Seguendo la Corte di giustizia, il “Collegato lavoro” ha stabilito che le missioni di lavoratori interinali presso un’impresa terza non possono durare più di 24 mesi. Una circolare del ministero del Lavoro rischia però di generare confusione e contenziosi.

La natura temporanea del lavoro tramite agenzia

Nel nostro ordinamento il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro. Altra regola fondamentale è che il rapporto di lavoro subordinato va direttamente imputato al soggetto che utilizza la prestazione traendone ogni beneficio e profitto. Fa eccezione la somministrazione di manodopera, che consente a un’impresa terza di “affittare” lavoratori assunti e retribuiti da una agenzia fornitrice per il tempo necessario a soddisfare le proprie esigenze produttive.

Il problema che ci si è posti a livello europeo prima, e nazionale poi, è per quanto tempo una impresa terza può utilizzare lavoratori che non assume senza garantire loro la stabilità del rapporto.

Dopo numerose modifiche, nel 2018 è stato stabilito che non dovessero esservi limiti per l’invio in missione di lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia interinale. Invece per quelli assunti a termine, l’utilizzo è stato limitato a un periodo massimo di 24 mesi. Poi però nel 2020 è stata introdotta un’eccezione anche a questo limite:un lavoratore assunto a termine dall’agenzia può essere utilizzato dalla stessa impresa con missioni successive per un periodo superiore a 24 mesi, anche non continuativi, qualora l’agenzia stessa abbia nel frattempo assunto la persona interessata a tempo indeterminato.

Cosa dice la Corte di giustizia

La Corte di giustizia, con due diverse sentenze sull’interpretazione della direttiva 2008/104/Ce (C-681/18 e C-232/20), ha ritenuto rilevante verificare se le missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducano o no a una durata dell’attività più lunga di quanto possa essere ragionevolmente qualificato come “lavoro temporaneo”: da questo esame, infatti, potrebbe evincersi un ricorso abusivo a missioni successive (art. 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104). Questo perché missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere l’essenza stessa delle disposizioni della direttiva 2008/104 e possono costituire un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto idonee a compromettere l’equilibrio voluto dall’ordinamento tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima. La direttiva, secondo la Corte, impone agli stati membri, in termini chiari, precisi e incondizionati, di adottare le misure necessarie per prevenire l’assegnazione di missioni successive a un lavoratore tramite agenzia allo scopo di eludere la disciplina complessiva della materia. Ciò comporta che gli stati membri debbano adoperarsi affinché il lavoro tramite un’agenzia fornitrice di manodopera presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per una persona. La direttiva mira, in sostanza, a incoraggiare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia a un impiego permanente presso l’impresa utilizzatrice (art. 6, paragrafi 1 e 2).

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Cosa è cambiato con il “Collegato lavoro”

Preso atto di quanto stabilito dalla Corte di giustizia, cui la nostra Corte di cassazione si è allineata, il “Collegato lavoro” ha quindi previsto che dal 12 gennaio 2025, data della sua entrata in vigore, le missioni di lavoratori interinali presso un’impresa terza non possono superare la durata di 24 mesi. In caso di superamento del limite si commette un abuso e il lavoratore somministrato può chiedere al giudice la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in capo all’impresa utilizzatrice. Con la disposizione si è affermato dunque il principio generale che le missioni si possono considerare temporanee soltanto se non durano più di 24 mesi. L’effetto della riforma è chiaro: dare un valore alla stabilità del rapporto di lavoro. Se un’impresa ha bisogno di un lavoratore per un periodo più lungo di 24 mesi lo deve assumere stabilmente e non prenderlo da un’agenzia di somministrazione.

L’azzeramento del “contatore” sino alla data del 12 gennaio 2025

La riforma, entrata in vigore il 12 gennaio 2025, deve aver creato un certo scompiglio perché il 27 marzo 2025 è stata immediatamente emanata una circolare ministeriale (n. 6/2025) che ha cercato di limitarne la portata con l’introduzione di una norma transitoria.

Facendo una distinzione tra missioni già cessate e missione ancora in corso alla data del 12 gennaio 2025, la circolare dispone per le prime la sterilizzazione di tutte le missioni che un lavoratore ha svolto prima dell’entrata in vigore della legge per un periodo di trenta mesi. Pertanto, il lavoratore potrà essere inviato in una o più missioni a termine, il cui inizio sia successivo al 12 gennaio 2025, per un periodo totale di 54 mesi senza che l’utilizzatore incorra nella sanzione della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.

Invece per le missioni ancora in corso alla data di entrata in vigore della nuova legge, la circolare fa salvi i contratti già stipulati, i quali possono giungere a scadenza fino al 30 giugno 2025 pur superando il limite massimo di 24 mesi previsto dalla legge, perché le missioni che si collocano nell’arco temporale da gennaio a giugno 2025 sono scomputate dal calcolo dei 24 mesi complessivi.

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La circolare introduce un regime transitorio volto ad autorizzare il superamento della durata necessaria per definire il concetto di temporaneità delle missioni successive. Ma è un’interpretazione in contrasto con quanto affermato dalla Corte di giustizia, che si è espressa in questo senso in un caso di missioni successive della durata di 55 mesi (sentenza Daimler C-232/20) senza che fosse fornita alcuna spiegazione obiettiva del fatto che l’impresa utilizzatrice interessata facesse ricorso a una serie di contratti di lavoro tramite agenzia interinale successivi.

È assai probabile che anche i giudici italiani disattendano la circolare ministeriale, ritenendo che 54 mesi di lavoro presso la stessa azienda siano un tempo non congruente con il requisito della temporaneità e giungano a dichiarare la somministrazione irregolare con conseguente possibilità per il lavoratore di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore a partire dall’inizio del primo contratto illecito. In questo caso, la circolare non avrà fatto un buon servizio né alle imprese, né alle persone interessate, dal momento che le une e le altre hanno soprattutto bisogno di chiarezza e affidabilità della disciplina applicabile.

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