Il gioco falco-colomba mostra che per spezzare una guerra commerciale si deve rendere costoso l’atteggiamento aggressivo. Solo quando le conseguenze negative del conflitto appaiono chiare a tutti, si apre la possibilità concreta di accordi collaborativi.
Meglio falco o colomba?
L’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump ha riacceso un ampio dibattito sulle politiche commerciali protezionistiche e sulle relative risposte “ottimali” da parte degli altri paesi coinvolti. In questo scenario, il gioco “falco-colomba” (hawk-dove) fornisce uno strumento utile per comprendere le dinamiche che possono emergere in una situazione di guerra commerciale.
Il gioco coinvolge due giocatori che devono scegliere se adottare una strategia aggressiva (“falco”) o conciliante (“colomba”). I vantaggi che ciascun giocatore ottiene dipendono dall’interazione tra le scelte di entrambi. Se tutti e due adottano una strategia di tipo aggressivo, si innesca un conflitto che danneggia entrambi. Se, al contrario, ambedue si comportano in modo conciliante, gli scambi commerciali e la cooperazione possono produrre benefici comuni.
Tuttavia, qualora uno fosse falco e l’altro colomba, il primo finirebbe per trarre maggior vantaggio, “approfittando” dell’atteggiamento più morbido del secondo. Nel caso che stiamo analizzando, se gli Stati Uniti impongono dazi sulle importazioni per cercare di ottenere un vantaggio competitivo o per ridurre il disavanzo commerciale, attuano una strategia di tipo falco. I paesi che li subiscono devono decidere se rispondere a propria volta usando una strategia falco (ritorsioni, contro-dazi, e così via) o colomba (non reagire per evitare escalation). La scelta di contromisure aggressive può generare costi di conflitto molto alti, ma nel contempo l’assenza di reazione può logorare la credibilità di chi subisce l’attacco. Contromisure aggressive possono innescare un ciclo di ritorsioni con conseguenze sempre più pesanti. Comportarsi da colomba può risultare utile se consente di instaurare un clima collaborativo basato su vantaggi condivisi, purché anche dall’altra parte ci sia la disponibilità all’accordo. Infine, la percezione dei costi e delle conseguenze negative del conflitto può spingere ad un accordo, riducendo la convenienza di un atteggiamento puramente aggressivo.
Quanto detto può essere sintetizzato con la seguente matrice dei payoff.
Il payoff è il guadagno che un giocatore ottiene in un gioco in base alle scelte fatte. Nella matrice, V è il valore pieno del payoff che si ottiene solo quando un falco incontra la colomba, con la colomba che ha un payoff pari a zero e il falco pari a V. Quando si incontrano due colombe si dividono il payoff (V/2), mentre quando si incontrano due falchi si dividono la differenza fra il payoff pieno V e il costo del conflitto C ((V-C)/2).
Rendere costoso l’atteggiamento aggressivo
Da ciò deriva che se l’avversario sceglie di comportarsi come falco e non esiste alcun costo sufficientemente elevato da dissuaderlo, la risposta ottimale dovrebbe essere quella di comportarsi a propria volta come falco. Questo atteggiamento reciproco, sebbene non cooperativo e dannoso a lungo termine, rappresenta uno “stato stabile” di equilibrio, anche se non quello migliore.
Tuttavia, in uno scenario in cui entrambe le parti adottano politiche protezionistiche, si rischia la cosiddetta “guerra commerciale”, con incremento di tariffe e imposizione di barriere crescenti. Il conflitto permane e, nel lungo periodo, potrebbe avere conseguenze negative sul benessere di tutti i paesi.
La strategia colomba può tornare vantaggiosa in un contesto di ripetizione del gioco a lungo termine, qualora gli accordi si dimostrino reciproci e possano dare vita a un sistema durevole di cooperazione commerciale. È ciò che in ambito economico e diplomatico si può definire come strategia di cooperazione condizionata.
Nello scenario attuale in cui Trump ha adottato dazi pesanti sulle merci in ingresso negli Stati Uniti, alcuni sostengono che la miglior reazione sia una immediata e robusta ritorsione (politiche falco contro falco), per non apparire deboli. Altri, invece, consigliano di non reagire o, quantomeno aspettare e provare la via diplomatica. Ragionando con la teoria dei giochi, appare chiaro che se non c’è un forte meccanismo internazionale di sanzione che ferma il paese che si comporta aggressivamente, la scelta falco diventa vincente, se l’altro giocatore non reagisce. Solo una dimostrazione di forza può indurre l’altro giocatore a recedere dalla politica commerciale protezionistica. Le cose cambiano nella prospettiva dinamica del gioco ripetuto. In un singolo round, la contromossa falco appare la più logica: si controbilancia l’aggressività e si segnala che imporre dazi non è a “costo zero”. In più round, però, vi è il rischio di intrappolarsi in un equilibrio di sistematica ostilità, che paralizza lo sviluppo di accordi multilaterali più stabili. In questo caso, bisogna procedere con mosse e contromosse calibrate, per cercare di ottenere un compromesso in cui si possa cooperare evitando di scivolare nella trappola di conflitti prolungati.
Il modello falco-colomba offre una cornice utile per interpretare le tensioni commerciali innescate dai dazi di Trump e, in generale, per analizzare i dilemmi relativi alle misure protezionistiche. La scelta tra falco e colomba, in linea di massima, dipende da un calcolo che mette a confronto vantaggi immediati, rischio di escalation e credibilità futura. Senza un meccanismo internazionale forte che “alzi” i costi del conflitto per il paese che adotta sistematicamente la strategia falco, la risposta ottimale, almeno sul piano difensivo, è comportarsi a propria volta da falco. Se il giocatore che impone dazi pensa di riscuotere risultati senza subire conseguenze, l’adozione di contro-dazi può far comprendere che la strategia aggressiva è costosa. E ciò dovrebbe persuadere entrambe le parti a un accordo per evitare il crescere di quei costi che, nel lungo periodo, annullerebbero i vantaggi iniziali ricercati da chi ha imposto per primo i dazi.
Il gioco falco-colomba mostra come la via maestra per spezzare il conflitto consista nel rendere costoso l’atteggiamento aggressivo. Solo quando le conseguenze negative appaiono chiare a tutti, emerge la possibilità concreta di accordi collaborativi che sostituiscano la sfida dannosa per entrambe le parti con una cooperazione vantaggiosa. Se, quindi, Trump si comporta da falco, la risposta più “razionale” (benché rischiosa) dell’Europa dovrebbe essere quella di comportarsi da falco, in modo da non soccombere a imposizioni unilaterali e preservare la propria posizione nel negoziato.
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Savino
Anche perchè i mercanti siamo noi (dai Fenici e Cartaginesi in poi, in Sicilia, Sardegna, Spagna), i navigatori siamo noi e le nuove rotte le abbiamo tracciate noi, la lavorazione delle materie, l’alchimia e la chimica sono frutto del nostro ingegno, delle nostre ricerche e perfino della nostra manovalanza. L’ America l’abbiamo fatta noi più volte nel corso della storia, dalla scoperta di Cristoforo Colombo di pre-civiltà che vivevano allo stato brado, all’emigrazione dall’Europa e dall’Italia di fine ‘800-inizio ‘900.
Carmine Meoli
Forse occorre valutare in che modo squilibri commerciali permanenti debbano e possano essere corretti.. la riduzione della base produttiva USA è in massima parte conseguenza di decisioni delocalizzative adottate da Operatori americani e in parte di dumping sociale dei paesi che esportano manufatti a basso contenuto di tecnologia. Ora poi un protagonista si afferma sui mercati con capacità di fare leva su una scala produttiva che rende sostenibili tecnologie disponibili e che produttori con scala inferiore non hanno utilizzato . Occorre prendere atto che occorre governare gli squilibri e riconsiderare la importanza della scala e non solo valutare se si debba agire come falco o colomba . La posta in gioco diventa la pace !
Enzo Cacioli
Lucida analisi economica, siccome credo venga attualmente applicata anche alle guerre in corso con manie e certezze di piene vittorie, questa logica di potenza sta generando una situazione ampiamente rischiosa.
Non per niente si sta usando e introducendo culturalmente nell’opinione pubblica (= sondaggistica) un gergo bellicistico (bomba atomica, bazooka…) anche per le controversie economiche.
Penso che si debbano quindi identificare in uno i due ambiti, parlando con chiarezza di guerre economico-militari (commercio di armi in primis) come fa papa Francesco.
Ma, oltre a lui, chi parla adesso fra i governanti e i loro “persuasori (ormai poco) occulti” con chiarezza?
bob
all’Europa conviene mostrarsi Europa! Ma per fare questo servono politici e mentalità di spessore che sinceramente in una Europa di ” nani ” ( in tutti i sensi) non ne vedo