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Antitrust: esenti i lavoratori autonomi “deboli”

Sono tanti i lavoratori delle piattaforme e i free lance formalmente indipendenti e non in grado di negoziare le proprie condizioni di lavoro, in particolare la retribuzione. La Commissione europea ha ora rimosso il divieto di negoziazione collettiva.

La contrattazione collettiva per i gig workers

Il 29 settembre 2022 la Commissione europea ha approvato gli Orientamenti in tema di applicabilità del diritto della concorrenza alla contrattazione collettiva per i lavoratori autonomi in posizione di debolezza contrattuale. Finora per questi lavoratori è stato in vigore un divieto di contrattazione collettiva, in quanto dal diritto dell’Unione sono considerati alla stregua delle imprese. La novità sta nell’esenzione degli accordi collettivi per i lavoratori autonomi in posizione di debolezza contrattuale dalla normativa antitrust (art. 101 TfUe).

Sul punto, con la cosiddetta “eccezione Albany” del 1999, la Corte di giustizia era intervenuta per escludere che gli accordi collettivi violino il regime antitrust quando siano stipulati da coalizioni sindacali essenzialmente per migliorare le condizioni di lavoratori dipendenti: eccezione poi estesa ai “falsi lavoratori autonomi”, che sono stati equiparati dalla Corte ai subordinati. I lavoratori autonomi che vivono principalmente del proprio lavoro e non sono pienamente indipendenti dal proprio committente, o comunque hanno un potere contrattuale ridotto, possono dunque negoziare le proprie condizioni di lavoro anche tramite accordi o aderire ad accordi già negoziati (opt in) per la tutela di diritti quali la retribuzione, premi o gratifiche, ferie, spazi fisici in cui svolgere la prestazione, salute e sicurezza, assicurazione e previdenza sociale, cessazione del rapporto. 

Le opzioni identificate dalla Commissione

Gli Orientamenti indicano tre categorie di accordi collettivi esonerati dal regime antitrust.

Opzione 1: accordi stipulati in favore dei singoli lavoratori autonomi (solo self-employed person) paragonabili ai lavoratori subordinati perché in posizione di dipendenza economica rispetto al committente. Vi rientrano: i lavoratori autonomi allorché almeno il 50 per cento del reddito di lavoro totale in uno o due anni derivi da un’unica controparte; i lavoratori che lavorano “fianco a fianco” con i lavoratori subordinati; i lavoratori che lavorano tramite piattaforme di lavoro digitali, on line e in loco, quando la prestazione è organizzata dalla piattaforma.

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Opzione 2: accordi collettivi volti a correggere lo squilibrio di potere contrattuale con una o più controparti: a) che rappresentino l’intero settore o l’intera industria; b) il cui fatturato superi i 2 milioni di euro, o che abbia almeno 10 dipendenti; c) con più controparti che superino insieme una di queste soglie.

Opzione 3: accordi collettivi conclusi da lavoratori autonomi che riguardano le ipotesi previste di volta in volta dal diritto nazionale per correggere una situazione di squilibrio contrattuale. In questo caso però l’esenzione dalle regole antitrust non può essere automatica: deve essere invece prevista una valutazione dell’organo competente dello Stato membro caso per caso.

Quali conseguenze per l’ordinamento italiano?

Questi orientamenti aprono spazi inediti di negoziazione anche in seno all’ordinamento italiano. La contrattazione collettiva è ora libera di disciplinare a 360 gradi le condizioni di lavoro per categorie quali musicisti, free lance, autisti, traduttori, lavoratori tramite piattaforme digitali o lavoratori appartenenti a professioni finora escluse dalla copertura sindacale. Si apre, nei fatti, la possibilità inedita di un diritto del lavoro a geometria variabile a seconda del grado di protezione ritenuto necessario od opportuno dalle parti sociali per tutelare categorie di prestatori che lavorano fuori dall’impresa, non sono assoggettati a un vincolo di orario e non sono assoggettati al potere direttivo od organizzativo di un datore di lavoro in carne e ossa. Si tratta di persone che versano in una situazione di dipendenza economica o comunque di debolezza contrattuale perché soffrono di asimmetrie informative, o comunque di altri fattori che determinano una distorsione monopsonistica che fa di loro dei price-taker senza forza contrattuale. 

In passato, sia la legge Fornero sia il Jobs Act avevano provato a proteggere i lavoratori autonomi continuativi in posizione di dipendenza economico/organizzativa; ma con risultati pratici ancora insufficienti. Adesso per contrastare il lavoro povero e tutelare i lavoratori atipici ad alto rischio di precarietà la parola passa alla contrattazione collettiva. 

La nostra autorità per la concorrenza non si è mai pronunciata sul tema a differenza di quelle di altri stati (vedi Paesi Bassi per il caso «FNV» relativo a un contratto collettivo di lavoro contenente tariffe minime per prestatori autonomi di servizi) perché per l’unico contratto collettivo italiano che regola il lavoro autonomo dei rider si reputa che si tratti di un caso di lavoratori in posizione di debolezza contrattuale o falsi lavoratori autonomi.

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  1. B&B

    La legge (2 marzo 1949, n. 143 Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dell’ Ingegnere e dell’ Architetto) in vigore fino al 2012, ha regolato i rapporti tra libero professionista Ingegnere / Architetto e la committenza con una chiara tutela delle parti.
    Occorre evidenziare che le attività dei suddetti professionisti, generalmente chiamati a risolvere problemi di alta complessità, rischiosi e difficilmente frazionabili, dal 2012 non hanno piu’ tutele.

  2. Firmin

    Negli ultimi 40 anni i lavoratori autonomi sono diventati sempre meno indipendenti dai committenti. Questa tendenza ha conferito alla forza lavoro un grado di flessibilità/precarietà/ricattabilità forse maggiore delle numerose riforme del mercato del lavoro. Il fenomeno riguarda quasi tutti i paesi, con la parziale eccezione di quelli dove il lavoro dipendente è poco protetto, come nel mondo anglosassone. In Italia le imprese hanno abusato dei rapporti di lavoro atipici per eludere le protezioni (pur decrescenti) dei dipendenti. Il risultato è stato una flessione di tutte le retribuzioni e persino della quota dei redditi da lavoro (dipendente e autonomo) sul Pil. Non credo che le raccomandazioni europee e le sentenze dei tribunali che estendono la contrattazione collettiva agli autonomi riusciranno a ribaltare questo stato di fatto, perché i falsi autonomi hanno uno scarsissimo potere contrattuale, tanto da dover accettare le condizioni vessatorie di un rapporto discontinuo e a progetto/cottimo. L’unica soluzione sarebbe quella di rendere fiscalmente indeducibili le spese per i servizi dei lavoratori atipici, in modo da costringere le imprese ad assumerli come dipendenti, con tutte le tutele connesse.

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