La piattaforma di streaming segna un nuovo record superando quota 300 milioni di abbonati. Un successo legato all’introduzione dei meno costosi piani con pubblicità. Da qui deriva anche l’interesse per lo sport. La nuova frontiera è però un’altra.
Una piattaforma che va di record in record
In attesa di capire se gli effetti degli sconvolgimenti politici degli ultimi tempi si riverseranno sul business delle grandi piattaforme globali, Netflix continua a far parlare di sé e a mietere successi.
Dopo un 2023 che ha visto una chiusura “con il botto”, nel 2024 il leader dello streaming ha continuato a collezionare trimestri da record, raddoppiando le stime degli analisti, con ulteriori 40 milioni di abbonamenti registrati negli ultimi dodici mesi, di cui quasi 19 milioni solo nell’ultimo trimestre, superando la barriera dei 300 milioni di sottoscrizioni (302 milioni per l’esattezza), pari a circa il 4 per cento della popolazione mondiale.
La versione con la pubblicità rappresenta ora il 55 per cento delle nuove sottoscrizioni nei paesi in cui è disponibile, e la società prevede di raddoppiare il numero di abbonati a questa modalità nel 2025.
La precedente ondata di abbonamenti, come già approfondito in un precedente contributo (vedi qui), era il risultato di un parziale cambiamento del modello di business (ibrido), in conseguenza dei primi segnali di crisi di quello a pagamento (Svod), con l’ingresso della pubblicità, insieme a maggiori restrizioni nella condivisione degli account. L’obiettivo era soprattutto tamponare la crisi degli abbonamenti premium, incoraggiando coloro che venivano espulsi a passare al piano con pubblicità, aumentandone così significativamente la base abbonati, fattore critico per rendere più efficace e attraente l’offerta dei contenuti Netflix agli inserzionisti.
La nuova strategia, che ha già avuto alcune prime sperimentazioni nel corso del 2024, prevede ora di puntare su due direttrici: lo sport e la pubblicità programmatica.
L’interesse per lo sport
Come riportato dalla stessa Netflix nel suo comunicato di fine d’anno, tra i contenuti trainanti dell’ultimo trimestre figurano la stagione 2 di Squid Game, il film Carry-On e gli sport in diretta, come l’incontro di pugilato Jake Paul vs Mike Tyson (oltre 60 milioni di streaming in diretta in tutto il mondo) e le due partite della Nfl (Lega Football Americano) del giorno di Natale (30 milioni di telespettatori internazionali, di cui 24 milioni americani).
L’interesse di Netflix per lo sport si era limitato finora a eventi sportivi unici, come nei due casi appena ricordati, a cui si aggiungono i diritti esclusivi per gli Stati Uniti delle prossime due edizioni della Fifa Women’s World Cup (mondiali di calcio femminili). Al contempo, però, l’acquisizione dei diritti globali di Wwe Raw (wrestling) lo scorso anno aveva segnalato un primo cambio di passo verso una programmazione sportiva regolare.
Alla luce degli incoraggianti risultati, Netflix potrebbe spingere ora più decisamente la propria strategia in questa direzione, proponendosi come attore primario anche in questo settore. Si parla infatti con sempre maggiore insistenza del tentativo di accaparrarsi le partite pomeridiane della Nfl, un pacchetto attualmente detenuto da Cbs e Fox; e, ancor più clamoroso, si parla anche dell’acquisizione dei diritti della Formula Uno.
Su quest’ultima per il momento la società ha manifestato solo il proprio interesse, ma già l’acquisizione del pacchetto Nfl per le partite della domenica pomeriggio sarebbe oltremodo significativa, dato il grande pubblico che si sintonizza regolarmente per le partite ogni fine settimana. La programmazione regolare di un evento sportivo darebbe infatti a Netflix una spinta più consistente di settimana in settimana, aumentando la sua quota di audience televisiva. Lo streamer ha raggiunto nel mese di dicembre lo share più alto negli Stati Uniti – l’8,5 per cento – in parte grazie proprio all’incontro di pugilato e alle due partite della Nfl trasmesse il giorno di Natale.
Netflix diventerebbe così un vero e proprio broadcaster sportivo, una definizione che in passato ha cercato accuratamente di evitare, ma che ora sembra sul punto di abbracciare fino in fondo, se le circostanze lo consentiranno. I piani basati sulla pubblicità sono più economici per i consumatori e più redditizi per le aziende, il che li rende vantaggiosi per entrambe le parti.
Arriva la pubblicità programmatica
In questa chiave, Netflix ha da poco annunciato di voler abilitare gli acquisti pubblicitari programmatici, espandendo il debutto dello scorso agosto negli Stati Uniti. L’offerta è già attiva in versione beta nel Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia, con un lancio globale previsto per i prossimi mesi.
In poche parole, la pubblicità programmatica permette di dare “il giusto messaggio, al target giusto, nel momento giusto”. Rispetto a quella tradizionale, si avvale infatti di un processo automatizzato per acquistare spazio digitale per gli annunci, riducendo lo spreco di impressioni, pubblicando annunci destinati ai segmenti di pubblico rilevanti e portando al minimo il rischio di frode pubblicitaria, il che lo rende anche conveniente. In questo modo, gli inserzionisti possono ottenere risultati migliori in termini di efficacia, copertura del target e trasparenza, nonché nella misurazione e ottimizzazione in tempo reale. Marchi come McDonald’s, Samsung, Zalando e Uber hanno già testato l’offerta di Netflix, riuscendo così, ad esempio, a targetizzare per genere, area geografica, tipo di dispositivo e top 10 dello streamer, che include i titoli più visti del giorno.
Di solito, gli streamer rilasciano le nuove funzionalità negli Stati Uniti, ma la nuova tendenza ha probabilmente implicazioni più profonde in Europa. In un mercato frammentato e meno dinamico, in cui le emittenti nazionali e i servizi di video on demand si contendono gli spettatori e i budget pubblicitari, Netflix ha intravisto l’opportunità di sfruttare la sua primogenitura nel mondo digitale di avvantaggiarsi nei confronti dei concorrenti europei e di un competitor agguerrito già attivo su questo mercato come Amazon Prime Video.
Uno spazio per i broadcaster tradizionali?
Le nuove funzionalità programmatiche di Netflix e la massiccia base di spettatori nel Vecchio Continente eserciteranno probabilmente un’attrazione molto forte sugli inserzionisti. Questa volta, però, gli operatori nazionali non sono rimasti con le mani in mano e combattono l’altrui alta tecnologia con la propria, sempre di tipo programmatico, per accaparrarsi i budget pubblicitari.
Se dunque i broadcaster europei hanno perso terreno quando la guerra dello streaming era tutta incentrata sui contenuti, appare più plausibile che anch’essi potranno partecipare alla scrittura del prossimo capitolo con i giganti dello streaming, dove il mercato dell’attenzione, e dunque la pubblicità e l’ad tech, faranno la parte del leone.
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