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Un premio Nobel a Claudia Goldin, economista e storica

È davvero lungo il viaggio delle donne verso la parità. Se oggi comprendiamo meglio il nesso tra lavoro, istruzione, famiglia e le ragioni alla base del gender gap tra uomini e donne nel mercato del lavoro è grazie al lavoro di ricerca di Claudia Goldin.

La prima donna a vincere il Nobel da sola

Il premio Nobel per l’economia quest’anno è stato conferito a Claudia Goldin, professoressa di Economia all’Università di Harvard e dottorato dell’Università di Chicago. Claudia Goldin è insieme un’economista del lavoro e una storica (il suo advisor era Robert Fogel, storico economico che a sua volta ha vinto il premio Nobel nel 1993 per i suoi studi sulla schiavitù).

Goldin è la terza donna nella storia ad ottenere un premio Nobel in economia, ma la prima ad ottenerlo da sola. Elinor Ostrom nel 2009 l’aveva vinto con Oliver Williamson ed Esther Duflo nel 2019 con Michael Kremer e Abhijit Banerjee.

La motivazione del premio è per aver contribuito a migliorare la nostra comprensione della partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

L‘importanza della prospettiva storica

La prospettiva storica è davvero uno degli aspetti più originali e stimolanti del lavoro di Goldin sul gender gap e ricorre in molti, se non tutti, i suoi lavori. Nei suoi studi ha svolto infatti un’analisi dettagliata sulle retribuzioni e sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel corso dei secoli.

Il focus della sua ricerca è il nesso tra lavoro, istruzione, famiglia e le ragioni alla base del gender gap tra uomini e donne.

La situazione attuale (diversa ovviamente tra paese e paese) mostra un lento miglioramento della partecipazione femminile di fronte a un veloce avvicinamento dei tassi di istruzione di uomini e donne (in alcuni paesi al sorpasso delle ragazze sia nei tassi di istruzione sia nella velocità di conseguimento dei titoli di studio sia, infine, nel livello dei risultati raggiunti).

Nei suoi studi sulle retribuzioni e partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel corso dei secoli, Goldin ha dimostrato che la partecipazione femminile non ha avuto una tendenza alla crescita negli anni, ma ha seguito una forma a U, con una partecipazione delle donne sposate in calo nella transizione dalla società agricola a una industriale all’inizio del diciannovesimo secolo, seguita da un aumento della crescita del settore dei servizi nel ventesimo secolo.

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Figura 1

La curva a U è uno dei risultati di ricerca più noti di Goldin che contrasta l’idea che il progresso coincida con una maggiore facilità delle donne a partecipare al mercato del lavoro.

Nello scorrere dei decenni ci sono tuttavia importanti fattori che cambiano le condizioni del lavoro delle donne. I fattori che nel tempo favoriscono la partecipazione al lavoro delle donne riguardano le scelte di istruzione, l’impatto della pillola contraccettiva sulla loro carriera e sulle decisioni matrimoniali, l’adozione dei cognomi delle donne dopo il matrimonio come indicatore di status sociale.

La rivoluzione silenziosa

Tutti questi aspetti sono stati analizzati in un articolo dal titolo evocativo: “The Quiet Revolution” (2006) – ovvero la rivoluzione silenziosa che ha trasformato l’occupazione, l’istruzione e la famiglia – in cui Claudia Goldin ha illustrato i fattori più importanti che avevano spiegato il cambiamento storico della partecipazione delle donne al lavoro alla vita sociale.

Che cosa è cambiato nel tempo? In primo luogo, l’orizzonte delle scelte di capitale umano, in quanto la partecipazione al lavoro diventa più continua e più di lungo periodo. In secondo luogo, l’identità. L’occupazione e la carriera diventano non solo fonte di guadagno, ma anche fonte di individualità. Infine, il modo di decidere: le decisioni di lavoro delle donne sono più spesso prese insieme agli uomini e non in modo subordinato a loro.

Ma è nel suo libro più recente “Career and the The Family Women’s Century-Long Journey toward Equity”, del 2021, che tutti questi elementi sono presentati al livello più alto e completo. Nel libro, presentato a Torino il 3 giugno 2022 al Festival Internazionale dell’Economia e discusso da me e Tonia Mastrobuoni, Claudia Goldin offre un’analisi che attraversa 120 anni di storia di donne laureate e delle loro aspirazioni e scelte tra famiglia e lavoro, mettendo in chiaro come lavoro e carriera non siano la stessa cosa.

Per studiare questi cambiamenti segue cinque distinti gruppi e generazioni. Il primo gruppo, che si riferisce a laureate tra il 1900 e il 1919, ha o la famiglia o il lavoro. Le donne del secondo gruppo hanno un lavoro quando iniziano una famiglia. Il terzo gruppo, che si laurea tra il 1946 e il 1965, ha prima una famiglia e poi un lavoro. Il quarto gruppo è il primo che può intravedere la possibilità di combinare una carriera e una famiglia. Infine dal 1980-2000 si rafforzano le aspirazioni di ottenere una carriera e una famiglia, con probabilità di ottenerle.

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Tuttavia, anche se cambiano le aspirazioni di lavoro e famiglia delle giovani laureate, altri aspetti cruciali della società e del mondo del lavoro non sono ancora cambiati. Il modo in cui il lavoro è strutturato e la persistenza di norme sociali rendono difficile coniugare lavoro e famiglia.

Come ha detto Jakob Svensson, chair of the Committee for the Prize in Economic Sciences, capire il ruolo delle donne nel mercato del lavoro è importante per la società intera. Grazie alla ricerca innovativa di Goldin sappiamo molto di più sui fattori alla base delle differenze di genere e conosciamo meglio quali sono le scelte da intraprendere per eliminare il peso delle barriere a questo processo: non sono scelte facili.

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  1. Savino

    Purtoppo credo che nella società di oggi siano proprio mutate le legittime aspirazioni di lavoro e famiglia delle giovani, soprattutto laureate, ed è mutata proprio la prospettiva da cui esse vengono osservate non solo dagli uomini, ma direi, più in generale, dalle generazioni precedenti, le quali nutrono degli incomprensibili e aggressivi pregiudizi. Ecco, più in generale, mi sento di dire che la società di oggi è schiava e vittima dei pregiudizi e delle invidie tipiche delle generazioni precedenti e ciò non permette di avanzare.

  2. aldo

    Certamente un dato positivo aver attribuito il premio a una storica dell’economia, una cosa che credo non accedesse da decenni. Dato positivo ma anche sintomo di una crisi: in un mondo che cambia alla velocità della luce e i cui “confini di interesse” si esendono ovunque, continuare a esaminare “in vitro” (con i famosi “metodi quantitativi”) quello che accade in un centimetro quadrato non serve più a nulla. Di qui l’annaspare della “scienza economica” e dei sui esponenti, alcuni dei quali (i più audaci) si improvvisano esperti di geopolitica, una disciplina che purtroppo improvvisare non si può. Ad ogni modo, auguri e in bocca al lupo.

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