Il problema di migliorare la qualità delle università non riguarda solo l’Italia. Diversi altri paesi europei sono alle prese con la mancanza di meritocrazia nei processi di promozione e assunzione dei docenti. La Spagna ha pensato di risolvere la questione con concorsi centralizzati e l’estrazione a sorte dei membri delle commissioni. Ma la casualità nella formazione delle commissioni non ha eliminato i fenomeni di favoritismo. Le probabilità di promozione di un candidato aumentano notevolmente se ha forti connessioni con un esaminatore. L’effetto positivo di legami più deboli.

I paesi europei sono sempre più preoccupati per l’efficienza delle loro università e un tema ricorrente è la mancanza di meritocrazia nei processi di promozione e assunzione. (1) Nel tentativo di migliorare il sistema, nell’ultimo decennio diversi paesi hanno varato riforme dell’università. (2) La Spagna ne offre un istruttivo esempio.

EFFETTI DELLA SOLUZIONE SPAGNOLA

Prima del 2002, le università statali della Spagna godevano di un ampio grado di autonomia nelle decisioni sulle assunzioni e promozioni. Il sistema era associato a una estesa autofiliziazione, generando così una diffusa preoccupazione sull’esistenza di possibili favoritismi. Nel 2002, il governo ha limitato l’autonomia delle università e ha introdotto un sistema centralizzato di concorsi, conosciuto come habilitación. Con il nuovo sistema, si richiede ai candidati alle posizioni di professore ordinario e associato di superare un concorso nazionale, a livello disciplinare. Per garantire trasparenza, i commissari sono selezionati attraverso il sorteggio da un gruppo di professori eleggibili.
In un recente lavoro analizziamo la diffusione del favoritismo all’interno del sistema centralizzato di concorsi. (3)I nostri risultati mostrano che legami pregressi tra candidati e commissari hanno un fortissimo impatto sulle possibilità di promozione dei candidati. L’effetto cresce quanto più è forte il legame: la possibilità di promozione di un candidato è del 78 per cento più alta se tra i sette membri della commissione, grazie a un’estrazione fortunata, si trova il loro supervisore o un co-autore. La presenza nella commissione di un collega della stessa università accresce le possibilità di successo del 35 per cento, mentre un legame più debole, come la presenza di un membro della commissione di laurea del candidato, le fa aumentare del 19 per cento.
L’impatto dei legami è (statisticamente) simile nelle scienze naturali, nelle scienze sociali e umane ed è particolarmente alto nelle discipline minori. L’importanza dei legami è commisurata alla rilevanza della qualitàosservabile della ricerca, come misurata attraverso il numero delle pubblicazioni, le citazioni ricevute e la partecipazioni a commissioni di laurea. Per esempio, la presenza di un coautore o di un supervisore nella commissione è equivalente all’aumento di una deviazione standard nella qualità osservata del candidato.

Leggi anche:  L'integrazione delle seconde generazioni passa dal sei in italiano

LEGAMI FORTI E LEGAMI DEBOLI

Perché i candidati hanno più alte probabilità di promozione quando sono assegnati (in modo casuale) a una commissione che già li conosce? In linea di principio, ci sono due spiegazioni. I membri della commissione di concorso potrebbero avere preferenze eterogenee, che comportano forme di parzialità nella valutazione: per esempio, potrebbero favorire i candidati con cui hanno legami perché condividono con loro un’idea su quali siano le aree accademiche più rilevanti, o forse semplicemente per amicizia. (4) Tuttavia, anche le asimmetrie informative possono favorire “l’effetto legame”: in un concorso nel quale possono essere promossi solo pochi candidati, i membri della commissione potrebbero tendere a selezionare quei candidati di cui si può osservare la qualità in modo più accurato. (5) E i membri della commissione hanno le informazioni migliori sulla reale qualità di quei candidati che conoscono personalmente, perché sono nella stessa area di ricerca o per il contributo a studi di cui sono co-autori.
Per distinguere tra le due ipotesi, utilizziamo informazioni sulla produzione scientifica nei cinque anni successivi la promozione. L’evidenza suggerisce che la spiegazione del premio goduto dai candidati con connessioni dipende dalla natura del legame con membri della commissione. Nel caso di connessioni forti, i dati non sono consistenti con la spiegazione dell’asimmetria informativa, almeno nell’ambito della ricerca. I candidati promossi da una commissione che comprendeva il supervisore di tesi, un co-autore o un collega hanno risultati di ricerca peggiori, sia prima che dopo il concorso, rispetto ad altri candidati comunque promossi. Tuttavia, nel caso di legami più deboli, i guadagni di informazione tendono a dominare sulle potenziali distorsioni di valutazione: i candidati promossi che avevano legami più deboli con membri della commissione si dimostrano significativamente più produttivi nel periodo successivo al concorso. Insomma, sulla base dei nostri risultati, i conflitti di interesse dovrebbero essere prevenuti, ma i legami deboli dovrebbero essere ammessi o persino ricercati.
L’introduzione di concorsi centralizzati con un’assegnazione casuale di membri alle commissioni non sembra di per sé capace di evitare i fenomeni di favoritismo. Semmai, sembra introdurre un elemento di casualità relativamente a chi trae beneficio dalle connessioni e a chi alla fine risulta promosso; favorisce anche i candidati con molte connessioni forti, come quelli che provengono dalle grandi università.
Il nostro studio può anche essere visto come un’ulteriore prova della necessità di un cambiamento radicale del modo in cui è organizzata l’educazione di terzo livello nell’Europa continentale. L’analisi di Philippe Aghion e colleghi suggerisce che una combinazione di competizione e autonomia renderebbe più produttive le università europee. Secondo questo punto vista, l’Europa deve muoversi da un sistema di regole verso un sistema di incentivi, dove è nell’interesse delle università assumere e promuovere gli individui più produttivi.
La nostra analisi non dà una risposta su quale delle due alternative – più regole o incentivi – dia i risultati migliori. Tuttavia, mostra i limiti di un sistema di competizione centralizzato dove i commissari (e le università) non subiscono le conseguenze delle loro decisioni.

Leggi anche:  La Dad non è stata uguale per tutti*

 

(1) Si vedano in proposito Perotti, Roberto (2002), “The Italian University System: Rules vs. Incentives”, Isae, Roma; Combes, Pierre-Philippe, Laurent Linnemer and Michael Visser (2008), “Publish or peer-rich? The role of skills and networks in hiring economics professors”, Labour Economics, 15:423-441; Durante, Ruben, Giovanna Labartino, and Roberto Perotti (2011), “Academic Dynasties: Decentralization and Familism in the Italian Academia”, NBER Working Paper #17572.
(2) Aghion, Philippe, Mathias Dewatripont, Caroline Hoxby, Andreu Mas-Colell and André Sapir (2010), “The governance and performance of universities: evidence from Europe and the US”, Economic Policy, 25(61):7-59.
(3) Zinovyeva, Natalia and Manuel Bagues (2012), “The Role of Connections in Academic Promotions”, IZA Discussion Paper #6821.
(4) Come sottolineava Joseph A Schumpeter “è nella natura umana che ciascuno sopravvaluti l’importanza del proprio campo di ricerca e sottovaluti l’importanza di quei filoni che interessano altri”, History of Economic Analysis, London: George Allen and Unwin, 1954, page 20
(5) Cornell, Bradford and Ivo Welch (1996), “Culture, Information, and Screening Discrimination”, Journal of Political Economy, 104(3):542-571.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il punto di forza della scuola italiana? La tutela degli studenti deboli