Niente più dati trimestrali sul numero degli abbonati: la decisione di Netflix ha colto di sorpresa gli analisti. Ma è coerente con il nuovo modello di business, nel quale la pubblicità diventa sempre più centrale. Allargando il campo della competizione.

Un nuovo record e una scelta a sorpresa

Dopo una fine d’anno con il botto (vedi qui), Netflix continua a collezionare trimestri da record con altri 9,3 milioni di nuovi abbonamenti registrati nei primi tre mesi del 2024, portando così il totale delle sottoscrizioni a livello globale alla ragguardevole cifra di quasi di 270 milioni.

I risultati superano ancora una volta le attese, ma a fare notizia è soprattutto la decisione del leader mondiale dello streaming di non dichiarare più il numero di abbonati, a partire dal prossimo trimestre.

Una decisione che ha sorpreso un po’ tutti, a cominciare dagli analisti, che si sono chiesti le ragioni della scelta, proprio in un momento di grande espansione e ripresa, successiva ai segnali di crisi del primo periodo post-Covid.

La prima risposta, che è anche quella più semplice, è che si è trattato di un modo per anticipare un prevedibile rallentamento degli abbonamenti, una volta che l’impennata dell’ultimo anno sarà terminata. Gli ottimi risultati raggiunti in questo periodo sono infatti frutto della capacità di Netflix di adeguarsi ai cambiamenti: la piattaforma è stata la prima a cercare di rispondere alla contrazione degli abbonamenti di tutti i servizi in streaming a pagamento, attraverso la stretta sulla condivisione degli account.

Terminati i benefici di tale decisione, è dunque chiaro che bisognerà trovare un nuovo catalizzatore per continuare a massimizzare gli abbonamenti. E il timore è che ancora non sia stato trovato.

Come cambia lo streaming con l’ingresso della pubblicità

Una seconda corrente di pensiero, che appare più condivisibile, è che la decisione sia invece la naturale conseguenza del cambiamento del modello di business, in conseguenza della crisi del modello a pagamento (Svod) e collegata, come la precedente, ma in maniera più strutturale, alla ricerca di nuove fonti di ricavo, mediante la pubblicità.

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Infatti, l’adozione di un piano pubblicitario è finalizzata sia all’incremento di nuovi abbonati, sia a incoraggiare coloro che sono stati espulsi dai piani a pagamento, come appunto nel caso della condivisione degli account, a passare al piano con pubblicità.

Vale non solo per Netflix, ma per tutto il mondo dello streaming online. Netflix non è oggi l’unica piattaforma di streaming ad aver diversificato le proprie entrate. Tutti i suoi principali concorrenti (Disney+, Amazon Prime Video, Warner Bros. Discovery), esclusa solo Apple tv+, offrono ora ai clienti un piano pubblicitario. E in questa chiave, le sottoscrizioni rappresentano solo una componente della crescita.

In altre parole, la tendenza è a non riferirsi più ai propri clienti solo in termini di abbonati, ma come parte di un’equazione complessiva dei ricavi, in cui la pubblicità diventa una parte sempre più importante del modello.

Il mercato dell’attenzione

Si tratta in qualche modo di un vero e proprio cambio di paradigma, poiché nel modello a pagamento ciò che conta, oltre e ancor più che acquisire nuovi abbonati, è trattenerli, riducendo il tasso di abbandono (churn), indipendentemente dal tempo che trascorrono sulla piattaforma. Con la pubblicità invece, diventa centrale il tempo che l’utente passa a vedere i programmi o i contenuti (serie, film o altro), perché è su questi che viene valorizzata la risorsa pubblicitaria.

Si passa, in altri termini, a un modello dove il tempo di visione – e di conseguenza il mercato dell’attenzione – diventano centrali nelle strategie anche di un operatore originariamente a pagamento come Netflix (e di tutti i suoi principali competitor).

In questa chiave, la decisione di non comunicare più trimestralmente il numero degli abbonati sembra far parte di una strategia complessiva che punta sempre più a valorizzare la componente pubblicitaria e a trasformare anche il mondo dello streaming in un più ampio ecosistema, accrescendo la complessità e la reciproca interdipendenza tra quelli che un tempo erano mercati distinti.

Questi nuovi soggetti, i fornitori di servizi di video streaming, a cominciare dal suo leader Netflix, competono ormai a tutto campo, anche in termini di risorse, non solo con i tradizionali operatori lineari (Rai, Mediaset, Sky), ma anche con le piattaforme internet di condivisione video (You Tube), i social media (Facebook), i video giochi, per la conquista del tempo del consumatore, la vera risorsa scarsa per poter avere successo nel sempre più ampio e più competitivo mercato dell’attenzione.

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L’aggiornamento costante sul dato degli abbonati risulta così meno rilevante che in passato per un operatore che sta cambiando la propria natura e trasformando il suo modello di business.

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