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Ponte sullo Stretto: una cattedrale nel deserto demografico

La decisione politica di costruire il Ponte sullo Stretto ha preceduto la valutazione sulla sua convenienza o meno. I numeri dicono che si tratta di un’opera con benefici prevalentemente locali, inferiori ai costi che ricadono sui contribuenti italiani.

La valutazione dell’opera arriva dopo la decisione politica

L’analisi costi-benefici della Tav non lo aveva convinto. E, nello scorso maggio, intervenendo al Senato in occasione della discussione del disegno di legge relativo al Ponte sullo Stretto di Messina, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è andato oltre, sostenendo che: “bisogna osare. Se Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci non avessero osato e fossero passati da una commissione costi-benefici, oggi non avremmo quello che hanno fatto loro”.

Vale forse la pena ricordare che in questo caso i “mecenati” involontari sono i contribuenti italiani. L’analisi costi-benefici dovrebbe essere uno strumento a loro tutela. Come dovrebbe essere ovvio, non ogni nuova strada, ferrovia, tunnel o ponte è una buona idea. Dipende da quanto costa, da quante persone la utilizzeranno e da quanti soldi e quanto tempo si risparmiano, oltre che dagli effetti ambientali generati.

Dovendosi rispettare quella che al ministro pare essere solo una fastidiosa incombenza prevista dalla legge, una valutazione è attualmente in fase di redazione.

È paradossale. Prima si decide politicamente che l’opera è da fare, si stanziano i primi fondi e poi la si sottopone a valutazione.

Si dirà che l’opera è stata analizzata per decenni e che ora si tratta di una pura formalità ma, in realtà, così non è. Ad esempio, rispetto alla valutazione del 2001 i costi di costruzione sono lievitati, a prezzi attuali, da 8 a 13 miliardi. Inoltre, le previsioni di crescita economica formulate dall’advisor dell’epoca si sono dimostrate erronee, così come quelle del collegamento ferroviario Torino-Lione e di molte altre opere. Nella ipotesi più conservativa si stimava una crescita annua del Pil pari all’1,8 per cento (3,8 per cento in quello ottimistico) fino al 2012 e dell’1 per cento (2,8 per cento) dal 2012 al 2032. Nello scenario senza Ponte si prevedeva che tra il 1999 e il 2032 il numero di veicoli in attraversamento dello Stretto di Messina sarebbe aumentato del 29 per cento nel caso di bassa crescita e del 129 per cento in quello di crescita alta. Le cose sono andate diversamente: il numero di mezzi, che sfiorava i 4 milioni nel 1991, si era ridotto a 3,4 milioni nel 1999 ed è ulteriormente calato di un milione negli ultimi venti anni.

Figura 1 – Veicoli in attraversamento dello Stretto di Messina

Sulla base dei dati reali di domanda e di traffico e delle più recenti stime di costo, Bridges Research Onlus ha prodotto un’analisi costi-benefici dell’attraversamento stabile dello Stretto.

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Rispetto alla Tav lo scenario di partenza è molto diverso. Nel primo caso esistono già tre collegamenti stabili, gli assi autostradali che connettono l’Italia con la Francia, mentre si vorrebbero portare le merci sul “traghetto ferroviario”. Come dimostra anche l’esperienza della Svizzera, l’obiettivo può essere raggiunto solo con una forte disincentivazione del trasporto su gomma e sussidiando quello su ferro, ossia con l’adozione di misure che, nel caso specifico, determinano un peggioramento del benessere collettivo.

Per lo Stretto di Messina, invece, è fuori di dubbio che il collegamento stabile migliorerebbe le condizioni di trasporto. Inoltre, occorre evidenziare come, pur in calo rispetto al passato, il numero di persone che oggi utilizzano il traghetto tra Messina e Villa S. Giovanni è di circa 9 milioni all’anno, contro meno di un milione di passeggeri sui treni tra Torino e Lione.

Tuttavia, anche per il Ponte il risultato della valutazione è negativo con una perdita di benessere stimata pari a 3,6 miliardi.

Un’opera di interesse locale

Il nuovo collegamento apporterebbe significativi benefici in termini di riduzione del costo generalizzato di trasporto per le province di Messina e Reggio Calabria, che vedrebbero di conseguenza un aumento molto rilevante della mobilità.

Più limitati sono gli effetti per le altre province di Sicilia e Calabria e quasi trascurabili quelli sulle lunghe distanze; per questi collegamenti, infatti, la riduzione di costo è pari a pochi punti percentuali. Al contrario di quanto spesso si racconta, si tratta dunque di un’opera di prevalente interesse locale e non nazionale o, addirittura, europeo.

I principali benefici ambientali sono correlati alla riduzione del numero di spostamenti in aereo tra la Sicilia e il Centro-Sud e al drastico taglio dei servizi di traghettamento tra le due sponde dello Stretto. Le maggiori emissioni di CO2 causate dalla costruzione dell’opera sarebbero compensate in meno di venti anni dalla riduzione di quelle dei mezzi di trasporto: dopo trent’anni di esercizio, la diminuzione cumulata si attesterebbe intorno alle 400 mila tonnellate, equivalente a un calo di 10 mila tonnellate per anno dall’inizio della costruzione, pari allo 0,01 per cento delle emissioni attuali del settore dei trasporti in Italia. 

Parametro determinante ai fini della valutazione complessiva dell’opera è il tasso di crescita della domanda che, alla luce delle attuali prospettive di evoluzione demografica ed economica, si è ipotizzato nullo, il che equivale ad assumere che l’effetto di crescita del reddito pro capite compensi quello conseguente all’attesa riduzione del numero di residenti. In base alle previsioni dell’Istat, nello scenario mediano la popolazione residente a scala nazionale si riduce dell’8 per cento all’orizzonte del 2050 e del 19 per cento al 2070; per il Mezzogiorno il calo è stimato pari al 17 per cento nel 2050 e al 32 per cento nel 2070.

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Figura 2 – Popolazione residente in Italia e nel Mezzogiorno dal 2021 al 2070 – Scenario mediano – numeri indici (2001 = 100)

Il progetto raggiungerebbe il break-even nell’ipotesi di un tasso annuo di crescita della domanda nei prossimi quattro decenni pari all’1,7 per cento all’anno. Considerato che si prevede che la realizzazione del Ponte all’incirca raddoppierebbe i flussi in attraversamento dello Stretto nel primo anno di esercizio, l’ipotesi comporterebbe che tra quarant’anni il numero di persone che lo utilizzerà sarà pari a più di 40 milioni all’anno, valore che appare poco plausibile sia in relazione al trend in declino degli ultimi decenni, sia alle prospettive di evoluzione demografica

Poiché una quota largamente maggioritaria dei benefici dell’opera è attribuibile al trasporto su gomma, è verosimile che nel caso di realizzazione di un Ponte solo stradale il bilancio economico risulterebbe meno negativo.

È diffusa la convinzione che il Ponte, come altre grandi opere, possa essere un volano per la crescita, ma le evidenze empiriche relative sia all’Italia sia all’Europa sembrano contraddire la tesi. Ad esempio, la realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria non ha avuto alcun impatto sulla crescita della Calabria; la città di Napoli ha beneficiato nei primi anni Duemila di un collegamento ad alta velocità con Roma e di ingenti investimenti per la metropolitana, ma il Pil del capoluogo e della provincia è rimasto invariato nella seconda decade di questo secolo. Non vi è evidenza di una ricaduta positiva degli investimenti stradali nelle aree più periferiche d’Europa (mentre vi è una correlazione positiva con la qualità del governo locale) o dell’alta velocità nelle diverse regioni della Francia.

La decisione di realizzare l’opera dovrebbe quindi essere condizionata al manifestarsi di una consolidata situazione di crescita economica e non viceversa.

In questo caso, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato muta radicalmente; la costruzione del Ponte in uno scenario di economia stagnante e di declino demografico si tradurrà, con elevata probabilità, in un’altra cattedrale nel deserto.

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21 commenti

  1. Maurizio Cortesi

    Le osservazioni dell’autore sono rilevanti per come si vuole finanziare quest’opera ma la valenza politica della stessa andrebbe giocata dal governo sul piano istituzionale: la vera contropartita essendo l’abolizione dello statuto speciale della Regione Sicilia e forse la stessa fusione con la Calabria. Lo stesso vale per le ferrovie dove le considerazione dell’articolo mi lasciano perplesso visto che i treni sono certo più ingombranti delle auto nel trasporto sui traghetti e dove appunto lo stato delle ferrovie siciliane dovrebbe essere trasformato proprio a seguito della realizzazione del ponte. E se l’impatto maggiore è comunque locale questo di nuovo dovrebbe suggerire il riordino amministrativo di quella che potrebbe diventare la Città dello Stretto (con tanto di metropolitana di superficie).

  2. Ma tutte queste analisi a che servono se per attraversare uno stretto di mare devi impiegare un’ora che tradotto in km e come se dovessi percorrere 130 km?
    Se i ponti non servono basta abbattere per esempio i ponti sul Po o sul’Adige. Sono solo di interesse locale

  3. Corrado

    Come si fa a non capire,che sono prioritarie tutte quelle infrastrutture,che in Sicilia e in Calabria mancano o sono deficitarie!!!

  4. luciano

    Opere di questa natura mutano il contesto di riferimento. Rappresentano un messaggio di ottimismo. E’ proiezione geopolitica nel Mediterraneo. Ricordo i detrattori che avevano ribattezzato “Autostrada dei soli” la prima grande opera del dopoguerra che ricucì il paese

  5. Io

    Un motivo in più per non lasciare isolata la Sicilia. Il ponte può essere il rinascimento per un nuovo sviluppo

  6. Giuseppe Chimento

    Mai vista un’analisi costi / benefici i cui risultati non fossero noti nel momento in cui si è letto il nome degli autori

  7. Trent’anni fa aveva un senso costruire un opera che accelerava di molto i tempi di percorrenza per il flusso di mezzi su gomma molto più alto di quello attuale. Visto che in prospettiva diminuirà ancora non c’è più la convenienza per gli Italiani e non.

  8. Elisei Arturo

    Per tav Lione-Torino in val di Susa è un assurdo fare viaggiare le merci ad una alta velocita’ quando già esiste un collegamento ferroviario diretto fra Italia-Francia attraverso le Alpi.
    Ponte sullo stretto deleterio impatto ambientale e poco o nullo effetto miglioramento asse Amburgo-Palermo.

  9. Francesco Fortunato

    Penso che attualmente ci sono altri problemi…e che il ponte possa rimandarsi ad altro …momento…e poi sono d’accordo con il prof dell’articolo…non vi è una necessità nazionale…ritengo che altre infrastrutture sono necessarie…

  10. Pignato Giuseppe

    Da siciliano credo che la costruzione del ponte sia un’ opera importante utile e indispensabile.Forse l’ingegnere Ramella non sa cosa significa stare ore ad attendere il traghetto , specialmente in estate, con l’aria condizionata spenta su autobus e treni .E poi a mio avviso, il ponte sullo stretto porterebbe , sicuramente, vantaggi economici a Sicilia e Calabria,ma anche alle regioni del nord , perché si snellirebbe il trasporto merci . Poi se parliamo di costi e benefici allora mezza Italia dovremmo chiuderla. Allora dovremmo chiudere scuole ,ospedali , caserme ed altro ove il numero degli abitanti è molto esiguo e quindi il costo benefici non regge. L’ Ingegnere Ramella la pensi come vuole. Lo scrivente pensa che realizzazione di quest’opera sia fondamentale per rafforzare il legame tra il sud e il nord dal punto di vista economico e culturale. Un’opera che avrebbe risonanza mondiale.

    • Arsenio Stabile

      Questa è pura retorica, per di più argomentata con ragioni prive di fondamenti

  11. Marco Esposito

    La popolazione del Sud era il 36% di quella nazionale nel 1994, quando si programmava di investire nel Mezzogiorno il 45% per consentire il recupero del divario. Quel programma non è mai stato rispettato e il Sud è scivolato al 33% di abitanti con tendenza all’ ulteriore ribasso. Sostenere che nel Sud non bisogna investire perché tanto si sta spopolando significa insistere nell’errore.

  12. Ivan

    L analisi costi benefici non tiene conto del flusso passeggeri merci indotto ovvero causa la mancanza del ponte tutto quel flusso passeggeri merci che attualmente preferisce prendere l aereo e spedire le merci via nave…..
    Inoltre se in Sicilia non esiste nessuna economia come vuoi stimolare una crescita economica se non mettendo a disposizione le infrastrutture?se si vuole creare sviluppo economico infrastrutturale sociale bisogna dotare il territorio delle infrastrutture adeguate e senza il ponte e l alta velocità Salerno Reggio Calabria come si vorrebbe sviluppare visto che l economia è stagnante da 70 anni proprio per la scarsità di infrastrutture?

    • Vito

      Considerazioni giustissime. Purtroppo una parte dell’Italia lavora per dividere il Paese e ha nostalgia dell’Italia degli staterelli. Il ponte è opera strategica al centro del Mediterraneo che stiamo regalando a Grecia e Tunisia in mancanza di seri investimenti. Sulla utile pedemontana veneta e suoi svariati miliardi di costo tutto tace!

      • francesco mario

        Il ponte sullo stretto di mEssina,come dicono i romani, una ciofeca salviniana.Tecnicamente è molto impegnativa, è l’unica certezza sono gli imprevisti.Soprattutto in tempi di vacche magre, con un debito che sfiora i tremila miliardi di euro, l’opera è indispensabile per traghettare….. 10000 utenti al giorno e ….200 treni ( ma dove?).Siamo pragmatici costruiamo le infrastrutture ferroviarie e non , gli ospedali. Pensiamo che qualche giorno fa il magazzino della Calippo in Calabria è stato oggetto di colpi d’arma da fuoco…siamo nel 2024 e nandregheta e mafia non sono state ancora debellate.Non dimentichiamoci che Messina Denaro, irriconoscibile……, ha girato tranquillamente in un paese siciliano senza che alcuno notasse la somiglianza con un super ricercato.

  13. Giuseppe P.

    Da meridionale, dico che sarebbe molto meglio utilizzare i fondi della costruzione del ponte per migliorare le infrastrutture ferroviarie e stradali in Sicilia e Calabria, che versano in un pessimo stato.

  14. Giuliano

    Non ho mai trovato serie considerazioni sulle modifiche dell’asse ferroviario, oggi a livello del mare per imbarco treni sui traghetti, per portarlo alzandosi a livello futuro sul ponte, variando tracciati, livelli e pendenze lato Calabria e Sicilia.

  15. francesco Mario

    Il ponte aveva un senso cinquanta anni fa, oggi con il nuovo modello di sviluppo e le tecnologie,i costi benefici sono negativi. La To-Parigi ha un senso per i tempi e la comodità;parte ed arriva nel centro della città, durante il viaggio si può lavorare e considerando i tempi per raggiungere gli aeroporti e le procedure d’imbarco, sono confontabili.Sia in Sicilia sia in Calabria non è presente una rete ferroviaria degna di questo nome.Non parliamo poi della rete stradale carente in entrambe le regioni per mancata manutenzione.Torniamo al ponte di Messina, uno aspetto non evidenziato a dovere, è il costo della manutenzione del manufatto; quanto ammonterà? Oggi con traghetti bidirezionali e una ristrutturazione dei porti i tempi possono essere ridotti con costi inferiori e po in queste due regioni gli ospedali a quale magnitudo di terremoto sono in grado di resistere?penso che i siciliani e i calabresi preferiscano essere ricoverati in un ospedale resistente piuttosto di avere un ponte a rischio chiusura per condizioni meteo rischiose o per scosse di terremoto significative.

  16. Resto convinto che l’analisi costi-benefici sia uno strumento inefficace per spiegare quanto l’autore sostiene (a mio avviso a ragione). E’ infatti da più di vent’anni che opere dichiarate non convenienti secondo svariate costi-benefici vengono, nonostante questo, avviate a realizzazione. Non può con questo discutersi l’inadeguatezza dello strumento oltre che l’arroganza della politica e il peso di interessi locali? (Incidentalmente, peraltro, il peso maggiore potrebbero averlo gli interessi locali del Nord che cercano di garantirsi mercati delle costruzioni protetti per il Ponte e altre opere). Ad esempio, il calo del numero di veicoli in attraversamento dello stretto, ma anche la riduzione della sua concentrazione in “giornate di punta” (?!)… è un fenomeno che ha goduto di scarsissima attenzione, nonostante i dati della sua ‘figura 1’ – e le ACB su altre opere. Nello stesso trentennio, l’ideologia popolare dello sviluppo economico basata sull’infrastrutturazione trasportistica del territorio è rimasta dominante in Sicilia e in Calabria. Che questo cozzasse con tendenze empiriche ha lasciato i più del tutto indifferenti o ciechi. Non avrebbe allora maggior rilevanza per la politica economica nazionale e regionale smentire che, nei tempi odierni, lo sviluppo economico e sociale possa derivare da un forte investimento in questo tipo di infrastrutture? Anche dai grandi completamenti di reti autostradali c’è poco da attendersi – eccetto il miglioramento delle condizioni di viaggio di un numero stabile o decrescente di utenti -, perché da decenni si è esaurita la spinta di domanda aggregata interna attribuibile all’acquisto della prima e seconda automobile (e a tanta economia corrispondente). Oggi l’automobile è un mercato che dipende da innovazioni tecnologiche radicali (ibrido e sopratutto elettrico) e da soluzioni nuove (noleggio), mentre gli spostamenti su lunghe distanze avvengono con soluzioni differenti rispetto ai viaggi di ritorno degli emigranti – che chi scrive ben conosce. Il significato ferroviario del Ponte, forse l’unico a suo modo sensato, ha anch’esso il sapore di un clamoroso ‘fuori tempo massimo’. E’ invece difficile pensare che non ci siano modi più interessanti di investire, localmente, in Sicilia e in Calabria, l’equivalente del valore economico attuale del Ponte. Tuttavia, senza concettualizzare e ‘visualizzare’ alternative di investimento pubblico, il solo contabilizzare costi e benefici attesi di queste grandi opere del passato sembra proprio un esercizio di scarso impatto sul personale politico. E se la politica è mediocre, anche la popolazione resta imbrigliata in logiche del passato quando non si lavora su prospettive diverse per il presente e il futuro.

  17. Mi sembra di capire che l’autore ritenga che l’utilizzo del ponte non sarebbe sottoposto a pedaggio. E’ da molto tempo che non mi occupo della questione ma ricordo con chiarezza che le ipotesi di gestione prevedevano un pedaggio, anche per contribuire ai costi di manutenzione e gestione da considerare comunque molto elevati. L’ipotesi sarebbe che gli utenti locali ne sarebbero esentati ? Potrei avere qualche chiarimento su questo aspetto?
    Grazie molte
    Costanza Pera

    • E’ così. Nell’acb si è fatta l’ipotesi di un pedaggio nullo (la più favorevole in termini di valutazione della fattibilità economica in quanto massimizza il surplus dei consumatori).

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