Entra in vigore Ets2. Con il nuovo sistema la Commissione lascia decidere ai singoli stati i livelli di tassazione finale per chi utilizza i combustibili fossili, per evitare di entrare nel merito delle politiche nazionali. È però una scelta rischiosa.

Come funziona il sistema Ets

L’Europa ha un pilastro delle proprie politiche ambientali nel programma Ets (Emission Trading System). Chiamiamolo Ets1.

È un sistema che fonde il principio di far pagare agli inquinatori per i costi sociali che generano con le emissioni climalteranti (Scc – Social Cost of Carbon) con quello della decisione politica di graduare, mediante target, le emissioni ammesse nei diversi settori produttivi.

Non richiede al decisore politico di conoscere i singoli costi di abbattimento, e in questo presenta lo stesso vantaggio di una politica di “carbon pricing” uguale per ogni tonnellata di CO2 emessa.

Il sistema è negoziato con le industrie interessate per verificarne la sostenibilità economica, ma questo presenta il non trascurabile difetto che al contrario del “carbon pricing” universale, cioè con aliquote proporzionali alle emissioni climalteranti indipendentemente dal settore o impresa che lo impiega. (e che “internalizzi” tutti i costi esterni) gli inquinatori non pagano per l’intero ammontare dei Scc.

Sembra un ragionevole compromesso, che nel 2025 entra in una seconda fase, nota come Ets2, che colpirebbe gradualmente l’inquinamento alla fonte, cioè i combustibili fossili, quale che sia il settore di destinazione.

In questo modo, si otterrà che aumentino i costi per molti utilizzatori individuali finali, in particolare nel settore dei trasporti e del riscaldamento domestico.

Il caso del cherosene

Ma qui sorge un problema rilevante di efficienza. Che diventa chiaro in un caso concreto: il kerosene usato per il riscaldamento domestico e quello usato per il trasporto aereo.

Si può semplificare assumendo un anno futuro di riferimento all’interno della crescita del Scc tra 100 e 800€/ton CO2 tra il 2019 e il 2050, come previsto dalla (discutibile) strategia europea per questa quantificazione, basata sull’azzeramento di emissioni nette nel 2050.

Assumiamo la situazione in un anno futuro parta da quella attuale, che vede il kerosene di uso domestico tassato per circa 70€/ton CO2 e quello aereo non tassato.

Se alla fonte il kerosene aumenta in un anno futuro in modo da internalizzare tutti gli Scc, per il settore aereo il consumo sarà efficiente. Ma nel settore domestico, se non diminuirà in proporzione la tassa già esistente, il prezzo sarà eccessivo, determinando una perdita di benessere sociale, anche se si ignorano gli aspetti distributivi, pur rilevanti, che si hanno tassando un consumo essenziale.

In sintesi estrema, si ha inefficienza economica sia con prezzi inferiori all’ottimo che con prezzi superiori.

Il valore economico del Scc definito a livello europeo significa proprio questo, anche se differisce dai valori proposti fuori dall’Europa, tendenzialmente inferiori.

Quali settori colpire?

Ma i problemi di efficienza non finiscono qui: le variazioni di benessere economico si esprimono in generale come variazioni di “surplus dei consumatori” (cioè di quanto più un consumatore sarebbe disposto a pagare rispetto al prezzo che incontra).

Questo valore varia con l’elasticità della domanda: più la domanda è rigida, meno sarà la perdita di benessere dei consumatori in caso di prezzi eccessivi, e viceversa.

Il principio è noto dal nome degli studiosi che l’hanno formulata, come “regola di Ramsey-Boiteaux”, e può essere forse meglio compreso osservando che, se bisogna tassare, è meglio colpire i settori dove questo genera minori riduzioni dei consumi.

Per l’ambiente però si verifica l’inversione della regola di Ramsey-Boiteaux, un fatto spesso ignorato.

Infatti, si ottengono maggiori benefici ambientali tassando settori a domanda elastica, in cui le produzioni, e quindi le emissioni scendono rapidamente con i prezzi finali, rispetto a quelli che si otterrebbero tassando settori a domanda rigida, nei quali le emissioni scenderebbero poco.

Quindi nel caso di Ets2 potrebbero presentarsi rilevanti problemi di efficienza che non c’erano per Ets1. E ne deriverebbero esigenze di conoscenze molto più estese del decisore. Dovrebbe innanzitutto conoscere i livelli di tassazione (di “internalizzazione”) già presenti per gli utenti finali (tornando al confronto tra settore aereo e domestico), ma anche valutare accuratamente l’elasticità della domanda tra i diversi utilizzatori finali.

Il sistema di “carbon pricing” universale ha il grande vantaggio di non richiedere particolari conoscenze al decisore: con un Scc uguale per tutti, l’ottimo, almeno in teoria, è raggiunto per tutti gli utenti delle fonti fossili, e semplificherebbe anche la selva di tassazioni ambientali esistente.

Si veda in proposito il quadro sintetico della figura 1.

Figura 1

Certo che passando a soluzioni pratiche emergono ampi spazi in cui è necessario, e opportuno, negoziare con i diversi stakeholders in gioco, settori, imprese, e consumatori finali.

In sintesi, sembra che la Commissione, introducendo Ets 2, voglia disinteressarsi dei livelli di tassazione finale che i singoli paesi decideranno, al fine di evitare di entrare in merito a politiche nazionali specifiche. La scelta rischia però di allontanare uno scenario condiviso di tassazione efficiente delle esternalità ambientali.

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