Un’efficace politica di gestione dell’età dei lavoratori può migliorare la produttività, ridurre l’assenteismo e favorire il benessere dei dipendenti. È un approccio necessario dato l’invecchiamento dei lavoratori. Così la Pa l’ha inserito nel nuovo Ccnl.
Perché servono misure di “gestione dell’età”
Negli ultimi anni, l’age management è diventato un tema di crescente interesse per le organizzazioni pubbliche e private, in risposta ai cambiamenti demografici e alle nuove esigenze del mercato del lavoro. L’invecchiamento della popolazione e l’allungamento della vita lavorativa pongono sfide e opportunità che richiedono un approccio innovativo alla gestione delle risorse umane e ciò vale anche per la pubblica amministrazione.
Un’efficace politica di gestione dell’età può migliorare la produttività, ridurre l’assenteismo e favorire una maggiore soddisfazione lavorativa. Le organizzazioni che contano sul protagonismo dei lavoratori over 55, infatti, hanno aumenti di produttività superiori rispetto alle altre; l’intergenerazionalità, quindi, è un valore per lo sviluppo della propria attività.
L’introduzione, nel nuovo contratto collettivo nazionale “funzioni centrali” della Pa, dell’articolo 27, rubricato “Obiettivi e strumenti di age management”, va accolta come una piacevole novità. Qui ci concentriamo sugli aspetti di age management volti a favorire un ambiente di lavoro più inclusivo, flessibile e sostenibile per le diverse fasce d’età.
Age management: un nuovo paradigma di gestione delle risorse umane
L’age management si basa su strategie e pratiche che valorizzano le competenze dei lavoratori di tutte le età, promuovendo la collaborazione intergenerazionale e garantendo un ambiente di lavoro equo e produttivo.
L’integrazione di misure volte alla valorizzazione delle diverse fasce d’età, come quelle introdotte dal Ccnl “funzioni centrali”, contribuisce a rendere il settore pubblico più dinamico ed efficiente. Investire in politiche di gestione dell’età significa migliorare la qualità del lavoro, aumentare la produttività e favorire il benessere dei dipendenti, creando un ambiente di lavoro in cui esperienza e innovazione possano convivere in modo armonioso.
Tra le principali dimensioni dell’age management troviamo la formazione continua e l’aggiornamento, il mentoring e il reverse mentoring, la flessibilità lavorativa e il benessere e la salute.
Formazione continua e aggiornamento puntano a garantire che i lavoratori senior possano rimanere competitivi e aggiornati rispetto alle nuove tecnologie e metodologie di lavoro, con particolare attenzione sia a pratiche di upskilling che di re-skilling. Nel contratto collettivo nazionale delle funzioni centrali si richiama espressamente la necessità di favorire: “adeguate forme di affiancamento per i neoassunti e momenti di formazione peer-to-peer volti a favorire lo scambio di competenze tra le diverse generazioni, riducendo così il rischio di isolamento e agevolando l’integrazione delle nuove risorse”. Mentre mentoring e reverse mentoring vogliono facilitare il trasferimento di conoscenze tra generazioni.
La flessibilità lavorativa – attraverso strumenti come il lavoro agile, la riduzione dell’orario di lavoro e la modulazione delle mansioni – consente di rispondere meglio alle esigenze dei lavoratori nelle diverse fasi della loro carriera.
Per il capitolo benessere e salute, l’adozione di misure per la prevenzione dello stress lavorativo e la tutela della salute dei lavoratori più anziani è un elemento chiave dell’age management.
Per reagire alla sfida dell’invecchiamento della popolazione lavorativa italiana, anche in ambito pubblico, si punta quindi a un mix di politiche legate alla maggiore flessibilità organizzativa, alla tutela della salute e alla valorizzazione dell’esperienza dei lavoratori senior.
Queste misure rispondono alla necessità di rendere il pubblico impiego più attrattivo e sostenibile nel lungo periodo, valorizzando le competenze di tutti i lavoratori, indipendentemente dall’età, e creando così un settore pubblico più efficiente e resiliente, capace di affrontare le sfide del futuro con una combinazione vincente di esperienza e innovazione.
Riguardo al finanziamento, il Ccnl introduce le misure di age management come principi normativi dentro un contesto storico di importanti rinnovi contrattuali. Non si può escludere, tuttavia, che le amministrazioni debbano attingere a risorse generali destinate alla formazione. Per avere un quadro più chiaro sulla questione, però, occorre aspettare anche la contrattazione collettiva integrativa.
Un primo passo
Il nuovo contratto è un primo passo per invertire la tendenza nel mondo della pubblica amministrazione dove l’età media è molto alta e, spesso, per i giovani è più difficile integrarsi in un contesto che è solitamente percepito come più distante rispetto alle loro esperienze professionali precedenti.
L’age management rappresenta un approccio innovativo e necessario per affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione lavorativa. L’integrazione di misure volte alla valorizzazione delle diverse fasce d’età, come quelle introdotte dal Ccnl funzioni centrali, contribuisce a rendere il settore pubblico più dinamico ed efficiente.
Investire in politiche di gestione dell’età significa migliorare la qualità del lavoro, aumentare la produttività e favorire il benessere dei dipendenti, creando un ambiente di lavoro in cui esperienza e innovazione possano convivere in modo armonioso.
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Savino
La P.A. italiana è anzitutto attempata nella mentalità. Nelle amministrazioni si continuano a fare bandi per assumere pensionati, adesso la legge prevede dei senior tutor, roba da matti. 20 anni di blocco di turn over hanno impedito ad intere generazioni di ex giovani di accedervi. L’ultima inchiesta della Procura di Milano su appalti e corruzione ha come protagonista un ex funzionario in pensione. E’ un argomento da non toccare nemmeno il rapporto intergenerazionale tra travet privilegiati per decenni e persone competenti a spasso o che hanno dovuto espatriare.
Fiorella Zanella
Non sono d’accordo con quanto sostenuto. Noi anziani della PA non siamo tenuti in gran conto dai giovani assunti che, generalmente, hanno uno o più titoli di studio qualificanti rispetto a chi era già assunto ed aveva livelli di studi minori. Inoltre i giovani difficilmente vogliono sentire da noi anche solo consigli pratici…dicono che sanno già (anche con arroganza talvolta). Chi è più anziano non ha alcuna tutela particolare, anzi viene caricato maggiormente di lavoro appunto per l’esperienza e la maggiore velocità esecutiva. Age management è solo un eufemismo, brutto oltretutto. ..si può usare l’italiano, per sfruttare maggiormente gli anziani e volergli abbellire la pillola di dover andare in pensione più tardi. Chi va in pensione ha, quasi sempre, già più di 40 di lavoro alle spalle. È ora di riposare e dare spazio ai giovani e che l’esperienza se la facciano da soli, come è sempre successo! Li dobbiamo coccolare anche sul lavoro… sono giovani di più di 30 anni!!!
Gemma
Concordo, che tutti si facciano la sana gavetta.
Carlo Alberto Bussoni
Perfettamente d’accordo. Con questi paroloni in inglese vogliono soltanto convincerci che NON andare in pensione è BELLO.
Enrico
Questa “gestione degli anziani” mi sembra la foglia di fico dietro la quale si nascondono i disastri del blocco del turnover (vedi l’età media elevata degli addetti) e la scarsa attrattività della PA per i giovani, soprattutto se molto qualificati (vedi i concorsi deserti). Insomma la PA deve accontentarsi di un personale anziano e demotivato e lo chiama con un bel nome inglese. Non capisco perché tutto questo sia presentato come una conquista epocale dai sindacati (che sono parzialmente corresponsabili della attuale situazione). Molti anni fa l’eccessivo invecchiamento degli impiegati pubblici fu risolto consensualmente con le vituperate baby pensioni. Naturalmente ne approfittarono soprattutto quelli più svegli per passare alla libera professione con un bel paracadute. Un buon motivo per cui è necessario gestire meglio gli anziani è che nella PA si applicano leggi e prassi ancora più datate degli addetti e difficilmente comprensibili per un giovane, che forse non sa neanche cosa è un fax o una raccomandata (in senso postale).