Per il 2023-2024 il riparto dei fondi del diritto allo studio è stato pubblicato in anticipo rispetto al passato. Per eliminare la figura degli idonei non assegnatari di borsa di studio diventano fondamentali il ruolo e gli investimenti delle regioni.

I finanziamenti per le borse di studio

Il 13 novembre è stato reso pubblico il riparto del Fondo integrativo statale (Fis) per il finanziamento delle borse di studio per l’anno accademico 2023-2024. Il riparto è avvenuto in anticipo rispetto agli anni precedenti, quando generalmente veniva pubblicato a inizio dicembre. Secondo il ministero dell’Università e Ricerca, ciò permetterà di assegnare per tempo l’eventuale borsa di studio “contribuendo a dare maggiore serenità al percorso universitario delle studentesse e studenti”.

Secondo i dati a disposizione del Mur, in Italia nel 2021 risultavano 241 mila idonei ma 235 mila beneficiari di borsa di studio. Calabria, Lombardia, Molise, Sicilia e Veneto sono le regioni che in quell’anno non sono riuscite a garantire la copertura totale degli studenti idonei. Nel 2022 il numero di idonei non beneficiari è stato il medesimo; in quel momento furono stanziati 17,4 milioni di euro (di cui 10 milioni recuperati da fondi Piano nazionale di ripresa e resilienza non spesi tramite il Dl energia) per coprire le borse di studio destinate ai circa 6 mila studenti non beneficiari (i cosiddetti idonei non assegnatari).

Il Fis, che si occupa del finanziamento del diritto allo studio a livello centrale, ha stanziato per quest’anno 307,85 milioni di euro, seguendo le indicazioni del Pnrr e dalla legge di bilancio del 2022. Le risorse stanziate sono pressoché invariate rispetto al 2020 con una cifra di 307,83 milioni di euro (figura 1). L’incremento è avvenuto soprattutto tramite Pnrr (+20,8 per cento tra il 2019 e il 2020). I fondi svolgono il duplice obiettivo di aumentare gli importi delle borse e il numero di idonei: il Pnrr si poneva infatti l’obiettivo di raggiungere 300 mila borse entro dicembre 2023. Secondo l’Osservatorio sul Recovery Plan dell’Università di Tor Vergata, siamo distanti da quell’obiettivo, che il governo avrebbe chiesto all’Ue di eliminare.

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Figura 1 – Riparto del fondo integrativo statale, per anno

La ripartizione delle risorse

A parità di risorse stanziate, non tutte le regioni beneficeranno quest’anno dello stesso importo ricevuto nell’anno accademico precedente. Alcune regioni otterranno un importo superiore a quanto avuto nel 2022. Altre, invece, avranno un ammontare inferiore: sono Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Umbria. Delle sperequazioni territoriali connesse ai finanziamenti per il diritto allo studio e ai livelli essenziali delle prestazioni avevamo parlato in un precedente articolo.

Figura 2 – Variazione riparto Fis per regione rispetto all’anno precedente, anno accademico 2023/2024

Pur mantenendo stabili i finanziamenti nell’ultimo quadriennio, è cambiata la percentuale di riparto tra le regioni. Il Fis va inteso come una coperta di dimensioni fisse, da dividersi tra le regioni sulla base del fabbisogno finanziario. Il fabbisogno è calcolato per quest’anno dalla media dei dati degli ultimi tre anni rispetto al riparto precedente, considerando gli studenti idonei, l’importo minimo della borsa di studio, i posti letto assegnati, il contributo per la mobilità internazionale e il contributo per gli studenti con disabilità. Bisogna inoltre considerare le risorse che a partire dal 2022-2023 sono destinate all’aumento del fabbisogno per posto letto, di un’addizionale del 20 per cento delle borse di studio per le studentesse iscritte a percorsi Stem e del 15 per cento per gli studenti economicamente più svantaggiati.

Un’ulteriore problematica che emerge nella stabilità dei finanziamenti è che gli importi annuali delle borse di studio aumentano, in quanto sono indicizzate all’inflazione calcolata sulla base dei prezzi di consumo per anno, mentre non si ha una pari indicizzazione dei finanziamenti statali. Ciò determina, di fatto, un’insufficienza di fondi statali a fronte dell’aumento dell’esborso che sarebbe necessario per la copertura delle borse di studio. Come conseguenza, il rischio è una riduzione nel numero complessivo di borse di studio erogabili.

Osservando il riparto in percentuale tra le regioni nell’ultimo quadriennio non si evince un vero e proprio trend nella redistribuzione delle risorse, se non una graduale riduzione per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Marche, Toscana e Umbria e un aumento di quelle destinate alla Campania, Lazio e Piemonte. In generale, la quota maggiore dei fondi è ripartita a favore di Lazio, Emilia-Romagna, Campania, Lombardia e Sicilia.

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Figura 3 – Percentuale di riparto Fis tra le regioni, 2020-2023

Il ruolo delle regioni

Il decreto di riparto specifica che per la concessione delle borse, le regioni dovranno utilizzare le risorse derivanti dal gettito della tassa regionale, quelle proprie, nonché quelle assegnate nell’ambito del riparto delle risorse Pnrr e Pon tramite ulteriore decreto, e, in ordine ancora successivo, le risorse assegnate nell’ambito del riparto Fis. Per la copertura degli idonei sarà quindi necessario che le regioni decidano di investire risorse proprie a questo scopo. Per legge, la spesa dovrebbe ammontare al 40 per cento di quanto ricevuto tramite il Fis. Le regioni che spendono di più ricevono una quota premiale nel riparto dell’anno successivo.

Grazie all’anticipo nella pubblicazione del riparto, le regioni dovrebbero stanziare le risorse necessarie per tempo, per garantire a tutti il pagamento della prima rata di borsa entro fine dicembre. Senza un adeguato finanziamento regionale, infatti, potrebbero permanere ancora idonei non beneficiari e l’anticipo potrebbe servire solamente ad avvisare gli studenti che non potranno proseguire gli studi con una borsa a loro favore.

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