Bruxelles definisce il quadro regolatorio più avanzato al mondo per l’IA, ma le industrie dell’Unione rischiano di rimanere indietro. Alla competitività servono investimenti in capitale umano, reti digitali, apertura ai mercati e condivisione dei dati.
IA e competitività
Nel dibattito europeo sull’intelligenza artificiale domina un paradosso: mentre Bruxelles definisce il quadro regolatorio più avanzato al mondo, l’Unione rischia di restare indietro proprio nelle industrie dove l’IA genera il maggior vantaggio competitivo. Ma quali fattori determinano la competitività di un paese nei settori ad alta intensità di IA? In uno studio recente con Rosario Crinò, Mattia Filomena e Gino Gancia, cerchiamo di rispondere alla domanda analizzando vent’anni di importazioni statunitensi da 68 paesi e in 79 industrie (sia manifatturiere che dei servizi), tra il 1999 e il 2019.
Misuriamo l’intensità in IA di ciascun settore tramite la quota di lavoratori con competenze in machine learning e data analysis (in maniera simile a quanto fatto qui). I dati mostrano che i settori più IA-intensivi — servizi informatici, finanza, apparecchiature elettroniche, strumenti di controllo — sono tra i motori più dinamici del commercio mondiale: le esportazioni verso gli Stati Uniti crescono del 27 per cento in più rispetto agli altri settori. Questo mostra l’importanza per l’Europa di rafforzare la sua posizione in questi comparti particolarmente dinamici.
Come si posizionano i paesi del nostro campione nell’ambito della rapida crescita delle esportazioni di beni IA-intensivi? La figura 1 riporta in una mappa l’indice di vantaggio comparato rivelato (Vcr) nei settori IA-intensivi di ciascun paese sul mercato americano.
L’indice è costruito come il rapporto tra la quota di esportazioni di un paese in settori IA-intensivi rispetto alla quota di esportazioni globali negli stessi settori. Un valore maggiore di 1 segnala che un paese ha vantaggio comparato rispetto agli altri. Paesi come Irlanda, Svizzera, Regno Unito e Giappone mostrano un forte vantaggio comparato nei settori IA-intensivi, mentre molte aree del Sud-Est asiatico e dell’America Latina risultano distanti.
Figura 1 – Vantaggio comparato rivelato in settori IA-intensivi

Quali fattori fanno sì che un paese abbia vantaggio comparato nei settori IA-intensivi? La nostra analisi econometrica ne evidenzia quattro: 1. un maggior numero di individui con laurea o titolo superiore in discipline Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics), che siano in grado di sviluppare e utilizzare l’IA; 2. migliori reti digitali che diano accesso a internet a una maggiore quota della popolazione, favorendo così la generazione e lo scambio di maggiore quantità di dati; 3. mercati più ampi, che permettano alle imprese di realizzare economie di scala (soprattutto nel caso di una tecnologia scalabile come l’IA); 4. minori restrizioni ai flussi di dati e ai servizi digitali.
La figura 2 offre una rappresentazione grafica di questi risultati riportando quattro grafici in cui l’asse orizzontale misura la dotazione media di ciascuno dei fattori appena discussi per gruppi di paesi e l’asse verticale misura le relative esportazioni negli Usa tra il 1999 e il 2019, distinguendo tra settori ad alta (cerchi pieni e linea rossa) e bassa intensità di IA. Si vede chiaramente come l’export di beni e servizi IA-intensivi sia crescente nella quantità di laureati Stem, nell’accesso a internet e nella scala del mercato (misurata dall’export totale di ciascun paese), e decrescente nell’indice di restrittività della regolamentazione dei servizi digitali, mentre l’opposto accade per gli altri settori. Quest’ultimo aspetto evidenzia come l’IA richieda dunque condizioni strutturali proprie, non sovrapponibili alla manifattura tradizionale.
Figura 2 – Esportazioni, utilizzo dell’IA e caratteristiche del paese

In questo quadro, la regolazione europea, pur necessaria per gestire i rischi e tutelare i diritti, non incide su nessuno dei quattro pilastri emersi dal paper. Nessuno dei principali strumenti del pacchetto regolatorio europeo — dall’AI Act al Data Governance Act — interviene direttamente su competenze, reti digitali o scala del mercato. Anzi, l’enfasi sulle restrizioni ai dati può essere rilevante proprio nei comparti in cui la disponibilità e circolazione delle informazioni sono fattori chiave di competitività.
Per l’Italia, lo studio offre una lente utile: il paese soffre di carenze nei tre principali fattori abilitanti – poche competenze Stem, infrastrutture digitali disomogenee, scala limitata delle imprese – mentre ha settori che potrebbero beneficiare molto dall’IA, dalla meccanica ai servizi alle imprese.
La lezione complessiva è chiara: la regolazione definisce i limiti dell’IA, ma la competitività nasce da investimenti in capitale umano, reti digitali, apertura e capacità di scala. Senza questi elementi, l’Europa rischia di disciplinare un’innovazione che si sviluppa altrove. L’Italia, ancora di più, ha molto da guadagnare nel colmare i divari strutturali che lo studio identifica come determinanti della crescita nei settori IA-intensive.
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Alessandra Bonfiglioli è Professore Ordinario di Economia Politica presso l'Università di Bergamo e Research Fellow del CEPR. In precedenza ha rivestito la stessa posizione presso la Queen Mary University of London ed è stata Assistant Professor presso l'Università Pompeu Fabra di Barcellona. E' attualmente Associate Editor di Economica e in passato lo è stata del Journal of the European Economic Association. Le sue ricerche, rivolte principalmente a studiare la disuguaglianza del reddito, il commercio internazionale, la crescita e le istituzioni, sono attualmente incentrate nell'analisi degli effetti di robot e intelligenza artificiale sul mercato del lavoro e sulla performance economica a livello di imprese, settori e regioni. È redattrice de lavoce.info.
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