L’Italia è rimasta l’unico grande paese europeo a non garantire il diritto di voto agli elettori fuorisede. Probabilmente non riusciranno a votare neanche alle elezioni europee del giugno 2024. Eppure, basterebbe approvare una legge di buonsenso.

La situazione italiana sul voto ai fuorisede

Ogni volta che l’Italia si avvicina a un grande appuntamento elettorale rispunta, ciclicamente, il tema mai risolto di garantire la possibilità di votare ai cosiddetti cittadini fuorisede, ossia chi si trova lontano dal proprio comune di residenza per motivi di studio o di lavoro. In un paese che alle ultime elezioni politiche del 2022 ha visto il “partito dell’astensionismo” trionfare con circa il 37 per cento dei consensi, si tratta di un problema non più rimandabile.

L’articolo 48 della Costituzione sancisce che “il voto è personale, libero e segreto” e che il suo esercizio non è limitabile se non per “incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indegnità morale indicati dalla legge”. L’articolo 48 è stato poi integrato dal terzo comma, introdotto dalla legge costituzionale n. 1/2000, che ha costituito una circoscrizione Estero per permettere di votare ai cittadini italiani residenti all’estero.

Esistono anche altre eccezioni al vincolo della residenza, ad esempio per chi si trova ricoverato in ospedale o in una casa di cura, i membri del seggio, i candidati alle elezioni, gli ufficiali e gli agenti della Forza pubblica in servizio di ordine pubblico, gli elettori non deambulanti, i militari delle Forze armate e gli appartenenti ai Corpi organizzati militarmente per servizio dello stato, nonché gli appartenenti alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i lavoratori naviganti delle compagnie aeree e marittime che si trovino fuori residenza per motivi d’imbarco.

Per quanto riguarda gli altri elettori fuorisede non esiste un metodo di voto a distanza, ma solamente rimborsi, minimi, delle spese sul costo del viaggio.

Secondo il dettagliato Rapporto “Per la partecipazione dei cittadini: come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto”, pubblicato dal Dipartimento per le riforme istituzionali il 14 aprile del 2022, l’aumento dell’astensionismo elettorale può essere attribuito non solo a coloro che, per protesta o indifferenza, scelgono di non votare nonostante ne abbiano la possibilità, ma anche a coloro che desiderano votare ma non possono farlo. L’astensionismo involontario nasce dal fatto che, per validi e comprovati motivi di varia natura, quasi 5 milioni di italiani vivono fuori dal loro comune di residenza. Di questi 4,9 milioni (pari al 10,5 per cento dell’elettorato), oltre 3 milioni studiano o lavorano a una distanza dal luogo di residenza che richiede un tempo di percorrenza (andata e ritorno) fino a 4 ore, quasi 730 mila tra le quattro e le otto ore, oltre 450 mila tra le otto e le dodici ore e oltre 680 mila oltre le 12 ore di viaggio.

Le modalità applicate nel resto d’Europa

Le modalità con cui estendere il voto ai fuorisede presenti sul suolo italiano sono molteplici. L’ordinamento italiano già permette di votare fisicamente in un luogo diverso e sarebbe possibile estendere il diritto introducendo particolari criteri di domicilio, lavoro o studio equiparando questi elettori a quelli già considerati dalla legge.

La situazione attuale appare ancora più negativa se paragoniamo l’Italia agli altri paesi europei: siamo rimasti l’unico grande paese a non essere organizzato in questa direzione. Le uniche altre due nazioni a non garantire il voto a distanza a lavoratori e studenti sono Malta e Cipro, dove però i viaggi sono molto meno costosi sia in termini di tempo che di denaro, date le ridotte dimensioni delle due isole.

Secondo la ricognizione internazionale pubblicata nel Rapporto del Dipartimento per le riforme istituzionali, dei 19 paesi considerati l’Italia è l’unico che non prevede modalità alternative generali di voto per i cittadini residenti sul territorio nazionale, ma le prevede solo al ricorrere di specifiche condizioni e per particolari categorie.

Tra i paesi considerati, Belgio, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svizzera hanno istituito il sistema di delega elettorale, che permette a un elettore impossibilitato a recarsi al proprio seggio il giorno delle elezioni di affidare a un altro elettore il compito di votare per suo conto e in suo nome.

Il voto per corrispondenza è contemplato, tra gli altri, in Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti. In particolare, in alcuni di questi paesi, tale modalità è riservata esclusivamente ai cittadini che risiedono all’estero (Belgio, Francia, Paesi Bassi e Portogallo), come avviene anche in Italia.

Australia, Canada, Danimarca, Estonia, Norvegia, Portogallo, Stati Uniti e Svezia hanno adottato forme di voto anticipato presidiato. Nello specifico, permettono agli elettori di votare personalmente in anticipo non solo nel proprio luogo di residenza, ma anche presso altri seggi situati al di fuori di esso.

In alcuni paesi come Austria, Germania, Paesi Bassi e Repubblica Ceca, viene offerta all’elettore la possibilità di votare in un seggio diverso da quello di residenza il giorno delle elezioni.

A rischio anche le Europee del 2024

Negli ultimi giorni, la Camera ha dato il suo primo assenso alla proposta di legge che affida al governo la responsabilità di elaborare i provvedimenti attuativi volti a consentire il voto degli studenti e dei lavoratori fuorisede per le elezioni europee e per i referendum consultivi, senza però prevendere l’estensione della possibilità per le prossime elezioni nazionali. Secondo la delega, l’esecutivo potrà disporre di un anno e mezzo di tempo per approvare la normativa, un periodo che si estende ben oltre il 9 giugno 2024, data in cui i cittadini italiani eleggeranno i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Inoltre, la legge delega permette al governo di esercitare funzioni legislative, stabilendo l’ambito, i tempi e i principi da seguire per istituire la nuova normativa.

Secondo l’opposizione, da cui l’iniziativa era originariamente partita, il ricorso alla delega è una tattica per guadagnare tempo e risparmiare alla maggioranza la necessità di confrontarsi con circa 5 milioni di fuorisede che attualmente non possono votare senza fare rientro nel proprio comune di residenza. Di conseguenza, i cinque milioni di elettori che hanno scelto o sono stati costretti a spostarsi lontano dal luogo di residenza rischiano nuovamente di non poter partecipare nemmeno alle prossime elezioni europee, se non investendo ingenti risorse di tempo e denaro.

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