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Debiti sovrani, a volte ristrutturare conviene

Con la crisi del coronavirus, la sostenibilità del debito sovrano diventa un problema serio, specialmente per i paesi emergenti. Le ristrutturazioni si moltiplicheranno, incluse quelle con i creditori ufficiali. Ma il mercato come valuta questi eventi?

Effetto coronavirus sul debito sovrano

È sotto gli occhi di tutti come la crisi del coronavirus abbia effetti drammatici a livello mondiale, sia sul piano sanitario sia economico. Il Covid-19 è uno shock economico fortissimo e del tipo che si accompagna a un eccesso di debito, come recentemente sottolineato da Andrea Hamaui e Rony Hamaui . Di conseguenza, potremmo assistere (e già ne vediamo le avvisaglie) a molti fallimenti e ristrutturazioni del debito, non solo per le imprese private ma anche per i paesi, in particolare per quelli in via di sviluppo.

Come scrivono Sebastian Horn, Carmen Reinhart e Christoph Trebesch, è probabile che aumentino i prestiti ufficiali (cioè da stato a stato, o da parte delle organizzazioni multilaterali). Sono i prestiti che “svettano” in momenti di difficoltà generale, come le guerre, le crisi finanziarie o i disastri naturali, quando i flussi privati di capitale si riducono in modo drastico (figura 1).

Figura 1 – Flussi di capitale ufficiali e privati, 1790-2015

Nota: le aree blu e rosse corrispondono al totale dei prestiti ufficiali, mentre la linea tratteggiata mostra l’andamento dei prestiti privati. Le cifre sono scalate rispetto al Pil.

Fonte: Horn et al. e Reinhart et al.

Nelle ultime settimane, una novantina di paesi si sono già rivolti al Fondo monetario internazionale. Lo stesso Fmi, la Banca Mondiale e il gruppo dei G20 hanno di recente approvato una moratoria del servizio del debito per i paesi emergenti e per quelli più poveri – anche se i creditori privati non sono stati per il momento coinvolti nell’iniziativa (si veda qui). Misure più estreme saranno sicuramente necessarie prima che la crisi finisca.

Come il mercato risponde a un default sovrano

Visto che la quota di debito ufficiale è destinata ad aumentare e, con essa, probabilmente anche le ristrutturazioni del relativo debito, è di particolare interesse sapere come il mercato percepisce questo tipo di eventi. In due nostri lavori (uno e due) abbiamo analizzato da un punto di vista empirico la relazione tra le ristrutturazioni di debito, sia con creditori privati che ufficiali (gestite attraverso il cosiddetto gruppo di Parigi), e la performance in termini di rating o di spread sui tassi di interesse.

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La figura 2 mostra che i paesi che dichiarano default verso i creditori privati subiscono una diminuzione del rating, che persiste anche al termine della crisi. Invece i debitori verso creditori ufficiali, in caso di default, non solo non subiscono tale diminuzione, ma possono persino raggiungere un rating migliore di quello che avrebbero attenuto senza il verificarsi della crisi.

L’analisi empirica dimostra, inoltre, che gli accordi con i creditori privati sono associati, a partire dall’ultima ristrutturazione, a costi di reputazione crescenti al crescere dell’haircut del debito. Diversamente, le ristrutturazioni concordate con creditori ufficiali potrebbero addirittura migliorare le condizioni del paese in termini di rating e spread, pur con haircut elevati. Peraltro, risultati simili si ottengono considerando la crescita economica.

Figura 2 – Effetto medio delle ristrutturazioni private e ufficiali

Nota: Le linee continue rappresentano il rating medio di un campione di paesi debitori nei confronti di creditori privati ed ufficiali. Le linee tratteggiate mostrano il livello di rating che tali paesi avrebbero raggiunto senza la crisi finanziaria.

Fonte: Marchesi e Masi.

Anche se dipendono in parte da come gli investitori istituzionali o le agenzie di credito incorporano il rischio di default ufficiale nei loro modelli, sono risultati importanti perché mostrano come il costo di una simile scelta vari a seconda della quantità di debito interessato e del tipo di creditore coinvolto.

Perché le differenze?

Una possibile spiegazione delle differenze riscontrate dipende dalla diversa risonanza mediatica associata a questo tipo di eventi e quindi dal diverso costo in termini reputazionali subito dal debitore. Una ristrutturazione con i creditori privati (al contrario di un accordo con quelli ufficiali) è un evento molto visibile, e pertanto è più probabile che si traduca in una peggiore valutazione.

In più, le ristrutturazioni ufficiali coinvolgono in genere un numero minore di “creditori” e così risulta più facile trovare un accordo tra le parti. In particolare, le ristrutturazioni ufficiali gestite attraverso il gruppo di Parigi dovrebbero garantire un approccio più “consensuale”, meno traumatico (soft default), rispetto a quelle con creditori privati, riducendo ulteriormente il danno collaterale di un default. Al contrario, le ristrutturazioni con i creditori privati, soprattutto a partire dagli anni Novanta, sono state spesso molto conflittuali e difficili da portare a termine (un esempio tra tutti è il caso dell’Argentina). Un’eccezione è rappresenta dal successo del piano Brady (1989-1990) ma coinvolgeva banche commerciali e non gli obbligazionisti.

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Che cosa impariamo da questi risultati?

Da tutto derivano alcuni insegnamenti. In primo luogo, i debitori – consapevoli del fatto che le conseguenze della dichiarazione di insolvenza dipendono da chi sono i creditori coinvolti – potrebbero, dove possibile, dare la priorità di rimborso ad alcuni a danno di altri, operando default selettivi. Documentare questa differenza, pertanto, ci può aiutare a capire perché i debitori decidono di dichiarare un default, e con chi.

In secondo luogo, sulla base dei risultati empirici, i debitori dovrebbero indebitarsi solo con creditori ufficiali. Ma ciò non solo non sarebbe possibile per il volume di fondi necessari, ma non sarebbe nemmeno desiderabile, a causa delle inefficienze prodotte dall’allocazione dei fondi da parte dei creditori bilaterali (che, come per gli aiuti, potrebbero seguire interessi geopolitici) e a causa delle conseguenze associate alla condizionalità dei prestiti multilaterali. Quello che invece sarebbe auspicabile è che i creditori privati riuscissero ad approvare accordi ex-ante, che disciplino in modo più ordinato un possibile default, come le clausole di contrattazione collettiva (Cac).

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  1. Carmine Meoli

    Una prodimoniale non sarebbe piu efficace ? Con la consueta prudenza e pavido coraggio il Prof Prodi avanza la ipotesi di una patrimoniale una tantum . Il dubbio assale che a voler eliminare lo spread e far risparmiare ogni anno miliardi di interessi a beneficio innegabile dei contribuenti una prodimonaile sarebbe inutile se non dannosa.abbiamo bisogno di trasformare 500/600 milliardi di debito pubblico in debito privato.
    Linee di credito bancarie ad hoc ai contribuenti titolari di redditti immobiliari e redditi di capitale con tassi non superiori a quelli del corrispondente debito publico fornirebbe la liquidita per pagare una addzionale annuale per i prossimi 5 anni di importo pari alla imposte calcolate sulla media degli ultimi tre anni per i redditi sopra indicati applicando la aliquota soggettiva piu alta di ciascun contribuente .
    Il sacrificio cosi imposto verrebbe compensato a ciascuno contribuente con un abbattimento dell’imponibile nel decennio succesivo . Non diffcile stimare che finalmente avremmo annullato lo spread e finanziato l’operazione con risparmi di interessi nel bilancio dello stato .
    E poi qualcuno provi a confrontare TAN E TAEG di BMW con quelli di FCA per avere evidenza di quanti siano i costi per tutti di un premio al rischio dovuto sul nostro debito .

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