Nel 2024 la moneta del Brasile ha perso un quinto del proprio valore contro il dollaro. I prezzi salgono, aumenta il rapporto debito-Pil e il governo non interviene sulla spesa pubblica. Mentre sembra a rischio l’indipendenza della banca centrale.
Perché il real è in crisi
Nel 2024 il real brasiliano ha perso un quinto del proprio valore contro il dollaro. Si tratta di una significativa e improvvisa svalutazione per un paese che nel corso degli ultimi anni si era abituato a convivere con una condizione valutaria tutto sommato stabile.
Alla solidità del real aveva contribuito la dimensione dell’economia brasiliana (la decima al mondo per Pil), il surplus della bilancia commerciale, ma soprattutto l’indipendenza e le capacità di azione della banca centrale brasiliana.
La Bcb è stata tra le prime banche centrali al mondo ad alzare i tassi d’interesse a partire dall’aprile 2021 per contrastare l’inflazione post-pandemica. Ed è stata tra le prime ad avviare una riduzione dei tassi nell’agosto 2023, ma soprattutto una delle poche disposte a far partire un nuovo ciclo rialzista dei tassi per combattere un’inflazione al di sopra del target.
L’avvio di un nuovo ciclo rialzista dei tassi non è piaciuto al presidente Lula. Tuttavia, appare una misura quasi inevitabile – come spesso accade ancora oggi nel mondo emergente – in conseguenza di una ripresa della crescita dei prezzi alimentata dal deprezzamento del tasso di cambio. Senza un’azione decisa della banca centrale si alimenterebbe quindi un circolo vizioso di maggiore svalutazione del real e conseguente inflazione importata.
Politica fiscale poco prudente
La svalutazione della moneta brasiliana dipende sostanzialmente da una politica fiscale ampiamente fuori controllo che cerca di assoggettare la banca centrale a una condizione di dominanza fiscale. Il rapporto debito-Pil è aumentato di 20 punti percentuali in dieci anni e appare alto per gli standard di un paese emergente. Le agenzie di rating da anni valutano il debito come “non-investment grade”.
Il governo non sente però la necessità di controllare la spesa. Il saldo primario degli anni 2021 e 2022 è ormai un lontano ricordo. Per il 2024 si prevede un disavanzo primario del 2 per cento del Pil, a cui bisogna aggiungere un’astronomica spesa per interessi (circa l’8 per cento del Pil, più del doppio di quanto speso per l’istruzione), che porta il deficit complessivo a sfiorare il 10 per cento del Pil, in crescita rispetto al 2023.
Buona parte del debito è in scadenza
Nonostante le promesse di moderazione fiscale, la legge di bilancio per il 2025 prevede tagli per soli 11 miliardi di dollari in due anni. Una cifra irrisoria che ha scatenato reazioni negative nei mercati, che guardano con scetticismo anche ad altre caratteristiche del debito sovrano brasiliano. Tra queste spicca il fatto che di tutto il debito sovrano denominato in real (pari al 95 per cento del debito totale) più di tre quarti (78 per cento) è stato emesso con un tasso di interesse variabile o indicizzato all’inflazione. Inoltre, il 18 per cento del debito arriverà a scadenza nel prossimo anno e il 52 per cento nei prossimi tre. Ciò significa che il governo brasiliano a breve dovrà rifinanziare una parte significativa del proprio debito, molto probabilmente a tassi più elevati. Tutto ciò mentre il tasso d’interesse più alto osservato sul mercato secondario si trasmette subito sul bilancio dello stato per via della tipologia dei tassi di interesse.
Vi sono tutti gli elementi per ritenere che il Brasile stia entrando in un circolo vizioso, amplificato dalla continua inazione della politica. L’assenza di decisioni comporta una crescente crisi di credibilità che determina un aumento dei tassi di interesse sul debito, un ulteriore aumento della spesa pubblica e una svalutazione del real.
La Bcb è costretta così ad alzare i tassi di interesse e a vendere parte delle cospicue riserve internazionali per arginare la caduta del tasso di cambio (da inizio dicembre la Bcb ha venduto 36 miliardi di dollari riducendo le riserve internazionali a 326 miliardi di dollari). A ciò si aggiunga il recente cambio al vertice: il governatore degli ultimi quattro anni, Roberto Campos Neto, è stato sostituito dal 1° gennaio da Gabriel Galipolo, ex consigliere economico di Lula durante la campagna elettorale del 2022. La sua nomina è stata approvata con un’ampia maggioranza. Bisognerà però valutare se Galipolo garantirà l’indipendenza della Bcb. Qualora venisse meno, una spesa pubblica fuori controllo comporterebbe de facto una condizione di dominanza fiscale. A quel punto, arginare la caduta del real sarebbe davvero difficile.
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Giacomo
Quindi le parti si stanno invertendo. La malata Argentina sta guarendo e il sano Brasile si sta ammalando.