Dopo trent’anni di crescita costante, l’India ha una vivace attività manifatturiera ed è diventata uno snodo importante di commercio internazionale. Potrebbe diventare un alleato cruciale per il raggiungimento di alcune delle priorità strategiche dell’Ue.
Un paese in crescita costante
Nel dibattito sulla riglobalizzazione – cioè l’emergere di coalizioni di paesi fondate su comuni interessi economici e nuove alleanze geopolitiche – un paese guadagna crescente attenzione: l’India. Oggi è già la quinta economia mondiale e presto (entro il decennio) sarà più grande della Germania e del Giappone, terza dietro a Stati Uniti e Cina.
L’India è stata spesso descritta come un’economia del futuro, ma in realtà ha già realizzato una delle storie di crescita più impressionanti del recente passato. È uno dei dieci paesi del mondo che, negli ultimi tre decenni fino alla pandemia, ha raggiunto una crescita media annua superiore al 3 per cento, senza mai scendere al di sotto del 2 per cento di media quinquennale.
L’economia che ha generato questa crescita è cambiata nel corso del processo: i servizi indiani ad alta intensità di capitale umano rappresentano oggi più del 20 per cento del valore aggiunto totale dell’economia del paese e dominano il commercio del settore. Anche le industrie manifatturiere ad alta intensità di competenze e di capitale sono cresciute, mentre quelle ad alta intensità di lavoro hanno ristagnato come quota del Pil nazionale. L’India è diventata, ad esempio, un importante sito di produzione di telefoni cellulari e oggi ha più start-up “Unicorn” del Regno Unito o della Germania.
L’attuale governo indiano ha avviato riforme ambiziose sulla liberalizzazione del mercato del lavoro e sulla semplificazione fiscale attraverso un’imposta nazionale sul valore aggiunto (Iva). L’iniziativa “Make in India” è stata lanciata come programma generale per l’attrazione di investimenti esteri diretti, lo sviluppo delle competenze della forza lavoro e la riduzione dei costi amministrativi delle attività commerciali. Sono stati introdotti incentivi legati alla produzione (Pli) per incoraggiare gli investimenti in attività produttive in settori specifici come i pannelli solari.
Sebbene siano meno della metà di quelli verso la Cina (all’incirca 181 miliardi di dollari nel 2021), gli afflussi di Ide sono quasi raddoppiati nell’ultimo decennio (figura 1) e in percentuale del Pil sono ora superiori alla Cina e alle medie dei paesi a reddito medio e medio-basso. I principali paesi dai quali provengono (ad eccezione del paradiso fiscale delle Mauritius) sono i grandi paesi industrializzati, Italia inclusa (figura 2).
Figura 1 – Investimenti diretti esteri in India dal 2012
Figura 2 – Maggiori investitori in India
Al contempo, l’India è diventata più aperta al resto del mondo: da bassi livelli iniziali, la quota delle esportazioni indiane rispetto al Pil è ora superiore a quella della Cina o del Giappone. Tra il 2007 e il 2019 il loro valore è cresciuto a un tasso più alto di quello della Cina. Anche i suoi partner commerciali sono cambiati nel tempo: se nel 2001 il paese era legato soprattutto all’Europa (figura 3), nel 2011 si era inserito appieno nella comunità asiatica che gravita intorno a Pechino (figura 4), mentre oggi è il motore di una nuova piccola comunità che include l’Arabia Saudita, gli Emirati arabi uniti, l’Egitto e molti paesi ricchi di risorse naturali, inclusa la Russia che dal 2022 è stata progressivamente allontanata dal commercio europeo (figura 5). Oggi l’India è diventata uno snodo importante di commercio internazionale, legato a Pechino, ma al centro di una vera e propria “comunità” di paesi verso i quali esporta; un vero e proprio quarto polo mondiale, centro di un’intensa attività economica e attrattore di capacità manifatturiera.
Figura 3 – Trade communities nel 2001
Figura 4 – Trade communities nel 2011
Figura 5 – Trade communities nel 2021
Un partner fondamentale per l’Ue
Una nuova India sta dunque emergendo, e da tempo. Le rinnovate discussioni commerciali tra l’Ue e New Delhi dal maggio 2021 e il dialogo in corso nell’ambito della “Roadmap to 2025” del partenariato strategico Ue-India offrono all’Unione la possibilità di seguire un nuovo approccio.
L’India è un partner fondamentale per il raggiungimento di alcune delle priorità strategiche dell’Europa:
- dispone di una forza lavoro ampia e in crescita che le permetterà di emergere come uno dei futuri fornitori alternativi di beni manifatturieri, riducendo la dipendenza del mondo (e dell’Europa) dalla Cina.
- ha un fabbisogno energetico in rapida crescita e deve quindi far parte di qualsiasi soluzione realistica alla sfida climatica globale.
- in quanto democrazia più popolosa del mondo, nel cuore della nascente regione indo-pacifica, è un attore critico di stabilizzazione in un sistema geopolitico sempre più fragile.
Cresce dunque l’interesse dell’Europa per l’India, soprattutto per quanto riguarda il commercio e gli investimenti. Il focus dei negoziati commerciali è però basato sull’accesso al mercato e rischia di portare ancora una volta a uno stallo. Un approccio più promettente sarebbe quello di consentire alle aziende europee di avere un ruolo nelle ambizioni di costruire capacità manifatturiere più forti, che è l’interesse attuale dell’India, con il progetto “Make in India”. Ciò offrirebbe alle imprese manifatturiere europee un partner con un enorme mercato interno e la possibilità di diversificare le loro catene di approvvigionamento dalla Cina, una combinazione impossibile altrove.
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