Al bando Pnrr del 2021 per le mense scolastiche avevano partecipato pochi comuni meridionali, benché fossero le zone dove più c’era bisogno di incrementare il servizio. Ora, invece, c’è stato un cambiamento di rotta, che ha varie interpretazioni.
Assegnazione delle risorse e valore dei progetti presentati
La linea di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il potenziamento degli spazi per le mense, finalizzata ad aumentare l’offerta di istruzione a tempo pieno e finanziata per 960 milioni di euro, aveva dato nello scorso biennio risultati deludenti in termini di adesioni e di riduzione dei divari nella disponibilità di queste infrastrutture.
Su quest’ultimo punto, il decreto 343/2021 aveva previsto un riparto regionale delle risorse basato, per il 40 per cento, sul gap della dotazione infrastrutturale, che aveva portato all’assegnazione del 57,7 per cento delle risorse complessive (346 milioni in valore assoluto, colonna C della tabella 1) al Mezzogiorno (colonna G).
Tuttavia, il valore dei progetti presentati dai comuni meridionali non aveva superato i 175 milioni (colonna D).
La debacle ha determinato, nel riparto a posteriori, un ribaltamento delle quote effettivamente fruite dalle due circoscrizioni, con il Mezzogiorno che ha finito per attestarsi poco al di sopra del canonico 40 per cento.
Le cause della riduzione sono riconducibili ai comuni delle regioni Basilicata, Campania e Sicilia, che hanno presentato richieste per i soli 41, 38 e 15 per cento delle somme a loro disposizione, mentre le altre regioni meridionali hanno beneficiato di fondi superiori alle rispettive assegnazioni iniziali, senza, tuttavia, riuscire ad assorbire l’intera “quota Mezzogiorno” (colonna F). Il residuo delle risorse inutilizzate è stato così assegnato ai comuni del Centro-Nord fino a esaurimento delle loro istanze.
Diversi motivi sono stati addotti per spiegare la deludente performance dei comuni meridionali: le difficoltà a partecipare a procedure competitive, a causa della limitata capacità amministrativa; la scarsa sensibilità al tema da parte delle istituzioni locali; la percezione di una ridotta priorità e domanda da parte dei potenziali utenti.
Il nuovo bando
In questo contesto si è inserito il recente decreto 133/2024, che regola l’assegnazione dei 515 milioni di euro ancora disponibili per il Piano mense del Pnrr.
A differenza del passato, il decreto non introduce riparti regionali a priori con criteri basati sul fabbisogno, limitandosi a prevedere la consueta clausola di riserva del 40 per cento delle risorse per il Mezzogiorno.
In pratica ai comuni di ciascuna regione meridionale non è stato riservato un generoso plafond di risorse inizialmente inaccessibile ai comuni delle altre regioni, come in precedenza.
Al contrario, i comuni meridionali hanno dovuto affrontare una procedura competitiva per accedere alle risorse nell’ambito di un’unica graduatoria nazionale. Il solo “vantaggio” a loro favore è consistito nella previsione, tra i criteri di valutazione dei progetti, del tasso di disagio negli apprendimenti relativo all’istituzione scolastica interessata e misurato sulla base dei dati Invalsi.
I risultati del nuovo bando sono riassunti nella tabella 2, che riporta le risorse assegnate ai comuni di ciascuna regione, mostrando un più che positivo 63,1 per cento a favore di quelli meridionali, percentuale superiore al 57,7 definito nel 2021 in base al criterio del gap infrastrutturale.
Il bando è pertanto riuscito a proporre una ripartizione delle risorse più coerente con il criterio perequativo del (maggior) fabbisogno, nonostante l’assenza di particolari vincoli al riguardo.
Abruzzo, Molise, Sardegna, ma soprattutto Calabria e Puglia accedono a una percentuale di risorse sensibilmente superiore a quella di cui avrebbero goduto applicando il criterio del divario infrastrutturale (confronto tra colonna C della tabella 3 e colonna G della tabella 1).
Le altre tre regioni del Sud si collocano al di sotto di quella percentuale, come nel precedente bando. Appaiono tuttavia incoraggianti i miglioramenti dei tassi di accesso alle risorse di Campania e Sicilia, con quest’ultima che raddoppia la percentuale di quelle ottenute in passato.
Il dinamismo dei comuni è desumibile anche dalla dimensione dei progetti non finanziati per mancanza di risorse (fattispecie che non si era realizzata nel precedente bando), pari a 126 milioni, di cui ben il 55 per cento ascrivibile al Mezzogiorno (tabella 3).
La circostanza che la percentuale di progetti ammessi dei comuni meridionali sia superiore a quella relativa agli esclusi, così come le minori differenze sui progetti non ammessi, fra le regioni delle due circoscrizioni nei tassi di disagio Invalsi lasciano presupporre che il punteggio legato a tale criterio possa aver positivamente influito nell’allocazione delle risorse a favore del Mezzogiorno.
Quali sono le ragioni che hanno modificato in misura così marcata, e nel volgere di appena due anni, l’attenzione dei comuni meridionali in tema di mense scolastiche, che fa il paio con quanto avvenuto per gli asili nido prima dell’estate?
Un primo motivo può essere ricercato nella crescente domanda di tempo pieno e nella conseguente pressione dell’utenza locale sulle istituzioni.
I dati relativi alle iscrizioni alla scuola primaria evidenziano, nell’ultimo triennio, un incremento nella scelta per le 40 ore settimanali sensibilmente superiore nelle regioni del Mezzogiorno (tabella 4).
Un secondo motivo, in parte correlato al primo e per il momento non verificabile, potrebbe consistere nella rilevanza, per dimensione e impatto comunicativo, assunta dalle misure del Pnrr.
Anche grazie alla strutturazione per obiettivi misurabili del Piano, ciascun intervento è difatti sottoposto a un attento monitoraggio mediatico volto, tra l’altro, a individuare le amministrazioni inadempienti o non in grado di spendere le risorse a loro disposizione.
Nel caso delle mense, come per gli asili, il clamore suscitato dal mancato utilizzo delle risorse e il conseguente timore di una perdita di consensi possono quindi aver contribuito a modificare l’atteggiamento delle amministrazioni comunali del Mezzogiorno. Un approccio strategico che andrebbe seguito anche pei i fondi europei per la coesione.
L’auspicio è che questa positiva onda lunga del Pnrr raggiunga anche la capacità delle amministrazioni locali di attuare e realizzare gli investimenti.
* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.
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Savino
Posso assicurare che il motivo è nella crescente domanda di tempo pieno.
Il sud ha fame e sete di tempo pieno, perchè intere generazioni non lo hanno mai visto, a differenza di quanto succedeva già 60 anni fa nelle città del nord.
Giuseppe
E’ cambiata la società anche al Sud.
La maggior parte delle mamme oggi lavora e ci sono poche nonne giovani e casalinghe che possono occuparsi quotidianamente dei loro nipoti.