Lavoce.info

Sulle sigarette un’accisa che fa bene alla salute

La legge di bilancio ha aumentato la componente specifica delle imposte sul tabacco, facendo di conseguenza salire il prezzo dei pacchetti di sigarette. Il nostro sistema di tassazione è però ancora lontano dall’Europa e dalle raccomandazioni dell’Oms.

La tassazione del tabacco

La legge di bilancio ha previsto, partire dal 1° gennaio, un aumento della tassazione delle sigarette, aumentando la componente specifica (l’imposta che si basa sul peso del tabacco e non sul prezzo di vendita) a 28 euro per mille sigarette; dal 2024 la quota salirà poi a 28,20 euro e dal 2025 a 28,70 euro. Se, da una parte, la direzione appare corretta, dall’altra, l’entità risulta ancora largamente insufficiente. Insistere su questo tipo di imposizione rappresenta senz’altro la strada migliore per disincentivare il consumo di prodotti dannosi per la salute individuale e collettiva, ma l’Italia è ancora lontana dall’adeguarsi alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui, dal punto di vista del perseguimento di un obiettivo sanitario, i prezzi delle sigarette tendono a essere più elevati dove più alto è il peso della componente specifica sul prezzo finale. D’altra parte, anche dal punto di vista teorico vi è una maggiore corrispondenza tra prelievo specifico e correzione del danno derivante dal consumo di tabacco.

In linea generale, i motivi che spingono il decisore pubblico a tassare in maniera specifica il tabacco risiedono nei danni che il suo consumo determina nel lungo periodo e che i singoli individui non sono perfettamente in grado di valutare nell’immediato. Emerge dunque la necessità dell’intervento dell’operatore pubblico sul mercato, sovrapponendo – attraverso segnali sul prezzo di vendita – le preferenze collettive a quelle strettamente private. Buona parte della letteratura empirica è infatti ormai concorde nel ritenere che un aumento dell’imposizione fiscale determini sempre un significativo aumento del prezzo e, per questa via, una diminuzione del consumo che dipenderà dal grado di elasticità della domanda. Nella recente letteratura empirica, sembra essere inoltre venuta meno l’idea che, data l’elevata dipendenza creata dalla nicotina, la domanda per i prodotti a base di tabacco sia sostanzialmente inelastica; al contrario, si ritiene ora che la domanda di tabacco sia contraddistinta da una relativa elasticità, soprattutto in orizzonti temporali lunghi, il che giustifica le politiche pubbliche volte a determinare un più alto prezzo di vendita finale.

Leggi anche:  Sanità pubblica tra problemi e narrazioni

Per comprendere il dibattito attuale, è però utile fare un passo indietro ed esaminare le due principali componenti di imposizione che gravano sulle sigarette: da una parte, quella specifica e, dall’altra, quella ad valorem, le cui basi imponibili sono fissate rispettivamente in termini fisici – peso del tabacco – e in termini monetari – prezzo finale di vendita. Le due componenti rispondono, infatti, a finalità profondamente differenti: la componente specifica permette di collegare direttamente l’ammontare dell’imposta alla causa dell’effetto esterno nocivo, come ad esempio il peso del tabacco, e, per questa via, assicura una migliore internalizzazione del danno sociale; mentre la componente ad valorem non instaura un collegamento diretto tra le particolari caratteristiche del bene e l’ammontare di imposta dovuto. La differenziazione tra le due componenti non finisce qui: in mercati non perfettamente concorrenziali, come quello del tabacco, a parità di gettito per lo stato, l’imposta ad valorem assicura in equilibrio una quantità più elevata e un prezzo più basso rispetto all’equilibrio assicurato dalla componente specifica. Se il risultato appare preferibile in un’ottica di massimizzazione del benessere dei consumatori, è altresì vero che, di fronte a questo tipo di beni, per lo stato c’è la necessità di intervenire nella formazione di un prezzo più elevato in grado di segnalare il potenziale pericolo connesso al loro consumo. In un’ottica erariale, infine, la componente ad valorem tende ad assicurare gettiti più elevati rispetto a quanto deriva dall’applicazione della componente specifica.

In linea con quanto raccomandato dall’Oms, non c’è dubbio quindi che la tassazione del tabacco dovrebbe perseguire un obiettivo di correzione delle esternalità negative connesse al consumo di tabacco (attraverso un forte innalzamento della componente specifica) senza essere guidati da ottiche di breve periodo tipiche della componente ad valorem e relative a un maggior gettito immediato.

La tassazione in Italia e nel resto d’Europa

Lo sbilanciamento verso l’imposta ad valorem, nel panorama europeo, rappresenta una peculiarità del sistema italiano. La direttiva europea n. 64/2011, che limita all’interno di un preciso quadro normativo sovranazionale il disegno della struttura della tassazione dei prodotti a base di tabacco, lascia di fatto ampia scelta nel definire la composizione del prelievo tra componente specifica e ad valorem. La figura 1 riporta la struttura del prelievo nei paesi europei ordinati per dimensione decrescente dell’onere fiscale netto di Iva in rapporto al prezzo medio ponderato di mille sigarette. Come si può vedere, l’Italia è uno dei paesi caratterizzati dal minor peso dell’accisa specifica, a cui corrisponde uno dei maggiori livelli della componente ad valorem: fatta 100 l’accisa complessiva, la componente specifica pesa solo per il 10,8 per cento. Casi simili all’Italia sono la Spagna e il Lussemburgo, mentre la Francia, pur mostrando una ripartizione tra le due componenti molto simile, ha un onere fiscale tra i più alti in Europa. Per l’Italia questa caratteristica rappresenta un fatto storico consolidato. Se però il nostro paese era storicamente contraddistinto da una tassazione complessiva tra le più elevate, oggi rientra invece tra gli stati europei con una tassazione modesta, che si traduce, a sua volta, in un basso prezzo di vendita finale (figura 2). Il resto dei paesi europei ha seguito, invece, una dinamica opposta, aumentando progressivamente il peso dell’incidenza dell’imposta specifica.

Leggi anche:  Redditi finanziari nella delega fiscale: novità e un'occasione persa

Figura 1 – Onere fiscale al netto di Iva delle sigarette nell’Unione europea

Nota: l’accisa complessiva (che si intende al netto di Iva, la quale occupa una quota simile nei diversi paesi essendo applicata con aliquota ordinaria) è calcolata sul prezzo medio ponderato ogni 1.000 sigarette (un pacchetto tradizionale conta 20 sigarette). Gli istogrammi riportano il peso percentuale delle due componenti specifica e ad valorem fatta 100 l’accisa complessiva.
Fonte: elaborazioni proprie a partire da dati Commissione europea (i dati sono aggiornati al 1° gennaio 2023 e, per quanto riguarda l’Italia, inglobano gli effetti dell’ultima legge di bilancio)

Figura 2 – Prezzo medio ponderato di mille sigarette nell’Unione europea

Fonte: elaborazioni proprie a partire da dati Commissione europea (i dati sono aggiornati al 1° gennaio 2023 e, per quanto riguarda l’Italia, inglobano gli effetti dell’ultima legge di bilancio) 
 

In conclusione, per comprendere il modesto impatto che gli aumenti previsti dall’ultima legge di bilancio potranno avere sulla struttura della tassazione in relazione agli altri paesi europei, basta dire che questi dati già inglobano il primo incremento previsto per il 2023. Gli sforzi per riallineare il sistema di tassazione italiano al resto dell’Europa e alle raccomandazioni dell’Oms ci sono, ma sono ancora lungi dall’essere sufficienti.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Iup per un cambio di prospettiva nella fiscalità italiana

Precedente

Il Punto

Successivo

Perché l’economia russa non è crollata

  1. Enrico

    Nella tassazione del tabacco e dell’alcol si dovrebbe adottare un metodo attuariale, simile a quello utilizzato per fissare i premi della RCA. Non dovrebbe essere troppo difficile calcolare il costo medio annuo delle cure per le patologie causate dal fumo. Dividendo questo ammontare per la quantità di tabacco consumato in un anno si avrebbe il prezzo da caricare su ogni grammo di tabacco per addossare tutti i costi sanitari a chi fuma. Temo che, in base a questo calcolo, ogni boccata verrebbe a costare una decina di volte il prezzo più elevato praticato in Europa, ma sospetto che neanche questo prezzo scoraggerebbe troppo il consumo di questa ed altre sostanze nocive.

  2. F.Mario

    Io alla proposta di Enrico proporrei, oltre ad un aumento ulteriore della tassazione sui tabacchi, un aumento dlla imposta sugli alcolici, vini compresi, e l’introduzione di una tassazione di scopo sia per il contenuto di glucosio negli alimenti sia per il tenore di grassi saturi.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén