I prezzi dei carburanti sono in crescita da inizio 2021, ma la situazione peggiore riguarda il gasolio. Al possibile blocco delle importazioni dalla Russia, si aggiungono il calo delle scorte e la riduzione dell’attività delle raffinerie per manutenzione.

Prezzi di gasolio e benzina fuori controllo

In un solo giorno, quello che ha visto il degenerare in guerra aperta del conflitto tra Russia e Ucraina, le quotazioni internazionali di benzina e gasolio sono cresciute dell’equivalente di cinque centesimi al litro. Da lì, dopo una quasi speculare flessione il giorno successivo, i prezzi hanno inesorabilmente continuato ad aumentare, portando a livelli record quelli al dettaglio, già caratterizzati da una dinamica rialzista. 

La ripresa dei prezzi alla pompa dopo il crollo del 2020 è iniziata a gennaio 2021 ed è proseguita per tutto l’anno, con il progressivo allentamento delle misure restrittive imposte per l’emergenza pandemica, fino a ritornare ai livelli del 2019 nel secondo trimestre dello scorso anno. Da allora la corsa non si è fermata, raggiungendo livelli record con prezzi superiori, e di molto, ai 2 euro per litro tanto per la benzina quanto per il gasolio. Anzi, i prezzi al dettaglio del diesel hanno addirittura superato quelli della benzina. Un sorpasso quasi epocale, sfiorato altre volte in passato, ma mai pienamente realizzato. 

Figura 1 – Prezzi di vendita al dettaglio di benzina e gasolio (€/l)

Fonte: elaborazione Staffetta Quotidiana su dati dell’Osservatorio dei prezzi dei carburanti del Ministero Sviluppo economico

Una situazione tanto grave da portare il governo a intervenire con un taglio delle accise di 25 centesimi: 30,5 considerando l’Iva, che incredibilmente è calcolata anche sulla componente fiscale e, come analiticamente dimostrato da Marzio Galeotti, Irina Gardini, Alessandro Lanza e Matteo Manera, vero elemento amplificatore del trend di crescita registrato dalla componente materia prima del prezzo netto dei carburanti.

La riduzione delle accise è stata prorogata al 2 maggio ma, benché appaia meno tesa, la crisi è tutt’altro che in via di risoluzione, sia sul piano dei prezzi che su quello degli approvvigionamenti.

Una dinamica globale

Sui prezzi siamo davanti a una crisi globale: basti dire che, con la benzina arrivata a sei dollari al gallone in California, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in barba alle promesse ecologiche fatte in campagna elettorale, chiede alle compagnie di trivellare a capofitto e sblocca, per la terza volta in sei mesi, la riserva di petrolio strategica (Spr) – un milione di barili di greggio al giorno per sei mesi di fila, l’equivalente di due giorni della domanda mondiale, il più grande rilascio della storia – mentre i vari stati distribuiscono contributi a pioggia.   

Per quanto riguarda la disponibilità di greggio e prodotti raffinati, non vi sono particolari situazioni di scarsità, benché il petrolio viaggi costantemente sopra i 100 dollari al barile. Prezzi e quotazioni, come per il gas naturale, sembrano scontare la prospettiva di una carenza futura. 

A destare le maggiori preoccupazioni in questo senso è il gasolio, in grave difficoltà già ben prima che iniziasse la guerra. E sul quale vorremmo concentrarci, ricordando che in Italia, oltre alla quasi totalità degli autoveicoli commerciali leggeri e pesanti, circolano oltre 17 milioni di vetture con motore diesel, quasi il 43 per cento del totale, e con tutta probabilità sono quelle che effettivamente percorrono più chilometri. Le vetture a benzina, infatti, sono 17,8 milioni, ma tra queste molte di più sono le vetture storiche, di pregio e a vario titolo sportive, con percorrenze medie molto modeste.  

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Grave e senza precedenti la situazione del gasolio

Nell’uscire dalla crisi pandemica, come prima cosa, i paesi consumatori hanno dato fondo alle scorte che si erano accumulate. Una dinamica che ha riguardato principalmente il gasolio, che è il carburante dell’attività economica (trasporto merci, produzione industriale, agricoltura e industria mineraria). A fine 2021 le scorte di gasolio nel mondo sono scese al livello stagionale più basso dal 2008, come segnalava già in gennaio l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). Negli Usa le scorte di olio combustibile sono 30 milioni di barili al di sotto della media stagionale quinquennale (-21 per cento) e al livello più basso dal 2005 (dati Energy Information Administration-Eia). In Europa le scorte sono 35 milioni di barili (-8 per cento) al di sotto della media quinquennale e al livello più basso dal 2008, secondo i dati Euroilstock. Discorso analogo in Asia.

Insomma, l’invasione russa dell’Ucraina, pur non avendo ancora prodotto un embargo su petrolio e prodotti raffinati russi, interviene su una situazione già critica.

Il 28 marzo, l’Aie ha pubblicato un rapporto riservato sul mercato globale del gasolio dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ne ha dato notizia Staffetta Quotidiana e descrive una situazione piuttosto allarmante. Un eventuale embargo su petrolio e prodotti raffinati dalla Russia avrebbe, scrive l’Agenzia, un “impatto grave” sul mercato europeo: ci sarebbe un “corto” di gasolio nel 2022 di 500mila barili/giorno che dovrebbe essere affrontato con un aumento delle importazioni da altre fonti o con prelievi di scorte. Un eventuale prelievo dalle scorte di 500mila b/g (182 milioni di barili su base annua) vorrebbe dire quasi dimezzare quelle di diesel detenute dall’industria e dai governi Ocse in Europa alla fine del 2021.

Europa fragile e troppo dipendente 

Il “corto” riguarderebbe soprattutto l’Europa e non potrebbe essere del tutto compensato dall’aumento delle importazioni da altre regioni. Lo shock sarebbe concentrato nel secondo trimestre dell’anno, cioè in quello in corso. La Russia è uno dei principali fornitori di distillati medi e di petrolio greggio, principalmente per l’Europa: nel 2021 è finita nei paesi europei più della metà delle esportazioni russe di distillati e metà di quelle di greggio.

L’Europa importa circa il 20 per cento del proprio fabbisogno di gasolio. Nel 2021, le raffinerie europee hanno prodotto 5 milioni di b/g di diesel rispetto ai 6,25 milioni consumati. Altri 360mila b/g sono stati “coperti” dal biodiesel. Sono stati esportati circa 350 mila b/g, principalmente verso l’Africa e i paesi europei non Ocse: si tratta per lo più di gasolio di qualità inferiore che non soddisfa le specifiche per l’Unione europea. Il divario di 1,3 milioni di b/g nel 2021 è stato quindi colmato da importazioni e prelievi di scorte. Dalla Russia è arrivato il grosso delle importazioni di gasolio: circa 600mila b/g, più della metà delle importazioni europee (1,1 milioni di b/g) e circa il 10 per cento della domanda europea. Dal Medio Oriente sono stati ricevuti 250mila barili al giorno e dall’India 110 mila. Dagli Stati Uniti sono arrivati solo 40 mila b/g rispetto ai soliti 200-300mila. Dalle scorte sono stati attinti 160 mila b/g.

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L’anno scorso, i paesi Ocse dell’Europa hanno importato 2,4 mb/g di petrolio russo, di cui 750mila b/g attraverso l’oleodotto Druzhba. Il resto è arrivato via mare: Spagna, Italia, Grecia e Turchia hanno importato 400mila b/g, mentre 1,4mln b/g sono andati alle raffinerie dell’Europa nord-occidentale. Un taglio del 50 per cento delle importazioni di petrolio russo ridurrebbe la produzione interna europea di diesel di 120mila b/g, un ammanco che raddoppierebbe nel caso di un taglio delle importazioni del 100 per cento. L’impatto complessivo tra greggio e prodotti, stima l’Aie, sarebbe compreso tra 250mila e 350mila b/g.

Anche qui ci sono altri elementi che non giocano a favore di un ritorno alla stabilità dei mercati: in primavera le raffinerie in Europa e nella regione Asia-Pacifico andranno incontro a una riduzione dell’attività per via di manutenzioni programmate, con interruzioni che, scrive l’Aie, “potrebbero essere più pesanti del solito” perché – a causa della pandemia – per due anni non sono stati eseguiti lavori, se non quelli essenziali.

Tutto questo eserciterà una pressione al rialzo sui prezzi, in particolare in Europa. Da un paio di settimane le quotazioni internazionali dei prodotti raffinati sono in calo, e così i prezzi alla pompa di benzina e gasolio, pur rimanendo sempre su livelli molto alti: senza il taglio delle accise, oggi pagheremmo benzina e gasolio tra 2,1 e 2,2 euro/litro. Se il calo dei prezzi proseguirà, il meccanismo dell’accisa mobile non potrà essere di nuovo attuato, come prevede la norma della Finanziaria 2008. Se la situazione internazionale non sarà risolta, non sarà facile far tornare i conti.

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