Come evitare che le donne abbandonino il lavoro dopo la maternità? I risultati migliori si possono ottenere con politiche integrate per l’occupazione femminile e per il sostegno alla famiglia. Lo dimostra un programma realizzato in Piemonte.
Donne tra figli e lavoro
Uno dei fenomeni più problematici in molti paesi è l’uscita delle donne dal mercato del lavoro dopo la nascita dei figli. In Italia, secondo i dati Istat, una donna su cinque lascia il mercato del lavoro alla nascita del primo figlio. La maternità, pur se in declino nel nostro paese, continua a rappresentare una delle cause strutturali della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro (tasso di occupazione 2023 del 56,5 per cento in confronto alla media europea del 70,2 per cento), con pesanti effetti demografici ed economici (20-64 età dati Eurostat).
Per sostenere le donne con figli nel rientro nel mercato del lavoro e migliorare l’equilibrio lavoro-famiglia, nel 2023 è stato introdotto un programma dal nome Equilibri (finanziato dalla Compagnia di San Paolo). La popolazione target comprende donne che hanno perso o lasciato il lavoro dopo la nascita dei figli o hanno dovuto ridurre l’orario di lavoro. La valutazione è stata condotta con uno studio di controllo randomizzato che ci consente di confrontare l’impatto del programma sulle donne “trattate” in una prima fase e quelle assegnate a “controllo” che vi potranno partecipare solo in una seconda fase.
Il programma
Equilibri è un programma per madri con figli con meno di 18 anni che hanno ridotto o perduto il loro lavoro a causa della maternità. L’obiettivo è quello di aiutarle a trovare un’occupazione, migliorare la situazione lavorativa, trovare un maggiore equilibrio tra lavoro e famiglia e migliorare lo sviluppo cognitivo dei figli. Il programma è stato attivo in tre aree del Piemonte: una zona montana della Val di Susa, la zona suburbana di Settimo torinese e la città di Biella.
Il primo passo del programma, dopo l’iscrizione, consiste in un incontro preliminare con un case-manager, durante il quale le donne hanno potuto discutere le condizioni familiari e di lavoro che hanno motivato l’iscrizione al progetto e identificare le attività che possono aiutarle a migliorare le condizioni di lavoro, il rapporto lavoro-famiglia e le strategie per raggiungere gli obiettivi desiderati.
Un primo tipo di attività include l’assistenza nell’accesso a opportunità già disponibili sul territorio, come ad esempio la registrazione a uffici di collocamento, l’iscrizione a corsi professionali offerti da comune o regione e accesso a centri di sostegno psicologico. Altre attività sono organizzate e offerte all’interno del programma e sono accessibili solo a donne iscritte. Si tratta di incontri su tematiche relative al lavoro, la preparazione del proprio curriculum, momenti di interazione sociale come incontri con altre mamme per condividere esperienze e problemi riguardanti lavoro, famiglia, figli. Vi sono incluse anche attività per i figli: campi estivi o attività artistiche e sportive.
Dati, metodi e risultati
La metodologia proposta prevede due interviste, la prima è realizzata tramite un questionario online in fase di iscrizione e la seconda è svolta al telefono dopo nove mesi di partecipazione al programma. La prima intervista è stata fatta a un campione composto da 482 donne che si sono iscritte al programma tra marzo e ottobre 2023. La seconda intervista è stata condotta al telefono tra dicembre 2023 e settembre 2024.
In entrambe le interviste, il questionario prevede domande relative ai temi collegati con l’attività lavorativa, come ore di lavoro, soddisfazione del lavoro, compatibilità dell’attività lavorativa con le responsabilità familiari ed efficacia del programma per la crescita professionale. Un secondo gruppo di domande si concentra sui figli, il tempo dopo la scuola e il loro benessere. Un terzo e ultimo gruppo riguarda la soddisfazione, il livello di stress, il tempo dedicato a se stesse e le preferenze sulle scelte di fertilità, espresse nel desiderio di avere un altro figlio.
Dalle stime preliminari, l’impatto del programma è positivo su quasi tutte le dimensioni del lavoro, anche se non tutti i coefficienti sono stimati con precisione. Ci sono risultati positivi anche sulle ore di lavoro, sulla soddisfazione del lavoro e della situazione di equilibrio lavoro-famiglia e sulle aspirazioni alla maternità delle donne coinvolte nel programma. In genere, le donne lavorano più ore, sono più soddisfatte dell’equilibrio lavoro-famiglia e riportano anche una maggior aspirazione ad avere un altro figlio.
Emergono interessanti differenze sistematiche tra gruppi diversi per età e istruzione. L’effetto è maggiore per le donne più giovani e per quelle donne che lavoravano già al tempo dell’iscrizione al programma. La probabilità di lavorare aumenta di più per chi era disoccupata al momento dell’iscrizione, così come la probabilità di ritenere più sostenibili gli impegni familiari e lavorativi. Tra le donne meno istruite, osserviamo un significativo impatto positivo sulla soddisfazione lavorativa. Per le donne che erano già occupate o hanno un’istruzione terziaria, il cambiamento più notevole riguarda l’aumento delle ore lavorate, di 2,5-3 ore settimanali. Le donne che non erano occupate al momento dell’iscrizione come per le più giovani notiamo l’effetto più evidente sulla soddisfazione per il lavoro.
I risultati preliminari mostrano anche l’impatto positivo sui figli da 1 a 6 anni: la partecipazione al programma riduce i problemi relativi al rapporto con gli altri per i bambini più piccoli. Infine, troviamo che l’effetto positivo sul lavoro è in parte spiegato dalla maggiore partecipazione dei bambini alle attività extrascolastiche. L’aumento della soddisfazione di vita sembra essere dovuto a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
Andare oltre le misure tradizionali
I primi risultati di questa esperienza suggeriscono la necessità di politiche attive del lavoro più inclusive, che vadano oltre le misure tradizionali e tengano conto delle specifiche barriere che le madri affrontano nel rientro al lavoro. L’integrazione tra servizi per l’impiego, formazione professionale e sostegno alla genitorialità dovrebbe diventare una componente strutturale delle politiche di welfare, con un’attenzione particolare alle fasce più vulnerabili, come le donne con livelli di istruzione più bassi o quelle che hanno interrotto l’attività lavorativa per lunghi periodi.
I nostri risultati suggeriscono anche che investire in servizi per l’infanzia e attività extrascolastiche non solo favorisce il benessere dei bambini, ma può avere un effetto positivo sulla partecipazione delle madri al mercato del lavoro. Questo rafforza l’idea che le politiche per l’occupazione femminile e quelle per il sostegno alla famiglia devono essere integrate, invece che essere considerate ambiti separati. L’assenza di programmi simili in Italia evidenzia un vuoto che dovrebbe essere colmato. Esperienze come Equilibri dimostrano che sperimentare nuovi modelli di intervento, basati su evidenze empiriche e valutazioni d’impatto rigorose, può offrire soluzioni concrete per migliorare l’inclusione lavorativa delle madri e promuovere un equilibrio sostenibile tra lavoro e famiglia con un effetto positivo sulle aspirazioni ad avere altri figli, una questione in Italia particolarmente cruciale.
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