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Superbonus: la nuova stretta colpisce i più deboli

Un nuovo decreto cerca di limitare il costo del Superbonus per le casse dello stato. Nel mirino è ora la cessione del credito per i residenti Iacp o per chi è stato colpito da calamità naturali. L’agevolazione resta invece per le seconde case condominiali.

Due decreti per limitare la cessione del credito

Nel Consiglio dei ministri del 26 marzo è stato approvato, a sorpresa, un decreto legge che ne modifica uno precedente, del 17 febbraio 2023, che, almeno nelle intenzioni del governo, avrebbe dovuto limitare l’emorragia finanziaria dovuta al superbonus.

L’idea era che il continuo e incontrollato aumento delle spese da Superbonus fosse dovuto soprattutto alla possibilità di cessione del credito. Con il decreto del 17 febbraio, si decise quindi di mettervi fine. Tuttavia, il decreto poi convertito in legge conteneva varie eccezioni. Ad avviso di scrive, quella più rilevante in termini di finanza pubblica è relativa ai condomini. Infatti, il divieto di cessione non riguardava i condomini che avevano presentato la Cila (comunicazione di inizio lavori asseverata) in seguito a delibera assembleare prima della data di entrata in vigore del decreto. Dal provvedimento inoltre erano escluse le Iacp, cooperative di abitazione a proprietà indivisa e associazioni non lucrative e gli immobili soggetti a eventi sismici e alluvionali.

L’agevolazione per i condomini

Dai dati Enea gli investimenti ammessi a detrazione nel maggio 2023 (ultimo mese in cui può essere presentata la chiusura di lavori terminati in febbraio) risultavano essere 68 miliardi. Tuttavia, a febbraio 2024 il totale è superiore di 43 miliardi. Di questi ultimi quasi, 40 sono dovuti ai condomini. L’aver dato la possibilità a quelli che avevano presentato la Cila prima del 17 febbraio di accedere alla cessione del credito e in più alla detrazione del 110 per cento nel caso in cui la Cila fosse stata presentata prima del 31 dicembre 2022, dietro delibera assembleare fatta entro il 18 novembre, ha diluito parecchio gli effetti del decreto. Nessun limite era poi stato posto per le case condominiali che non fossero di residenza. Per avere un’idea delle cifre in gioco, si tenga conto che le abitazioni in condominio in Italia sono il 70 per cento del totale e le seconde case sono più del 26 per cento.

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Il decreto del 26 marzo 2024 non ha comunque modificato la possibilità di fruire della cessione del credito per coloro i quali avevano presentato la Cila prima del 17 febbraio 2023. Rimane quindi ancora aperta la possibilità che ci siano condomini con diritto alla cessione del credito. Quanti sono? Il problema non è di poco conto visto che la quota di case condominiali in Italia rappresenta di gran lunga la maggioranza del totale delle abitazioni. Ci potrebbero essere in teoria condomini che non hanno ancora iniziato i lavori, ma che hanno diritto alla cessione del credito. L’impatto sui conti pubblici però dovrebbe essere comunque più limitato rispetto al 2023, perché nel 2024 si potrà fruire di una detrazione del 70 per cento.

Le categorie escluse

Il decreto attuale agisce su alcune eccezioni che furono introdotte in sede di conversione in legge nel 2023. Lo strumento della cessione del credito dovrebbe servire per far sì che coloro i quali non sono capienti possano fruire dell’agevolazione concessa. Nella fase parlamentare, si pensò quindi di mantenere questa possibilità ed escludere dal provvedimento i casi di contribuenti poco abbienti, come potrebbero essere i residenti delle case Iacp o chi si trova in gravi difficoltà economiche perché colpiti da importanti calamità naturali.

Ora, il governo ha deciso di eliminare l’agevolazione per queste categorie. Tuttavia, le case Iacp sono meno del 4 per cento del totale delle abitazioni in Italia. Coloro che vi risiedono, così come coloro che si trovano in situazione di bisogno perché colpiti da calamità naturali, non hanno ovviamente capienza per detrarre le spese per ristrutturazione. La conseguenza è che queste case, probabilmente quelle che più necessitano di essere ammodernate, rimarranno nella loro attuale condizione.

Sarà questa la soluzione per le finanze del paese? Non sarebbe forse meglio pensare di eliminare dalla fruizione dell’agevolazione le seconde o terze case e modulare lo sconto a cui si ha diritto in funzione del reddito? Il tutto probabilmente dovrebbe essere fatto ripensando alla stessa struttura della sovvenzione, che da detrazione potrebbe essere trasformata in trasferimento diretto, eliminando la costosa necessità dell’intermediazione bancaria (qui e qui).

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  1. Savino

    Non si doveva mai procedere con la cessione del credito o con lo sconto in bolletta, erano inevitabili truffe e speculazioni, nonchè un mercato sulle costruzioni edili drogato. Chi vuole queste migliorie se le deve pagare di tasca propria, poi sarà l’Erario ad accertare se si ha il diritto ad un rimborso (che non può essere 110%). Intervenga anche la Corte dei Conti per il pesante danno erariale.

  2. Enrico

    Chi ha paura della cessione dei crediti fiscali? Negli Usa è una pratica comunissima da sempre e nessuno si lamenta. È perfino alla base del recente piano straordinario di ripresa IRA. È uno dei pochi strumenti per fare accedere ai benefici fiscali chi non ha “capienza” o liquidità, ovvero i più poveri. Le pochissime truffe legate al superbonus (meno del 5%) non dipendono dalla cessione, ma dall’abuso delle agevolazioni, che può essere facilmente verificato e perseguito, anche grazie ai controlli previsti per questa misura, che non trovano riscontro quasi in nessun altro caso. La cessione è pacificamente accettata per l’ industria cinematografica e perfino per i videogiochi, non vedo perché bloccarla per la sola edilizia. Mi sembra che cessione e bonus edilizi siano il classico capro espiatorio per politiche fiscali insensate (dai supercondoni ai regimi superagebvolati per gli autonomi) che producono strutturalmente voragini nei conti.

    • Savino

      In Italia storicamente queste cose hanno generato solo crack finanziari e bolle speculative.

      • Angelo

        Mi si stringe il cuore nel pensare a tutti quei poveri proprietari di casa che continuano a vedere ridursi il loro sacrosanto diritto di far pagare la ristrutturazione della loro abitazione a tutti gli altri cittadini. Non capisco cosa aspetti la politica a mettere una tassa a tutti i ricchi che preferisco vivere in affitto e distribuirne i proventi ai poveri proprietari di casa.

    • Mahmoud Abdel

      Chi risulta incapiente a fini IRPEF non è per forza povero, appare povero. Se è incapiente ai fini IRPEF ma ha la proprietà di un immobile e vi fa lavori di ristrutturazione allora il fatto che il suo intero nucleo familiare sia effettivamente povero diviene molto remota. Questo senza considerare che tra i diritti dei poveri quello di ristrutturarsi la casa di proprietà non è di certo tra i fondamentali.

  3. GIOVANNI VERGERIO

    I bonus finora si sono dimostrati fra gli strumenti più efficaci per stimolare gli investimenti di efficientamento energetico nell’edilizia al pari di altri strumenti come il conto energia per il fotovoltaico e i titoli di efficienza energetica nell’industria. In tutti questi casi ci sono state situazioni ( vere o presunte ) di eccessiva onerosità per il sistema. Nel caso del fotovoltaico a pagare oltre 100 Miliardi sono stati gli utenti elettrici e non lo stato . Gli interventi correttivi ?? normalmente sono stati del tipo uccidere la gallina dalle uova d’oro cioè eliminare il problema senza sostituirlo con altri strumenti di buona efficacia ma meno onerosi per la comunità. Purtroppo chi si trova ad affrontare un problema creato da governi precedenti magari con ottime intenzioni preferisce buttarla in politica facendo magari dei danni piuttosto che cercare delle soluzioni migliorative, così strumenti che potevano funzionare molto bene con opportuni interventi di correzione sono stati abbandonati e sostituiti con proposte o ipotesi di proposte molto costose come come le sovvenzioni dirette dello stato per gli interventi in edilizia o senza efficacia dimostrabile come le aste per l’efficienza energetica.
    I bonus che stimolano l’investimento privato (quindi non tipo 110) , in edilizia sono insostituibili : si tratta solo di trovare il giusto compromesso fra costi riconosciuti ( adeguati al mercato in tempo reale) e tempistiche di recupero mediante crediti di imposta ( non più di 5 anni per i piccoli privati). Dato che l’edilizia rappresenta uno dei maggiori settori bisognosi di efficientamento è necessario pensare anche a strumenti che permettano di coinvolgere le grandi strutture residenziali abitative e di servizi esistenti stimolando l’investimento privato dei proprietari facilitando gli incapienti e/o quello dei gestori delle strutture.

  4. bob

    in questi interventi nessuno accenna all’impressionante inutile burocrazia prodotta foriera ad impicci e imbrogli. Funzionale solo al politico di turno e alla miriade di personale degli uffici.
    Si sarebbe ottenuto un risultato simile e migliore con un riconoscimento del 90 % e una burocrazia chiara e non polverosa
    I ” pasti a gratis” non esistono e sono una cattiva educazione

  5. B&B

    Per incentivare l’intervento edilizio, sarebbe stata sufficiente la detrazione fiscale totale della fattura dal reddito lordo di ciascun lavoratore persona fisica proprietario reale e non fittizio di immobile.

    Fattura pero’ corrispondente a tabelle con costi per lavori pre-definite e programmate, senza possibilità di detrarre aumenti rispetto ai detti valori.

    Evidentemente, con la legge senza verifiche opportune, si volevano coprire i truffatori, istruiti, secondo me, da chi conosceva bene il meccanismo.

  6. Alessandro

    Poche correzioni, visibili a chiunque, non capisco come “ai piani alti” nessuno si sia reso conto:
    – Settare un limite massimo per immobile
    – Consentirlo solo per le prime case
    – Avere dei prezzi massimi in base all’impianto – lavoro effettuato (€/mq – €/kW)
    – Ridurre la percentuale del credito al 50 – 60%
    – Escludere la parte ricca di popolazione (se il tuo reddito è oltre una soglia, oppure hai un conto corrente bello carico…. perché la comunità dovrebbe aiutarti??)

    Ed ultima, ma non meno importante, le case con il superbonus dovrebbero pagare nei 10 anni successivi una tassa aggiuntiva, una specie di IMU-superbonus o ICI-superbonus che restituisca alla comunicata parte dei risparmi che quella casa stessa sta ottenendo grazie agli interventi pagati dalla comunità?

    Con queste piccole correzioni, non solo il costo complessivo è ridotto ma soprattutto gli investimenti andrebbero verso quelli immobili che hanno un impatto sulla vita della comunità….
    Investire sulla ristrutturazione delle case a mare per farne BnB non mi sembra strategico.

    Ma siamo italiani… a noi piacciono le “cavolate a passaggio a livello”… se passi prima che si chiudano le sbarre fai il botto, altrimenti… ti tieni il cerino… poi si sono quelli che hanno cercato di passare all’ultimo… per quelli c’e’ il treno che sta passando a ripulire tutto.

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