Le differenze normative e fiscali tra stati e la frammentazione industriale sono le cause principali del declino dell’Europa. Per facilitare la creazione di massa critica si dovrebbero sviluppare due programmi d’intervento da condurre simultaneamente.

Le cause del declino economico e competitivo dell’Ue

Negli ultimi dieci anni, l’Unione europea ha avuto una crescita pro capite media che è la metà di quella degli Usa e cinque volte inferiore di quella della Cina. Con un Pil inferiore del 30 per cento, nonostante una popolazione superiore del 35 per cento, l’Ue ha perso la co-leadership economica con gli Stati Uniti; e Pechino l’ha superata, diventando la seconda economia mondiale.

In risposta a queste tendenze, le istituzioni dell’Ue hanno lanciato varie iniziative con investimenti significativi in ricerca&sviluppo e start-up. Ma queste iniziative affrontano le cause alla radice del declino dell’Ue o si limitano a trattare alcuni sintomi? E quali sono le cause ultime del problema, quelle sulle quali le istituzioni Ue devono intervenire in maniera prioritaria? La letteratura economica cita diversi fattori responsabili del declino dell’economia Ue. I sei più rilevanti sono organizzati nel diagramma di flusso logico “causa-effetto” mostrato nella figura 1, raggruppati in tre categorie: la categoria I comprende i fattori che caratterizzano la Ue fin dalla sua creazione; la categoria II include solo la frammentazione industriale, che è una conseguenza diretta di quelli indicati nella categoria I ed è qui considerata come il meccanismo e la causa principale del declino economico Ue; la categoria III contiene tre fattori di declino aggiuntivi, che sono in gran parte il risultato dei precedenti.

Figura 1

I sei fattori principali

Vediamo più in dettaglio i sei fattori che hanno contribuito al declino dell’Europa.

Fattore 1: differenze normative e fiscali tra paesi membri, a tutela interessi nazionali. Dopo 65 anni dalla fondazione della Cee, le differenze normative e fiscali tra gli stati membri rimangono un ostacolo significativo al libero mercato e allo sviluppo dell’Ue. Gli stati membri tendono a dare priorità alla concorrenza all’interno dell’Unione rispetto alla concorrenza globale, difendendo le industrie nazionali con normative locali, come norme tecniche, certificati, marchi, etichettatura, norme antitrust e interventi politici che si oppongono alle fusioni di aziende tra paesi Ue.

Fattore 2: l’eterogeneità del mercato non costituisce un ostacolo significativo allo sviluppo Ue in termini di differenze tra i consumatori abituati a marchi e prodotti globali.

Fattore 3: la frammentazione industriale dell’Ue rispetto a Usa e Cinaè conseguenza delle differenze normative e fiscali tra paesi membri.La teoria microeconomica spiega come i concorrenti più grandi in quasi ogni settore beneficiano di economie di scala e possono realizzare un costo unitario inferiore che si traduce in margini più alti, capacità di investimento e crescita.

Rispetto agli Usa, l’Ue ha un maggiore contributo percentuale al valore aggiunto nazionale da parte delle Pmi. L’industria europea ha pertanto economie di scala minori a livello aggregato e, di conseguenza, minori margini, che si traducono in un minore livello di investimenti in rapporto al Pil e in una crescita economica più lenta.

È significativo che i paesi Ue con livello di frammentazione industriale maggiore, come Italia, Portogallo e Grecia, abbiano registrato nell’ultimo decennio una crescita media del Pil significativamente più bassa rispetto ai paesi con maggiore concentrazione industriale.

Figura 2

Fattore 4: investimenti in R&S e venture capital. Nell’ultimo decennio, l’Ue ha costantemente investito in ricerca e sviluppo il 25 per cento in meno degli Usa in percentuale del Pil. Nel 2023 ha depositato il 55 per cento in meno di brevetti e ha attratto circa quattro volte meno investimenti di venture capital. Questo fattore è il risultato diretto della frammentazione dell’industria dell’Ue, che genera margini aggregati inferiori e quindi minori investimenti in R&S.

Fattore 5: concentrazione industriale nei settori maturi. L’industria Ue è concentrata su settori maturi, come l’automotive o la chimica, mentre gli Usa sono leader nei settori ad alta crescita, come l’informatica. Questo fattore è conseguenza dell’inerzia al cambiamento della Ue a causa della frammentazione industriale e di rigide relazioni industriali.

Fattore 6: posizione Ue debole nelle tecnologie trasversali.Secondo il World Economic Forum, il 70 per cento della creazione di valore globale nel prossimo decennio sarà promosso dalle tecnologie digitali, cruciali in tutti i settori. Qui la debolezza dell’Ue è però poco significativa in quanto tali tecnologie sono disponibili e applicabili tramite l’open innovation.

Sbloccare la crescita attraverso l’integrazione aziendale

Le principali cause del declino economico Ue rispetto a Usa e Cina sono quindi 1) le differenze normative e fiscali tra paesi membri e 2) la conseguente frammentazione industriale. Gli altri fattori sono in larga misura effetti di queste o meno rilevanti. Pertanto, i programmi di stimolo economico della Ue rischiano di creare solo un “effetto bolla”, se non comportano miglioramenti a livello delle cause ultime.

Per questo, un piano d’azione sistematico – che chiamerei EU Critical Mass Program – pensato per affrontare le due questioni identificate come cause principali del declino deve comprendere due programmi paralleli corrispondenti.

Il primo è un programma di armonizzazione normativa/fiscale, che deve avere l’obiettivo di eliminare gli ostacoli esistenti al libero scambio, alle alleanze e alle fusioni cross-border tra aziende, compreso l’aggiornamento delle norme antitrust per rafforzare la competitività dell’Ue rispetto a interessi nazionali.

Il secondo è invece un programma di integrazione aziendale, che deve facilitare la creazione di massa critica ed economie di scala nella Ue, stimolando crescita internazionale e integrazione tra aziende tramite azioni di merger&acquisition (M&A), alleanze, consorzi, reti industriali e distretti.

Contratti di rete a livello europeo

Le reti d’imprese sono un modello di integrazione molto promettente nel realizzare sinergie nella produzione, acquisti, R&S, marketing e finanziamenti. Un esempio di successo in questo campo è l’Italia, dove sono attivi quasi 10mila contratti di rete, che coinvolgono oltre 50mila aziende e rappresentano quasi il 6 per cento del Pil.

Ecco alcune idee preliminari per realizzare contratti di rete a livello europeo.

1. Livello giuridico: si dovrebbe definire un contratto standard nell’Ue per le strutture di rete d’imprese, sull’esempio dell’Italia; unificare le piattaforme nazionali per appalti pubblici; introdurre in Ue principi di flexicurity del lavoro che proteggano i lavoratori piuttosto che le posizioni lavorative esistenti, per favorire la ridistribuzione dei posti di lavoro verso settori più attraenti (esempio Danimarca).

2. Servizi Ue alle imprese: offrire informazioni settoriali, come database su “chi è chi” per area di business/paese; come piattaforme IT per open innovation, acquisti, marketing, learning; informazioni sulle modalità di integrazione tra aziende; prodotti finanziari prefabbricati per M&A, joint-venture, reti.

3. Incentivi alle imprese per M&A, reti e consorzi.

4. Livello organizzativo: istituire associazioni Ue delle associazioni nazionali per settore; stabilire un’associazione Ue delle reti d’impresa (“Retimprese delle Retimprese”); stabilire un organismo responsabile dell’intero programma “EU Critical Mass Program”.

5. Monitoraggio del miglioramento del livello di frammentazione aziendale dell’Ue rispetto a Usa e Cina.

Le stesse soluzioni potrebbero essere eventualmente adottate anche in altre regioni, come l’Africa, il Medio Oriente, il Sud Asia, l’Asia Orientale, il Sud-Est Asia-Pacifico e l’America Latina.

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