L’aumento delle accise su tabacco e sigarette elettroniche è una misura efficace per ridurre il consumo di sostanze molto dannose per la salute. Permetterebbe dunque un guadagno di benessere sociale anche se i profitti di impresa dovessero soffrirne.
La proposta di una tassa di 5 euro
L’ipotesi di una tassa di 5 euro per pacchetto di sigarette è circolata negli ultimi tempi, ma sospettiamo che sia stata fatta senza una piena consapevolezza del sistema fiscale o delle problematiche relative alla traslazione dell’imposta. O forse è stata fatta come provocazione, appositamente per richiamare attenzione sul tema della tassazione del tabacco, che in Italia è effettivamente limitata. Per questo, apprezziamo che Giovanni Carnazza e Federico Vitiello su lavoce.info parlino di questo tema, a noi caro, e apprezziamo che l’articolo riporti ora un disclaimer di uno dei due autori.
Nel loro contributo, Carnazza e Vitiello invitano il lettore ad “addentrarsi nel complesso funzionamento della tassazione” del tabacco, concentrandosi sul lato dell’offerta e mettendo in evidenza come una tassa addizionale di 5 euro potrebbe portare, sotto alcune assunzioni, a un prezzo al dettaglio superiore ai 24 euro. Si tratterebbe di un importo mai sperimentato nella realtà e probabilmente inaccettabile sul piano politico, sociale e industriale. Forse, chi ha fatto la proposta di un aumento delle accise di 5 euro ha usato assunzioni diverse sui meccanismi di determinazione dei prezzi, ottenendo cifre più basse. In ogni caso, la questione sostanziale è che un aumento significativo dei prezzi del tabacco e delle sigarette elettroniche tramite le accise è una misura efficace per ridurre il consumo di sostanze gravemente dannose per la salute.
Sul piano industriale e della profittabilità delle imprese della filiera, proponiamo di fare una considerazione più generale. Se si creasse una situazione in cui crollassero i profitti d’impresa si avrebbe un importante guadagno di benessere sociale. I costi frizionali per riconvertire piantagioni, impianti produttivi e canali distributivi sarebbero compensati da risparmi sanitari e la spesa dei consumatori si riverserebbe su altri beni, auspicabilmente più salutari (quasi tutti). Non si tratta di uno scenario prossimo, ma la speranza è che si vada in questa direzione.
La piaga del tabacco (e ora anche delle sigarette elettroniche) riguarda l’offerta e la domanda. Carnazza e Vitiello si concentrano sulla prima, ma evitano di ricordare che l’industria promuove pesantemente le vendite, soprattutto dei nuovi prodotti elettronici per cui non c’è evidenza di minore nocività rispetto a quelli tradizionali. Tramite la promozione delle sigarette elettroniche e del tabacco riscaldato, si vanificano i miglioramenti ottenuti negli ultimi venti anni, soprattutto a causa di una ripresa dell’abitudine al fumo di tabacco e al consumo di sigarette elettroniche da parte dei più giovani.
In Italia le accise sono relativamente basse
Se ragionare sull’offerta può essere utile, più importante è comprendere le logiche dal lato della domanda. A questo proposito, proviamo a rispondere a qualche quesito fissando alcuni punti:
1) È efficace l’aumento del prezzo a ridurre i consumi di tabacco? Esiste una solida evidenza riportata in centinaia di studi che mostrano come la domanda del tabacco sia sensibile al prezzo. In Italia e nei paesi ad alto reddito, la migliore stima dell’elasticità della domanda delle sigarette si aggira intorno a -0.4. In altre parole, un punto percentuale di aumento del prezzo delle sigarette diminuisce la domanda dello 0,4%. Lo conferma anche il lavoro che il Cergas Sda Bocconi sta svolgendo su richiesta di Fondazione Veronesi, che dà ulteriore solidità alle campagne volte ad aumentare drasticamente la tassazione dei prodotti di tabacco.
Siamo consci che si debba fare attenzione a questa stima puntuale, dal momento che la relazione tra prezzo e domanda è eterogenea e generalmente non lineare. Ma rimane il fatto che difficilmente si può considerare la domanda totalmente rigida al prezzo (cioè non sensibile alle sue variazioni). In sintesi, un aumento del prezzo disincentiva il fumo.
2) Le tasse sui tabacchi in Italia sono già alte? Basta osservare la seconda figura del lavoro di Carnazza e Vitiello, riproposta qui sotto (figura 1), per notare chiaramente come le accise nel nostro paese siano relativamente basse. L’onere fiscale per un pacchetto di sigarette è di poco più di 3 euro, meno della metà rispetto a molti paesi come la Francia, l’Olanda, l’Irlanda e l’Inghilterra, e quasi un euro più basso della media Ue. Quindi, rispetto agli altri paesi europei, le accise in Italia sono basse e possono essere drasticamente aumentate.
3) Quale componente dell’accisa dovremmo aumentare? Sempre la seconda figura dell’articolo di Carnazza e Vitiello mostra che la componente ad valorem in Italia è molto alta e quella specifica è troppo bassa rispetto alle altre realtà europee. Siamo d’accordo. Per svariate ragioni, è preferibile agire sulla componente specifica, che può e deve essere aumentata rispetto a quella ad valorem.
Figura 1 – Onere fiscale al netto d’Iva per pacchetto di sigarette (Pmp) nell’Unione europea
4) Cosa succederebbe se il prezzo aumentasse in modo significativo? Basta guardare a quanto è successo in Francia. Tra il 2017 e il 2022, grazie a un forte aumento delle accise, il prezzo di un pacchetto di sigarette è aumentato del 64 per cento (da 7,00 a 11,50 euro). Nello stesso periodo, ci risulta che le entrate fiscali annue (Iva esclusa) provenienti dalle vendite del tabacco siano aumentate del 19 per cento (da 11,4 miliardi di euro nel 2017 a 13,6 miliardi di euro nel 2022), mentre le vendite di tabacco – e quindi verosimilmente i consumi – sono diminuite del 26 per cento.
5) E i traffici illegali? Molti studi hanno dimostrato che il prezzo del tabacco non è un fattore determinante del contrabbando di sigarette. Noi stessi abbiamo contribuito in modo significativo a creare questa evidenza. Infatti, in uno studio trasversale condotto su un campione di 18mila adulti, rappresentativo della popolazione adulta di 18 paesi europei, abbiamo chiesto ai partecipanti fumatori di mostrare l’ultimo pacchetto di sigarette. Gli intervistatori hanno così potuto identificare i pacchetti contraffatti. Grazie a una misurazione oggettiva, siamo pertanto riusciti a capire dove si concentrava geograficamente la maggior parte dei pacchetti contraffatti e a confermare la mancanza di una relazione tra questi e il prezzo del tabacco tra paesi. In Europa il prezzo non è un fattore determinante del contrabbando. È così che anche in Francia, nonostante l’aumento sostanziale del prezzo degli ultimi anni, non solo i mercati illeciti ma anche i commerci transfrontalieri hanno avuto un ruolo molto marginale (si veda qui), in diminuzione nel tempo.
Serve una strategia complessiva contro il fumo
Ci sono ancora tanti argomenti da discutere: dalla regressività delle accise sui tabacchi all’elusione fiscale, dalla spesa del Servizio sanitario nazionale attribuibile al fumo di tabacco alla destinazione degli eventuali introiti addizionali, dall’ingiustificato sconto fiscale delle sigarette elettroniche e delle sigarette a tabacco riscaldato alla definizione della migliore strategia per massimizzare l’efficacia.
Purtroppo, manca ancora una visione complessiva del tabagismo come una perdurante emergenza di salute pubblica. Basta ricordare che nel solo 2019, a livello globale, il consumo di tabacco ha causato 7,69 milioni di morti e 200 milioni di anni di vita persi per disabilità.
È chiaro che un aumento importante delle accise – e, verosimilmente, del prezzo dei prodotti a base di tabacco – è una strategia perseguibile. Dati preliminari di un’indagine che abbiamo condotto su tremila italiani ci dicono che è accettata dalla maggioranza della popolazione perché contribuirebbe a diminuire morbilità e mortalità e al tempo stesso genererebbe risorse aggiuntive, ad esempio per finanziare altre iniziative per contrastare il consumo di tabacco. Comprendiamo altresì che sia opinabile destinare il gettito fiscale aggiuntivo al finanziamento ordinario del Ssn, dal momento che potrebbe passare l’idea che “fumare fa cassa per lo stato”.
Su questi e altri temi, ci piacerebbe creare un tavolo di lavoro con ricercatori di salute pubblica, economisti, politici e fiscalisti competenti – preferibilmente senza conflitti di interesse con l’industria del tabacco – per discutere su quale sia il migliore modo di realizzare una strategia complessiva di contrasto al fumo.
* Gli autori sono componenti del Comitato scientifico di lotta al fumo di Fondazione Umberto Veronesi ETS
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Savino
La Corte Costituzionale ha appena sentenziato che è vero che viene prima la salute, ma rispetto ad altre spese inutili del settore pubblico. Quindi, il settore pubblico si è visto dire, per filo e per segno, dove deve risparmiare per accantonare quelle risorse in favore del bene primario della salute. E deve risparmiare soprattutto sugli stipendi dei manager. Per questo, non è sufficiente nemmeno il tetto posto dall’ultima manovra, poichè, oggettivamente, anche 150.000 Euro annui sono immorali per dei manager che non fanno nulla e non rischiano nulla, vista l’aria di impunità che c’è in giro. Ora, chi ha sale in zucca per capire si sforzi di farlo.
francesco mario
Mia figlia, medico anestesista e rianimatore, ha la vorato in Australia e mi diceva….papà qui le sigarette costono un botto!!!!!! Vero un pacchetto normale costa sui 20 euro un brand 35.In italia dovremmo aumentare del 100% il costo delle sigarette come introdurre lla tassazione di scopo per i grassi, gli zuccheri e l’alcool.Si sa, noi siamo duri a capirlo, e il gioco ,le tasse, vale la candela,la salute.
<<<<<<<<<ultima notazione in ufficio negli anni 70 spalancavo le finestre per il fumo e dicevo pria o poi bòoccheranno il fumo sia negli uffici sia nei ristoranti, mi deridevano….purtroppo vedevo lontano.
francesco mario
errori di battitura e correzione impallata ….costano ….. prima o poi bloccheranno
Francesco
Siamo il paese primitivo e incivile del disprezzo di ogni regola, e dell’illegalità diffusa. Aumentare le accise sui tabacchi non impedirà a chi vuole uccidersi risparmiando di rivolgersi ai canali illegali del contrabbando, che dagli aumenti trarrebbero pure nuova linfa. Perché lo spirito imprenditoriale non ci difetta
francesco mario
Francesco…..la illegalità si combatte in modo indiretto; chi è sorpreso con un pacchetto di sigarette illegale è sanzionato con mille euro. Acquisti illegalmente rischi una sanzione pesante.
Marco
A proposito di strategia complessiva contro il fumo, sarebbe opportuno introdurre una legge a livello europeo per proibile l’uso delle sigarette nei film che verranno girati da ora in poi. Difficile impedire la visione di film del passato, ormai diventati classici, ma il futuro lo possiamo ancora scrivere. In passato è stata proibita la pubblicità sul fumo, ma oggi la maggior parte dei film hanno scene che sono peggio delle pubblicità.
Alcune nazioni si sono spinte anche nel proibire totalmente il fumo per le nuove generazioni. Sempre a proposito dell’Australia, chi è nato dopo il 2000, non potrà fumare, per legge.