Come l’economia informale influenza il rischio sovrano

L’economia informale cresce nelle recessioni e quando si alzano le aliquote fiscali. Con ripercussioni su base imponibile e sostenibilità del debito. Comprendere e misurare meglio il sommerso permetterebbe di progettare politiche pubbliche più efficaci.

Quando cresce il sommerso

L’economia informale non rappresenta una quota costante dell’attività economica ma segue un andamento controciclico – ovvero cresce durante le recessioni – come mostra recente evidenza empirica. E reagisce alle politiche fiscali: quando la pressione fiscale sulle imprese aumenta, una parte significativa dell’attività economica tende a spostarsi verso il settore informale, riducendo la base imponibile. Questo effetto non è marginale: la compliance fiscale è sensibile all’aliquota e questo pone limiti strutturali all’efficacia della leva fiscale.

In un nostro studio analizziamo le conseguenze macroeconomiche delle dinamiche dell’informalità. Per comprenderle, consideriamo un’economia in cui le imprese decidono se operare nel settore formale o in quello informale, con una certa rigidità nel cambiare settore. Un aumento delle tasse provoca una riallocazione che non si esaurisce nel breve periodo: oltre alla perdita immediata di gettito, si innescano distorsioni dinamiche che possono persistere nel tempo, riducendo la capacità futura di generare entrate fiscali.

Le conseguenze economiche 

Per capire meglio l’effetto delle distorsioni dinamiche legate all’informalità, osserviamo come l’economia reagisce a uno shock negativo di spesa pubblica – ad esempio, un conflitto esterno che impone nuove uscite impreviste. La risposta dell’economia a questo tipo di shock dipende fortemente dallo stato iniziale in cui si trova, in particolare dal livello di informalità ereditato.

Un’analisi empirica basata su dati comparati tra paesi mostra una dinamica molto diversa a seconda che l’economia si trovi in un regime ad alta informalità o in uno a bassa informalità. La classificazione si basa sulla posizione relativa dell’economia formale nel periodo precedente, rispetto alla mediana del paese.

Nel regime ad alta informalità, l’aumento della spesa pubblica comporta sia una crescita del debito che un aumento del premio al rischio di default (figura 1, pannello a). In altri termini, quando gran parte dell’economia sfugge alla tassazione, ogni incremento della spesa pubblica è percepito dai mercati come potenzialmente pericoloso per la sostenibilità del debito.

Al contrario, nel regime a bassa informalità, il debito aumenta senza però generare un’impennata del rischio sovrano (figura 1, pannello b). In questo caso, una base imponibile più solida consente al governo di assorbire lo shock senza mettere in discussione la propria affidabilità fiscale.

Figura 1

High informality
Low informality

I costi in termini di welfare

Le distorsioni legate alla dinamica dell’economia informale hanno due implicazioni, entrambe cruciali: le misure fiscali restrittive, come l’aumento delle tasse, possono compromettere la capacità di uno stato di rimborsare il proprio debito; la politica fiscale può perdere potere come strumento di stabilizzazione del reddito e dei consumi.

Per valutare l’impatto di queste interazioni tra informalità, politica fiscale e rischio sovrano, il nostro studio confronta diversi scenari economici. Nell’economia baseline, in cui l’elasticità e rigidità dell’informalità sono calibrate sui fondamentali di un paese middle-income, la perdita di benessere dovuta alla volatilità dei consumi – ossia la quota di consumo che le famiglie sarebbero disposte a sacrificare pur di eliminare completamente le fluttuazioni – raggiunge lo 0,743 per cento del consumo medio. Se si introduce una maggiore flessibilità tecnologica tra settore formale e informale, il costo scende allo 0,674 per cento. In un’economia in cui gli imprenditori rispondono meno alle variazioni fiscali, il costo si riduce ulteriormente, fino allo 0,523 per cento. Infine, in un contesto in cui il governo gode di piena credibilità e non è soggetto al rischio di default, la politica fiscale riesce a stabilizzare i consumi in modo molto più efficace: in questo caso, il costo della volatilità scende drasticamente allo 0,104 per cento.

Figura 2

Una lezione anche per le economie avanzate

I costi associati alla dinamica dell’economia informale sono più pesanti nei mercati emergenti, tuttavia trascurare la risposta dell’economia sommersa alle politiche fiscali può condurre a una sottovalutazione dei rischi per la finanza pubblica, anche nei paesi avanzati. Un segnale d’allarme per nazioni come Italia, Grecia e Spagna, dove l’economia informale costituisce una quota rilevante del Pil.

Nonostante operi lontano dai riflettori, l’informalità è un fattore cruciale della dinamica macroeconomica. Ostacola l’efficacia delle politiche fiscali e rende più complessa la gestione del debito pubblico.

La lezione è chiara: per rendere le politiche pubbliche più efficaci, è fondamentale migliorare la capacità di misurare il sommerso e comprendere le dinamiche che lo alimentano. Solo così è possibile progettare strumenti che tengano conto dell’interazione tra settore formale e informale, rafforzando al tempo stesso la sostenibilità del sistema fiscale.

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  1. Savino

    Finora le classi dirigenti e gli economisti che sono andati per la maggiore nel mainstream hanno deciso di non puntare affatto per le politiche pubbliche, ma di puntare per la “libertà” di evadere ed eludere, come segno d’amicizia verso le imprese e gli operatori produttivi. Fa specie, ad esempio, che si parli di miglioramento dei conti pubblici quando negli ultimi 30-35 anni c’è stato un sostanziale disinvestimento dal bilancio pubblico in tanti dicasteri e comparti, i cui risultati dei tagli lineari, dei blocchi dei turn-over di personale, delle carenze infrastrutturali, sono visibili ormai ad occhio nudo. Berlusconi diceva letteralmente che il sommerso era la ricchezza del Paese, con applausi scroscianti al seguito. Meloni, che pure proveniva da una destra sociale e legalista, ha sposato anche lei la causa della “libertà”, cui Salvini ha affiancato quelle delle partite IVA fasulle e dei multi-falliti pieni di cartelle esattoriali.
    Date queste premesse e promesse (elettorali), non ci si può stupire di dinamiche distorsive macroeconomiche. Il rischio sottovalutato è, soprattutto, quello della coesione del Paese, in presenza di sempre più divaricate disuguaglianze.

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