il volume delle operazioni di quest’ultimo quanto per la credibilità con la quale è stato annunciato. Tutti ricordano : « Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough ». Con questa semplice frase, e la conseguente implementazione di OMT (che ricordo non è soggetto a vincoli quantitativi e qualitativi se non quelli
intesi di volta in volta dalla stessa Banca Centrale) e ESM, senza spendere un euro il Governatore della ECB ha convinto tutti che sarebbe stato perdente
scommettere contro la moneta unica.
Il problema della ECB nello ristabilire il canale di trasmissione della politica monetaria è essenzialmente
di credibilità: come può essere infatti credibile nell’assicurare credito alle imprese una banca che non ha nel suo statuto l’obbiettivo della crescita
economica ed è cosi fortemente influenzata dall’anima BUNDESBANK nella sua fobia inflattiva? Non può a differenza della FED, della BoJ, assicurare che manterrà i tassi bassi fino a quando sarà necessario per sostenere l’economia e non può
darsi targets né di PIL né di tasso di disoccupazione. Non può darseli da sola, possono però gli Stati con una revisione del suo statuto che sappia ridare
spazio all’efficacia della politica monetaria come strumento non solo di contenimento dell’inflazione ma anche di sostegno alla crescita e all’occupazione.
Federico
Condivido quanto scritto da Matteo su eccesso di liquidità/bolla (cfr. Ft w-e settimana scorsa). Non credo che Draghi non abbia in mente strumenti alternativi, quali (forse) negative deposit rate (per rianimare le economie “periferiche”), o eventuale cartolarizzazione di SME loans in ABS. Sono gli effetti, e le “resistenze collaterali”, i temi molto, ma molto, caldi (“politici”). Il tema è in realtà molto più politico, che economico. Aiuterebbe molto, a livello di fondamentali, cominciare a parlare (finalmente) di istruzione, orizzonti condivisi, coesione sociale e culturale, fattori di aggregazione (ove mai…), lingua” ufficiale”, giovani, fondamentali. L’ircocervo descritto da A.Sen: ora di accorciare le “distanze”. Nel 2012 fuga di 80 mila Italiani, per intenderci…
Piero
La politica monetaria non ha solo la politica dei tassi, ma occorre vedere quali sono gli obbiettivi della banca centrale, l’autonomia dagli stati della Bce non permette oggi un cambio degli obbiettivi.
L’obiettivo della Bce e’ la stabilità dei prezzi, ciò al fine di salvaguardare il potere di acquisto della moneta, in sintesi deve difendere la moneta, nel compito della difesa della moneta ne deve garantire l’esistenza in tutti, ripeto tutti, i paesi che l’hanno adottata.
La Bce può rivedere l’inflazione programmata del 2%, in momento di crisi può alzare la percentuale, in questo momento siamo all’ 1,2%.
Queste premesse non permettono l’adozione di un fg 3.0 agganciato al Pil nominale, ma potrebbe essere agganciato agli spreed dei titoli governativi dei paesi euro, tutti conosciamo che la bce deve garantire l’esistenza dell’euro, quindi la rottura dell’area valutaria vuole dire che la bce non ha fatto il suo mestiere, se ala bce non e’ stato impedito a livello statutario l’acquisto dei titoli sul mercato viole dire che lo puo fare.
Prevedere un fg 3.0 agganciato agli spreed dei tassi, ossia se si supera i 200 punti da quelli più virtuosi la Bce interviene acquistando titoli sul mercato fino a che il livello scende ai 200 punti; tale politica permette di acquistare titoli, sui quali la Bce può avere solo delle plusvalenze come e’ successo nel bilancio del 2012 (900 mln di plusvalenze sui titoli italiani e spagnoli ecc); l’effetto sul l’inflazione e’ irrilevante perché se gli spreed sono saliti, come e’ la situazione attuale abbiamo una bassa inflazione, gli spreed non aumentano se c’è prosperità e quindi aumenti del Pil ( il debito nei periodi espansivi e più sostenibile).
I tedeschi della politica dei compiti a casa propria si oppongono, allora qui si vede la bravura del governatore della Bce.
Leonardo
Non mi sembra si dia una soluzione pratica, anche parziale, alla teoria del forward guidance 3.0. Supponiamo di essere ad un tasso BCE prossimo allo 0, in che modo, anche facendo leva sulle aspettative, può, la stessa BCE, promettere un futuro ulteriore cut col fine di stimolare PIL nominale (via inflazione)? Quali sono le strategie macro per percorrere l’altra via (PIL reale)?
Federico
Buongiorno, Draghi ha parlato di negative deposite rates (per fare affluire liquidità alle economie periferiche), come riportato da varie fonti. per altri, sarebbe possibile una cartolarizzazione di SME loans in ABS. A tendere, in un mondo ideale, la soluzione prospettata parrebbe – evidentemente – funzionale (i.e. ottimale,) ma i temi/issues nel mondo reale sono di eccesso di liquidità nell’immediato (cfr. FT w-e di due settimane fa), di rallentamento/appesantimento DE, inflazione. Temi noti (A.Sen). E bisogna anche evitare di premiare chi si è comportato male e tassare chi si è comportato bene. Una mutualizzazione del debito, de facto, tramite l’ESM ( quota DE=27.1%; FR 20.4) è già in atto. Sono le modalità (impatti e tempi) dell’integrazione a dovere essere discussi, e posti al centro del dibattito. Perchè non pensare ad incentivi minimi, quali un sussidio di disoccupazione europeo, con CONTROLLI (incrociati, possibilmente: tedesco su, greci/ francesi su Italiani) e pagato con fondi comuni? Ossia, Non solo sussidi solo per le banche, con incentivo ritorno sul mondo del lavoro? Bisogna essere CHIARI (e furbi!): la realtà è che col costo del denaro che è la metà del nostro, i tedeschi potrebbero comprare le fabbriche e chiuderle per avere meno concorrrenza. Il rischio è per l’Italia un effetto sud-Italia….grazie
Fabrizio
Ma quale modello (Taylor, Evans, nominal GDP…) segue la (sempre?) lodata Fed, che riesce a combinarsi con la politica fiscale nella particolare fase ciclica per favorire la crescita dell’economia reale?
Comunque le aspettative razionali a cui ti ispiri non vanno oltre qualche libro di testo. Oggi Draghi può fare ben poco, anche con la più sofisticata politica monetaria, per scuotere l’Euroarea dal torpore di una austerità fiscale sbagliata nei tempi e nei modi.
fabrizio
Felice Di Maro
Penso che sia d’obbligo condividere che la riduzione dei tassi di interesse da parte delle banche centrali come scrive l’Autore rappresenti il “grande mito dei nostri tempi”. I tassi di interesse prossimi allo zero sono comunque un ottimo regalo alle banche e a quegli istituti di credito che fanno prestiti alle aziende e alle famiglie.
Proprio considerando gli aggregati monetari della Bce (M1 M2 M3) che sono è vero ispirati alla teoria quantitativa della moneta (equazione di Fisher ben presentata nella nota 5) si evidenzia che l’Eurosistema determina squilibri continui in quanto non ha alcun meccanismo di aggiustamento automatico.
Sia le misure convenzionali (regolazione dei tassi di interesse) e sia quelle delle aste stanno di fatto stanno solo aiutando i mercati finanziari e le banche. L’Euro, moneta unica non funziona. La sovranità monetaria deve essere a livello di Stati. Non è possibile accettare di acquistare moneta (E, pagarla!) da un organo indipendente dagli Stati quale è la Banca Centrale Europea.
Maurizio Cocucci
Anche la Banca d’Italia era indipendente dallo Stato (dal governo) e questo dal 1981. In merito al cosiddetto Signoraggio faccio notare che è un tema già chiarito da anni. Il reddito derivante dall’emissione di moneta viene distribuito dalla BCE alle singole BCN in funzione della loro quota nominale in seno alla BCE e da qui gran parte finisce agli Stati (governi) di riferimento di ciascuna Banca Centrale. Basta leggere i bilanci per verificarlo.
Infine perché il taglio dei tassi dovrebbe essere un regalo alle banche? Provi a chiedere oggi un prestito e confronti i tassi di interesse che le chiederanno con quelli di prima.
Piero
Oggi il costo del denaro non è’ causato dall’euroribor ma dagli spread praticati dalle banche.
La causa di tali diseguaglianze degli spreed dipende dalla mancanza di fiducia nel debito degli stati e che lo stesso ingolfa tutti i bilanci delle banche ( le banche hanno prestato i soldi agli stati, i loro titoli hanno perso il loro valore e quindi non possono più prestare credito all’economia reale).
Solo la Bce può salvare tutto.
Tommaso Monacelli
il punto è proprio questo. nominal GDP targeting crea l’aspettativa che quando, al tempo T, i tassi dovrebbero salire >0, rimarranno invece ancora prolungati a zero.
Leonardo
Bene, allora supponiamo che al tempo T+1 il taglio non abbia portato la ripresa sperata: è servito lo stratagemma delle aspettative? Che poi questa non è una supposizione, è la realtà! Il penultimo taglio è il tempo T, l’ultimo è T+1; le aspettative, se pur non concretamente incentivate o direttamente diffuse dalla BCE, c’erano. Tutti, al tempo T, si sarebbero aspettati ulteriori tagli, verificatisi al T+1, ossia la scorsa settimana.
Simone Garbuglia
Ma questo non rischia di creare cattivi incentivi per le banche? Mi riferisco a mutui facili che diventano bolle immobiliari che diventano crisi finanziarie, specialmente in clima di ottimismo post-crisi e voglia di tornare a fare buoni profitti (che, con tassi bassi, a grandi linee vuol dire aumentare i volumi, da qui mutui facili).
Tommaso Monacelli
la Fed ha, in un’ottica di robustness, messo in campo diversi strumenti, da QE a forward guidance (anche se solo del tipo 2.0). Quello che stupisce è quanto lenta a reagire sia la Bce. E invece sarebbe l’unica istituzione pan-europea che potrebbe farsi carico di un shift rilevante nelle aspettative
Piero
L’unica mossa fatta da Draghi e dire “la Bce difenderà l’euro a tutti i costi”, nessuno gli ha creduto, oggi solo le politiche monetarie espansive dell’America e del Giappone ci stanno dando un po’ di respiro.
Draghi dve parlare meno e fare fatti, annunci e faccia un QE di 500 mld annui fino a che gli spreed non tornano nella normalità, fino a quando in Europa non vi è una fiscalità europea che gestisce almeno il 10/15% del Pil europeo la Bce deve intervenire con i fatti se vuole salvare l’euro, altrimenti fa la fine dello SME.
Zoe Keller
Nessuno gli ha creduto? Ma vai a guardare l’andamento dei rendimenti sovrani dopo il 26 luglio 2012… La FED faceva QE anche prima del Whatever it takes ma non ha certo impedito ai rendimenti italiani e spagnoli di salire a livelli insostenibili, perchè il QE della FED non ha di mira il rischio di ridenominazione nella zona euro.
Oggi poi il problema è far ripartire il credito verso le PMI, che non hanno asset prezzati sul mercato su cui fare QE. Per cui c’è un problemino preliminare da risolvere che continua a sfuggirti, quello su cui la BCE invece lavora attualmente.
Piero
Sta lavorando? Se si, sta lavorando male, la Bce ha il compito di difendere la moneta, difesa vuole dire garantirne l’esistenza, vedo solo la soluzione da me indicata. Per quanto concerne le notizie lette sui giornali per fare ripartire il credito vero le pmi, la Bce non può fare nulla direttamente, può prendere dalle banche in garanzia un collaterale composto da obbligazioni verso le pmi? Sicuramente questa e’ una soluzione per le banche, chi potrà accedere a tali strumenti, la pmiialiaa a un fatturato medio di 5 milioni, dove i presenta, e’ un’impresa che storicamente deve essere assistita dalle banche, che come ho detto sono ingolfate dai titoli statali.
Mario Rossi
L’interpretazione attuale dell’obiettivo di “stabilità dei prezzi” è abbastanza discutibile. Se si tengono in debita considerazione le stesse circostanze che fanno preferire l’uso del PIL nominale come obiettivo di politica monetaria, è piuttosto evidente che, tra gli indici dei prezzi, il deflatore del PIL è da preferirsi rispetto all’indice dei prezzi al consumo. È il caso di notare che il trend di crescita di questo indice è nettamente sotto la soglia del 2%, fin dalla crisi del 2008.
Piero
Ad oggi non vi è stata nessuna mutualizzazione del debito, i toni per l’Esm devono ancora essere versati, poi gli Omt devono essere sterilizzati, non aumenta la base monetaria in Europa, sul punto c’è il veto della Germania che fino ad oggi ha permesso a Draghi solo interventi monetari sterilizzati, in Europa a differenza dell’Usa non abbiamo avuto un aumento della base monetaria, ciò sta creando difficoltà all’economia reale, chi dice che c’è liquidità dice una mezza verità, la liquidità di cui si parla non è altro che un debito delle banche che deve essere restituito tra 24 mesi, come possono le banche prestarlo all’economia reale?
In Europa si deve aumentare a base monetaria, penso che con l’attuale statuto della Bce solo l’acquisto sul mercato secondario di titoli di stato governativi può salvare tutto, alle banche viene tolto il fardello del debito pubblico (tutto il debito pubblico grava su di esse) e possono tornare a fare il loro mestiere.
Se a Draghi non gli viene permessa questa manovra dalla Germania si dimetta da quel ruolo, l’attuale sua politica sta rovinando l’Italia, altro che laurea concessa ……
Zoe Keller
Alla BCE è legalmente proibito (art.123 Trattato) fare quello che dici: non può fare acquisti, nemmeno sul secondario, con lo scopo di finanziare gli stati o di ricapitalizzare le banche.
Poi fantastico il suggerimento a Draghi di dimettersi.
Al suo posto arriverebbe certamente qualcuno a prendersi migliore cura di noi.
Maurizio Cocucci
La politica monetaria della BCE è stata coerente con il suo mandato, che non è simile a quello della FED. A proposito di FED, si è certi che la loro politica sia così esemplare? Intanto se si confrontano tra loro gli aggregati monetari della FED e della BCE si osserverà che il tasso di crescita è pressoché lo stesso. Certo, FED e BCE, hanno operato strategie diverse ma alla fine nessuna delle due può essere ritenuta ‘espansiva’.
Piero
Se la politica monetaria della Bce non provoca la rottura dell’area valutaria, ha rispettato il suo mandato, al contrario ha rispettato le direttive della Germania.
Non è vero che la Fed non ha fatto una politica monetaria espansiva, basta vedere il suo bilancio e confrontarlo con quello della Bce.