Le prenotazioni degli incentivi per l’acquisto di nuove auto elettriche hanno superato le aspettative. Ma è presto per dire se la misura riuscirà a raggiungere tutti gli obiettivi che si prefigge. Per ora, non limita la crescita del parco veicoli circolante.
Un successo sorprendente
Il boom nelle prenotazioni dei rimodulati incentivi per l’acquisto di nuove autovetture elettriche ha colto tutti di sorpresa, a cominciare dalle testate automobilistiche che, nei mesi di dettagliate anticipazioni, non avevano mai ipotizzato una corsa all’accaparramento. Del resto, nel 2023, quasi il 50 per cento delle risorse stanziate per favorire l’acquisto di auto elettriche è rimasto inutilizzato e ancora peggio è andata nel 2022, con oltre il 60 per cento.
Prima del 3 giugno 2024, gli unici incentivi prenotati (ed esauriti) in tempi rapidi in questo campo erano stati quelli destinati alle auto di qualsiasi alimentazione purché con emissioni di anidride carbonica (CO2) comprese tra 61 e 135 g/km e prezzo inferiore a 42.700 euro. Invero, le prenotazioni delle auto tradizionalmente più apprezzate dagli italiani non hanno deluso neppure stavolta: nel giorno del debutto sono stati richiesti 70 milioni di euro di incentivi. Un risultato offuscato però dall’inaspettato exploit nelle prenotazioni per le auto elettriche. I 201 milioni di euro disponibili sul fondo destinato agli acquirenti di auto a emissioni zero sono stati interamente richiesti in una giornata lavorativa. Alcuni si interrogano sulla congruenza tra stanziato e disponibile, e sulle (eventuali, ulteriori) risorse rimodulabili, intanto però per la prima volta hanno diritto al beneficio pure alcuni modelli ibridi ricaricabili, perché con emissioni al di sotto dei 20 gCO2/km.
Importi generosi e da tempo annunciati
Gli incentivi per l’acquisto di auto nuove sono in vigore dal 1° gennaio 2024; eppure nei primi cinque mesi dell’anno gli italiani hanno prenotato il 100 per cento delle risorse destinate all’acquisto di auto con emissioni tra 61 e 135 gCO2/km, il 3,5 per cento di quelle stanziate per le ibride plug-in e il 12 per cento di quelle per le elettriche. Sono le rimodulazioni introdotte con il Dpcm 10/5/24 che hanno portato ad aumenti esponenziali nelle richieste. Nel caso delle auto a emissioni zero si è passati da prenotazioni medie orarie di 7.500 euro nei primi cinque mesi dell’anno, a oltre 20 milioni all’ora il 3 giugno. Si tratta di numeri sorprendenti, frutto però di un cambiamento dettagliatamente preannunciato. Infatti, sebbene presentati ufficialmente dal ministro Adolfo Urso il 1° febbraio, tutti i portatori di interesse conoscevano da inizio anno le cifre esatte dei nuovi incentivi.
Figura 1 – Confronto contributi per le auto elettriche (classe di emissione 0-20 gCO2/km) prima e dopo il Dpcm 22/5/2024
Nel caso delle elettriche, si sapeva che l’incentivo base, con e senza rottamazione, sarebbe raddoppiato: 6 mila invece di 3 mila euro nel primo caso; 10 mila (in media) invece di 5 mila nel secondo (figura 1). Era altresì noto che gli importi avrebbero subito un ulteriore aumento del 25 per cento qualora il richiedente risultasse avere un Isee inferiore a 30 mila euro; del 100 per cento per taxi e Ncc. E si sapeva che i nuovi incentivi non avrebbero trascurato nessuno, neppure le persone giuridiche, riammesse in toto tra i possibili beneficiari, per elettriche e plug-in.
Unico caveat, e quindi unico rischio, rientrare tra gli aggiudicatari delle risorse stanziate. Di qui l’attesa (prima) e la corsa (poi). Nei mesi scorsi, secondo una prassi ormai consolidata, sono stati raccolti ordini al buio, anche posticipando acquisti e depotenziando il vecchio schema. Cosa che sembrerebbe trovar conferma nell’andamento delle immatricolazioni. Nel confronto con il 2023, infatti, le auto elettriche targate nei primi mesi del 2024 segnano una flessione di oltre 18 punti percentuali (in controtendenza con il dato generale del +3,4 per cento).
Attenzione agli effetti non di breve periodo
L’effettivo successo della misura potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, quando le autovetture verranno immatricolate e, ancor meglio, il prossimo anno quando si potrà quantificare l’impatto sul parco circolante. Adesso si tratta semplicemente di contratti siglati che dovranno diventare targhe entro 270 giorni dalla prenotazione degli incentivi; quindi, entro febbraio 2025.
Va inoltre ricordato che il Dpcm 20/5/2024 si prefiggeva molteplici scopi (spingere l’acquisto di autovetture elettriche, decarbonizzare il parco circolante e risollevare la produzione nazionale di autovetture) e ogni valutazione non ne potrà prescindere. Nell’attesa possiamo azzardare qualche riflessione.
La prima. Per pareggiare la performance del 2023, dovrebbero essere immatricolate mediamente 6.500 auto elettriche al mese fino a fine anno: il 55 per cento in più dell’attuale media mensile 2024, ma solo l’11 per cento in più della media mensile 2023. Un risultato non solo probabile, ma da considerarsi minimo. Tuttavia, se anche fosse più che doppio, sarebbe comunque (ben) lontano dai volumi necessari a garantire una presenza delle motorizzazioni elettriche nel parco italiano coerente con l’obiettivo contenuto nella proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia clima (Pniec): 4,3 milioni di vetture circolanti. Per raggiungerlo sarebbe infatti necessario immatricolare mediamente 50 mila auto elettriche ogni mese di qui a dicembre 2030. Un valore che se teoricamente fosse coperto con l’attuale schema di incentivazione richiederebbe – lo riportiamo solo per amor di conto – lo stanziamento di qualcosa come 400 milioni di euro al mese per i prossimi 80 mesi.
In secondo luogo, stando alle prime verifiche effettuate dal ministero del Made in Italy, (solo) il 40 per cento delle prenotazioni dei fondi destinati alle auto a emissioni zero (allo scarico) è stato legato alla rottamazione. Ma per contribuire a decarbonizzare il parco (e più in generale per ridurre le esternalità negative collegate alla mobilità privata), le nuove auto devono sostituirsi a quelle in circolazione.
Per cambiare il parco bisogna fermarne la crescita
Qui purtroppo le cose si complicano alquanto: aggiungere un’auto a quanto già in uso non contribuisce in alcun modo a ridurre le emissioni.
La figura 2 illustra l’apporto addizionale delle immatricolazioni (elettriche e non) rispetto al parco in circolazione a fine 2016. Nonostante un quinquennio di incentivazioni il saldo tra auto che entrano ed escono dal parco circolante continua a essere favorevole alle prime.
Figura 2 – Parco circolante nel 2016 e scomposizione dell’incremento tra alimentazioni elettriche e non
Per continuare a sperare di poter raggiungere i traguardi che Italia e Ue si sono prefissate, sono necessarie misure che contribuiscano a contenere (quantomeno) la crescita del parco veicoli. In quest’ottica, crediamo che si avvicinino i tempi per legare obbligatoriamente gli incentivi alla rottamazione, indipendentemente dal tipo di auto acquistata, e stando pure attenti a non distruggere autovetture ancora efficienti.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Giacomo
Molto interessante l’analisi sugli obiettivi. Vedo però un problema concettuale: si assume che tutte le auto facciano gli stessi chilometri ma così non è. Molte auto vecchie fanno pochissimi chilometri (sono anziani che fanno la spesa o poco più) mentre altre più nuove ne fanno tantissimi (ad esempio i taxi). Per cui a volte può avere un maggiore impatto ecologico se l’auto nuova la compra un tassista che un anziano.
B&B
Comprare un ‘auto elettrica, è già stato dimostrato, significa aumentare l’emissione di CO2 nel complesso produttivo e manutentivo.
Purtroppo l’arricchimento facile che solo la politica puo’ favorire , sia direttamente che indirettamente attraverso roialty spesso nascoste, porta a scelte senza guardare l’interess dei cittadini che spesso disinformati pagano.