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Lo strano caso dell’inflazione italiana

L’inflazione degli ultimi tre anni in Italia è condizionata dall’andamento dei prezzi energetici, ora in calo. Ma Il dato depurato dai prezzi volatili di energia e alimentari si mantiene ancora alto. E per questo i tassi di interesse restano elevati.

Dal picco al minimo

Nell’ottobre 2022 l’inflazione in Italia raggiungeva un picco del 12,6 per cento, ben più alta della media europea. A febbraio 2024, ha raggiunto un minimo dello 0,8 per cento, il secondo più basso tasso di inflazione nell’Unione europea, dopo la Danimarca. Nello stesso periodo, ad esempio, l’inflazione in Germania è risultata pari al 2,5 per cento, al di sopra del target del 2 per cento della Banca centrale europea.

Che cosa spiega l’andamento così variabile dell’inflazione in Italia? A che cosa sono dovuti i due estremi, il picco e il minimo?

La figura 1 mostra il tasso di inflazione primario (variazione nell’indice armonizzato dei prezzi) e la sua scomposizione in (i) inflazione “core” (cioè depurata da prezzi energetici e alimentari); (ii) inflazione nel settore servizi; (iii) inflazione nel settore dei beni commerciabili (incluso energia); (iv) inflazione nel settore manifatturiero escludendo energia e alimentari non processati.

Sono evidenti alcune tendenze. In primo luogo, l’inflazione accelera tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, essenzialmente guidata dalla spinta del settore dei beni commerciabili, che include il peso dei beni energetici. Secondo, nel settore dei servizi rimane più contenuta nella fase iniziale di spinta, ma poi si mostra più persistente nel tempo, replicando l’andamento dell’inflazione “core” (cioè al netto di beni energetici e alimentari). Terzo, l’inflazione nel settore dei beni commerciabili raggiunge un picco nell’ottobre 2022, per poi scendere con una certa rapidità e arrivare, oggi, a valori negativi.

Figura 1 – Inflazione primaria e sue componenti in Italia

Il rialzo dell’indice primario di inflazione nella prima fase è guidato dall’impennata nei beni commerciabili, legata essenzialmente all’andamento dei beni energetici. Che cosa spiega la forte sensibilità dell’inflazione italiana (maggiore della media europea) al rialzo dei prezzi dell’energia? Un’interpretazione possibile è legata alla struttura industriale della nostra economia, caratterizzata da una larga quota di piccole e piccolissime imprese. La ricerca mostra che le piccole imprese, più delle grandi, trasferiscono rapidamente sui prezzi le variazioni dei costi, dovute ad esempio a un incremento di quelli energetici. Le grandi imprese sono invece in grado di diversificare più facilmente gli shock ai costi.

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Simmetricamente, la discesa dell’inflazione italiana fino a valori minimi in Europa è guidata dalla forte contrazione dello stesso indice di inflazione dei beni commerciabili, a sua volta dominato dalla rapida discesa dei prezzi dei beni energetici.

L’inflazione italiana degli ultimi tre anni, dunque, è fortemente condizionata dall’andamento dei prezzi energetici, sia nella fase di accelerazione che nella fase di disinflazione. La figura 2 mostra il dettaglio dell’inflazione a febbraio 2024. Risulta chiaro l’andamento contrastante tra l’inflazione nel settore dei servizi (attestata intorno al 3 per cento) e la deflazione nel settore dei beni commerciabili, guidata dal crollo dei prezzi dei beni energetici.

La forte discesa dell’inflazione in Italia, dunque, è legata a fattori di offerta. La figura 3 mostra una scomposizione dell’inflazione italiana tra shock di domanda e shock di offerta, ottenuta da un modello statistico in cui gli shock di domanda sono identificati come quelli che guidano inflazione e crescita del Pil nella stessa direzione, mentre gli shock di offerta muovono inflazione e Pil in direzioni opposte. La figura mostra come dal 2020 a oggi le componenti di offerta dell’inflazione italiana siano state quantitativamente prevalenti, sia nella fase di decollo dell’inflazione che nella fase successiva di disinflazione.

Figura 2 – Inflazione primaria tendenziale e sue componenti a febbraio 2024

Figura 3 – Componenti di offerta e di domanda dell’inflazione in Italia

Il segnale che arriva dal settore dei servizi

La prevalenza di fattori di offerta nella dinamica dell’inflazione italiana non significa però che tutta l’espansione inflazionistica degli ultimi anni verrà riassorbita con la caduta dei prezzi energetici. La figura 2 mostra che la componente dei servizi è ancora fortemente presente. In questo settore, dominato dai beni non commerciabili come ristoranti, commercio al dettaglio, servizi alla persona e servizi finanziari, la dinamica del costo del lavoro è il motore primario dell’andamento dei prezzi.

La persistenza di inflazione moderatamente alta nel settore dei servizi è un indicatore della diffusione delle pressioni inflazionistiche dal settore dei beni all’intera economia. Ciò avviene attraverso due canali. Prima di tutto, le aspettative di inflazione: il rialzo dei prezzi dei beni energetici stimola facilmente le aspettative di inflazione, dato che tali beni sono consumati con una certa frequenza nel paniere indicativo della popolazione. Secondo, la contrattazione salariale. Di fronte all’ascesa persistente dell’inflazione, lavoratori e sindacati, con un’ottica lungimirante, spingono per revisioni al rialzo dei contratti salariali per proteggere i salari nominali dall’erosione del potere di acquisto.

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Attraverso i due canali (aspettative e rivendicazioni salariali) l’inflazione da offerta che colpisce inizialmente il settore dei beni commerciabili si diffonde al settore dei servizi. Il risultato della sostenuta inflazione nel settore dei servizi è un indice di inflazione “core” ancora elevato e superiore al target di riferimento della Bce. La disinflazione italiana, dunque, è solo parzialmente virtuosa. L’indice di inflazione core mostra che quella fondamentale, cioè depurata dei prezzi volatili di energia e alimentari, si mantiene alta. Un segnale che per l’economia italiana tassi di interesse elevati rimangono per ora una scelta inevitabile.

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Il Punto

  1. Savino

    Viene sottovalutato sempre il peso del consumatore nelle dinamiche di mercato e di formazione del prezzo. I Governi sono stati assenti nella gestione di questa inflazione.
    In Italia, persino le tariffe pubbliche e di beni di uso comune al pubblico sono incrementate. I prezzi degli aerei e dei mezzi pubblici urbani lo dimostrano. I salari sono al palo da oltre 30 anni, senza meccanismi di difesa del potere d’acquisto, e manca la vera concorrenza che tutela il consumatore, il cui status è venuto peggiorato anche dall’assurda uscita dal mercato tutelato di luce e gas.

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