I convitti nazionali hanno raggiunto il loro massimo splendore in epoca fascista. Dichiarati “enti inutili”, ma mai aboliti, attraversano oggi una nuova stagione di vitalità. Più casuale che orientata da chiare scelte di politica scolastica. Offerta formativa, risorse e risultati degli studenti.
LA STORIA DEI CONVITTI
I Governi spesso emanano leggi che prevedono l’abolizione di “enti inutili”, ma poi non riescono ad attuarle. Il caso dei convitti nazionali è un esempio interessante del perché sia così difficile passare dal dire al fare.
Secondo un dossier Uil del gennaio 2008, i convitti nazionali sono trentanove, distribuiti in tutte le Regioni italiane, con un totale di 13.768 utenti e una media di 353 persone per ciascun convitto nazionale. (1)
La legge 244/2007 art. 2 comma 642 prevedeva che “Con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il ministro della Pubblica istruzione, sono individuati e posti in liquidazione i convitti nazionali (…) che abbiano esaurito il proprio scopo o fine statutario o che non risultino più idonei ad assolvere la funzione educativa e culturale cui sono destinati”. A distanza di quasi sei anni, quella disposizione è rimasta inattuata.
Secondo il legislatore del 2007 vi sono alcuni convitti nazionali che sono ormai inutili e vanno pertanto liquidati. Altri, invece, hanno ancora una funzione e vanno mantenuti in vita.
Come distinguere i capri dagli agnelli? Sembrerebbe semplice: quelli che hanno pochi iscritti evidentemente non incontrano più il favore delle famiglie e dunque possono essere chiusi. Quelli che hanno molti iscritti devono rimanere aperti.
Ma se si approfondisce un po’ la questione, ci si accorge che esisteva già una norma di questo tipo: il Testo unico in materia di istruzione (decreto legislativo 297/1994) all’art. 52 prevede “la graduale soppressione (…) dei convitti nazionali (…) che accolgono meno di 30 convittori o semiconvittori” (questi ultimi sono gli studenti che passano il pomeriggio in convitto ma poi vanno a cenare e a dormire a casa loro).
Forse il legislatore del 2007 voleva alzare la soglia di sostenibilità da trenta iscritti a un numero più elevato, da determinare tenendo conto delle condizioni locali. Un convitto nazionale di una grande città come Roma o Torino svolge probabilmente una funzione diversa rispetto al convitto di una piccola città come Sondrio o Lucera (provincia di Foggia), e fissare una soglia di sostenibilità unica per tutti probabilmente non ha molto senso.
Ma prima di addentrarsi nelle specificità locali, bisognerebbe chiedersi quale sia in generale la “funzione educativa” dei convitti nazionali. Il Testo unico del 1994 è molto generico (articolo 203: “I convitti nazionali hanno per fine di curare l’educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti”) e all’articolo 205 rimanda, in attesa di un nuovo regolamento (mai emanato), ai decreti di epoca fascista.
La riforma Gentile (in particolare il regio decreto numero 1054 del 1923) dava grande risalto ai convitti nazionali i quali, sebbene esistessero già nell’Ottocento, hanno avuto il periodo di massimo splendore proprio nell’epoca fascista: attraverso di essi il regime tentava di erodere lo spazio tradizionalmente occupato da istituzioni educative cattoliche.
Nel dopoguerra i convitti nazionali hanno svolto una funzione più in linea con la nostra costituzione repubblicana: quella di agevolare l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione a chi abitava in piccoli centri, lontani dalle scuole. Dagli anni Cinquanta in poi anche questa funzione è andata declinando, per il miglioramento dei trasporti, l’espandersi della rete scolastica e il progressivo abbandono delle campagne.
QUAL È IL LORO RUOLO?
I convitti nazionali nel tempo hanno così subito una profonda metamorfosi. Una volta si caratterizzavano soprattutto come il luogo dove i “convittori” trascorrevano il loro tempo extrascolastico: a parte la scuola elementare che era interna, i convittori frequentavano normalmente scuole esterne e rientravano in convitto per pranzare e trascorrere il resto della giornata e la notte. Ora invece assomigliano a scuole con il tempo prolungato: quasi tutti gli iscritti sono “semiconvittori”, cioè dormono a casa loro e trascorrono in convitto un tempo più o meno coincidente con quello di una giornata lavorativa media (dalle 8 alle 17,30-18) frequentando al mattino le scuole interne ai convitti stessi, mangiando nella mensa e restando poi a studiare e a svolgere attività formative e ricreative.
In assenza di interventi legislativi che indicassero quale funzione educativa dovessero svolgere, i convitti nazionali si sono dovuti reinventare un ruolo. I “rettori” (così la riforma Gentile chiamava i presidi di queste istituzioni, e il termine ci dice l’importanza che avevano in epoca fascista) più intraprendenti hanno introdotto nella loro scuola una “sperimentazione” ritagliata dal ministero su misura per loro e sono riusciti a far salire le loro scuole nella classifica di quelle più ambite. (2)
I convitti dispongono di due risorse che le altre scuole non hanno: il personale educativo e “ausiliario” (cuochi, commessi, e altri), pagati dallo Stato per assistere gli allievi nel pomeriggio e durante il pranzo, e le rette pagate dalle famiglie (mediamente 1.500 euro secondo il dossier Uil, in parte coperte da borse di studio assegnate dall’Inpdap ai propri iscritti, o dagli enti locali), che servono non solo a coprire i costi della mensa, ma anche a migliorare l’offerta formativa (ad esempio pagando docenti esterni per approfondimenti sulle materie di studio), a ristrutturare i locali scolastici e ad acquistare le attrezzature didattiche più avanzate. (3)
È vero che ormai tutte le scuole tendono a chiedere alle famiglie il versamento di contributi, ma si tratta di importi dell’ordine delle decine o al massimo di cento o duecento euro all’anno, e anche per tali importi i presidi vanno incontro alle proteste delle associazioni di consumatori e alle reprimende del ministero, che ha più volte evidenziato che eventuali contributi possono essere richiesti solo a titolo volontario. I convitti invece non hanno di questi problemi: possono imporre il pagamento delle rette e mandare via gli studenti che non pagano quanto stabilito dal consiglio d’amministrazione del convitto.
È questa dunque la funzione specifica dei convitti nazionali ? Quella di essere scuole più belle, in grado di offrire una offerta formativa migliore e più ampia, grazie alle maggiori risorse umane e finanziarie di cui dispongono ?
Se così è, questa specificità non sembra il risultato di una scelta deliberata del Parlamento o del Governo. Sembra piuttosto il risultato quasi casuale della combinazione di vecchie disposizioni di epoca fascista e dell’intraprendenza di alcuni rettori che hanno saputo sfruttare i vantaggi offerti da tali disposizioni.
Un’altra domanda sorge spontanea: i convitti riescono, grazie a queste maggiori risorse, a raggiungere risultati migliori delle altre scuole ? Dalla ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli di marzo 2012, che mette a confronto i risultati al primo anno di università dei diplomati di licei e istituti tecnici in alcune Regioni italiane, sembrerebbe di no: i convitti si collocano per lo più nella parte media della graduatoria. (4)
(1) Si veda qui(in particolare a pag. 16).Del tutto simili ai convitti nazionali sono i sei educandati (3.763 utenti per una media di 627 a istituzione): originariamente i convitti erano destinati solo ai maschi e gli educandati alle femmine, ma ormai entrambi accolgono studenti di entrambi i sessi. Qui, invece, non si prendono in considerazione i convitti annessi agli istituti tecnici e professionali, che hanno un regime giuridico molto diverso, e i convitti per sordi.
(2) La “sperimentazione” è quella di liceo classico europeo, elaborata negli anni Novanta dal ministero della Pubblica istruzione e da alcuni rettori, e diffusasi poi in molti convitti (pag. 103 e ss.). È una delle pochissime sopravvissute alla razionalizzazione operata con la riforma Gelmini, che ne prevedeva il riordino con un regolamento di cui al momento non si sa nulla (art. 3 comma 2). Per accedere ai convitti di Roma, Napoli e Torino occorre superare dei test di ingresso:
– http://www.convittonazionaleroma.com/2011/11/22/regolamento-prove-di-rilevazione-competenze-in-ingresso/
– http://www.convittonapoli.it/test-dingresso-anni-precedenti/
– http://liceo.cnuto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=153%3Atest-ingresso&catid=14%3Ainformazioni&Itemid=52
Gli iscritti ai convitti (inclusi quelli annessi agli istituti tecnici e professionali) sono aumentati del 17 per cento tra il 2007/08 e il 2012/13 (vedi il citato dossier Uil, pag. 13, e il decreto interministeriale n. 5 dell’8/2/2013). Limitando il confronto ad alcune province in cui sono presenti solo convitti nazionali ed educandati (Genova, Milano, Cagliari, Prato, Parma) l’aumento risulta del 32 per cento. Solo una piccola parte dell’aumento è attribuibile alla maggiore propensione all’istruzione liceale manifestatasi negli ultimi anni.
(3) Ad esempio, nell’Educandato Setti Carraro di Milano la quota della retta d’iscrizione annuale destinata a coprire i costi della mensa (esclusi i costi del personale, che viene pagato dallo Stato) è di 1.023 euro. La quota restante (52 di tassa di iscrizione, più 564 di “retta di frequenza”, più nella scuola secondaria 180 di “contributo per spese amministrative e didattiche”) serve a coprire le “spese di gestione” e i costi della “frequenza scolastica” e dell’ “assistenza pomeridiana”, escluse le attività facoltative (gite, corsi di strumento musicale etc.). Vedi qui. Occorre precisare che in alcuni convitti ed educandati le rette vengono utilizzate anche per pagare le utenze (riscaldamento, energia elettrica, telefono, acqua) che invece nelle altre scuole sono sempre a carico dell’ente locale (il comune per le scuole del primo ciclo, la provincia per quelle del secondo ciclo).
(4) Si veda qui.
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gmn
si potrebbero destinare le risorse, il personale e le strutture adatte a scuole del tipo Collegi del Mondo Unito
http://www.uwc.org
http://www.uwcad.it/
http://en.wikipedia.org/wiki/United_World_Colleges
naturalmente non sarebbero trentanove
ma con dieci sarebbe già un successo mondiale
antonello
Il punto, a mio parere, è anche un altro: non ho capito se si tratta di scuole pubbliche, private o parificate. Conosco un ragazzo che va ad un convitto qui a Roma (scuole medie inferiori), mi si dice che è una scuola pubblica; però: sta in pieno centro città (quartiere Prati), il costo non è altissimo (se vogliamo) ma comunque ben superiore a quello di una “normale” scuola pubblica e, sostanzialmente, l’accesso è “pilotato”. Dunque: costi molto più elevati + “curriculum” e valutazione discrezionale dell’istituto per accettare l’scrizione + localizzazione centrale, quindi impossibile per chi abita in zone non di pregio della città = scuola pubblica? Poi, che i risultati siano solo discreti, è una magra consolazione o, anzi, un ulteriore elemento di riflessione, no?
Erminione D'Annunzio
Possibilità di un’educazione che comprenda l’incontro con l’altro sesso e la non imposizione dell’unione a vita con uno in tutti i tipi di scuole ,università e convitti.
Simo
E cosa mi dite invece della funzione sociale dei convitti? Nessuno considera che ci sono famiglie che per problemi di salute , morte o separazioni hanno bisogno di un luogo dignitoso dove il loro ragazzo “normale” possa frequentare un liceo scientifico o classico “normali” ed essere accompagnato fino alla maggiore età se i genitori non possono? Nessuno di voi ricorda che la famiglia e’ una istituzione al tramonto e che non sempre esistono parenti disposti a farsi carico di un minore? Nessuno ricorda che molte famiglie sono monoparentali?
Vi garantisco invece che l’unione Europea lo ricorda molto bene, chiedendo allo stato di garantire quelle tutele che una volta soltanto la chiesa rendeva disponibili.
I convitti devono esistere soprattutto per garantire una ottima educazione ai ragazzi che provengono da famiglie in difficoltà ed eliminare il rischio di potenziali disuguagliane.
Io vi ricordo che al sud non esistono di fatto convitti dotati di liceo scientifico.
agostino
Gli Educatori del Convitto “Marco FOSCARINI” di Venezia fanno solo turni; su essi gravano responsabilità amministrative non connesse con lo studio pomeridiano e l’andamento scolastico dei convittori; essi non hanno la consegna di seguire specificamente l’andamento scolastico né controllare il registro online (nessuno ha mai chiesto la password) né parlare con i professori dei convittori loro affidati. Non c’è educatore fisso, che sia sempre lo stesso tutti i giorni così manca una presenza adulta continua e i pomeriggi dei convittori sono destrutturati.
Giornata tipo. Non educatori a colazione; dopo le attività scolastiche fino alle 13 circa si rientra in Convitto e liberi; 14.15 pranzo, poi liberi fino alle 16; non c’è una biblioteca o altro e per regolamento la camerata è luogo di ricreazione; le varie stanze della scuola sono occupate (le aule per le lezioni, le altre stanze per attività esterne, come scuola-musica e altro); ultimamente una classe vuota è disponibile; 16-18 studio guidato obbligatorio e gli educatori non sempre conoscono le materie da studiare; 18-19 libera uscita; 19.15 cena; dopo cena liberi; 22.00 in camera, ma non si dorme presto; il giorno successivo si è stanchi e poco “studiati”.
Per nostra esperienza, risultati negativi e molteplici, vani, viaggi a Venezia, con nostra massima insoddisfazione, abbiamo ritirato nostra figlia subito dopo gli scrutini e non consigliamo il Convitto a studenti di Liceo Classico tradizionale.
Felisa
Io ho iscritto mio figlio al Convitto Nazionale G B Vico di Chieti. Devo dire che mi trovo molto bene e meglio di me si trova mio figlio, ovviamente.. I docenti risultano preparati e svolgono egregiamente tutto il programma seguendo i ragazzi di pari passo, certo con qualche eccezione. La mensa è ottima e sempre pulitissima, gli educatori, organizzati per gruppi svolgono il loro lavoro di controllo e di accompagnamento allo studio Ci sono circa 10 attività sportive, varie ricreative e un accordo con un’accademia musicale che a costi contenuti può impartire lezioni di qualsivoglia strumento musicale. Inoltre la dirigente è sempre disponibile al confronto e tiene molto agli aspetti educativi, comportamentali e organizzativi di tutti gli studenti, aiutandoli, insieme agli insegnanti, nel cammino della crescita emotiva e professionale. Per motivi famigliari ho dovuto far cambiare scuola a mio figlio e la prima in cui siamo approdati qui a Chieti era di uno squallore indecifrabile. Tempo prolungato (40 ore in cui i bimbi non facevano praticamente nulla) mensa ai limiti della decenza, docenti incapaci e dirigente inefficace e incompetente. Onestamente il confronto con il Convitto non regge. Ovviamente non tutte le scuole sono uguali… La prima scuola (pubblica) frequentata da mio figlio era meravigliosamente gestita. Io credo, viste le varie esperienze, che il funzionamento di un qualsivoglia istituto scolastico dipenda dalla dirigenza: se funziona quella, funziona tutto.
Andrea
Ho iscritto mia figlia al Convitto Nazionale di Roma: esperienza orribile e inenarrabile! Gran parte degli alunni sono raccomandati e figli di celebri personalità che hanno un accesso preferenziale e pertanto gli vengono riservate medie altissime; chi non appartiene a tali categorie deve affrontare una vita scolastica molto ardua per non oscurare i privilegiati e inspiegabilmente si ritrovano con i voti abbassati. La Direzione gestisce abilmente questi ambigui equilibri e rende questo istituto pubblico un luogo di interessi delle lobby romane.Pertanto è luogo comune definire il Convitto come istituto molto arduo, ma solo per chi non rientra nelle “categorie protette” , invece per chi ha tali privilegi le concessioni e le elargizioni sono di notevoli entità. Per non parlare dello squallore della mensa e dell’immangiabilità del cibo. La location è ormai molto vecchia e trasandata, le camere sono orribili e mancano completamente le attività sportive per il liceo – tranne le ore di educ. fisica curriculari, i centri sportivi sono riservati alle medie e elementari. Le rette – tra l’altro molto elevate – sono assolutamente inadatte alla scarsità del servizio e all’organizzazione generale. Inoltre anche a livello igienico l’ambiente lascia molto a desiderare. Soprattutto nei Licei c’è un elevatissimo numero di ragazzi che fumano nel cortile durante l’ora di ricreazione e che fanno uso di tutt’altro e i docenti fanno sempre finta di non vedere. Avrebbe bisogno di una Vera gestione.