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Come funziona il sistema elettorale spagnolo

Il sistema elettorale spagnolo, proporzionale con liste bloccate e sbarramento al 5 per cento, non assicura automaticamente la governabilità: Psoe e Ppe sono spesso scesi a patti con partiti locali. Il rischio è acuire i clientelismi e non garantire un’adeguata rappresentanza ai partiti nazionali

APPLICABILITÀ IN ITALIA

In questi giorni una delle proposte di legge elettorale avanzata dal neo-segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, è il cosiddetto sistema spagnolo. Si tratta di una legge solo formalmente proporzionale con liste bloccate e sbarramento al 5 per cento, ma i cui esiti sono stati (quasi sempre) maggioritari dato che la dimensione ridotta dei collegi innalza nella pratica lo sbarramento a quote molto più elevate. Tralasciamo, in questo contesto, la questione relativa alla composizione della popolazione dei collegi: sarebbe molto interessante sia nel caso italiano che nel caso spagnolo (in cui viene favorito, in uno dei classici clevages proposti da Lipset e Rokkan la campagna rispetto alla città), ma ci porterebbe fuori strada.
Il presupposto per una discussione franca su questa legge elettorale è che in Italia non è interamente applicabile giacché la corte costituzionale italiana ha bocciato le liste chiuse del Porcellum. Quindi in ogni caso in Italia applicheremmo un sistema spagnolo per lo meno “rivisto”.
Il sistema spagnolo, inoltre, non garantisce la governabilità a tutti i costi. All’alba della democrazia spagnolo, il primo ministro Suárez era a capo di un governo di minoranza. Inoltre, quando i partiti principali (Partito Socialista e Partito Popolare in Spagna) non ottengono la maggioranza assoluta dei seggi devono formare coalizioni ex-post con altri partiti, spesso “locali”, cioè catalani (sinistra repubblicana o i nazionalisti di Convergència i Unió) , baschi (il Partito Nazionlista Bascho, di matrice popolare) e galleghi (il Blocco Nazionalista Gallego, di sinistra). Altri seggi fondamentali per la maggioranza posso detenerli i partiti nazionalisti delle Canarie e quelli aragonesi.

CLIENTELISMO E GOVERNABILITÀ

Visto che i due principali blocchi di centro sinistra e centro destra e, probabilmente, lo stesso Grillo dovrebbero fare affidamento per governare su partiti locali e/o indipendentisti tanto al Nord (la Lega) quanto al Sud (dal Grande Sud al Megafono di Crocetta e via dicendo). Sebbene potrebbero essere chiesti patti di governi prima dell’inizio formale della legislatura, l’esperienza insegna che in Italia pratiche clientelari sono all’ordine del giorno, anche solo per soddisfare i desiderata di un quadro locale appartenente a un partito nazionale e capace di mobilitare molte preferenze.
In Spagna questo sistema elettorale ha portato ad una “presidenzializzazione”  di fatto del premierato (1). Il primo ministro e la sua squadra di governo godono, difatti, di grande autonomia e, una volta raggiunti alcuni compromessi con i partiti minori su questioni più locali che nazionali, possono guardare con relativa tranquillità al proprio mandato. Tuttavia, specie dal 1982 in poi in Spagna i due partiti principali hanno sempre attratto la stragrande maggioranza dei voti . A rimetterci è sempre stato il terzo partito “nazionale”, ossia il Partito Comunista prima e Izquierda Unita poi: ma stiamo parlando comunque di un partito che ha riscosso sempre consensi relativi nell’elettorato spagnolo con punte non superiori al 10 per cento. In Italia, invece, la frammentazione a livello nazionale è stata la norma. Proporre [tweetability]un sistema spagnolo in Italia comporterebbe una grandissima sottorappresentazione dei due dei tre partiti perdenti [/tweetability];  e una sovrarappresentazione di quelli locali. Quindi se vincesse il Partito Democratico con una percentuale di circa il 30 per cento e Pdl e il Movimento 5 Stelle prendessero il 25 per cento ciascuno, si avrebbe come conseguenza, stante il premio di maggioranza assegnato nel caso spagnolo, la diminuzione della rappresentanza di quasi il 50 per cento effettivo dell’elettorato, distorcendo di fatto la volontà popolare. Volontà popolare, che in una democrazia parlamentare, dovrebbe essere riflessa proprio nella composizione del Parlamento.
In Spagna questo sistema si è reso necessario per evitare una frammentazione partitica eccessiva (cosa che in realtà non è avvenuta) e per dare stabilità ai governi e scoraggiare gli impulsi autoritari, come il tentativo di colpo di Stato del colonnello Tejero nel febbraio del 1981 (2). Proprio a questa necessità di stabilizzazione si deve la presenza della sfiducia costruttiva in Spagna: per far cadere il governo, in pillole, si deve avere la certezza di poter contare su una maggioranza pronta a sostituire il governo in carica.

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CONTROINDICAZIONI DEL MODELLO SPAGNOLO

Per far sì che in Italia questo sistema dia stabilità all’esecutivo e lo tolga dalle sabbie mobili elettorali, servirebbe per prima cosa una riforma istituzionale che renda il Senato non elettivo come in Spagna (le Cortes) e introduca la sfiducia costruttiva, altrimenti il rischio di un governo perennemente traballante e poco produttivo è sempre dietro l’angolo. Inoltre, avremmo tre effetti perversi: il primo e più preoccupante, sarebbe l’aggravarsi di pratiche clientelari non solo attraverso l’introduzione della preferenza, ma anche con gli accordi più o meno trasparenti che si renderanno necessari con partiti localistici una volta terminate le elezioni. Il secondo punto richiama il primo: il sistema spagnolo non garantisce che chiuse le urne si sappia con chi governerà il partito uscito vincitore, come chiedono diversi esponenti politici in Italia; il partito di maggioranza potrebbe governare da solo, ma non è scontato e, in Italia, questo esito è improbabile. Piuttosto, si potrebbe avere un governo di minoranza quindi dipendente per la sopravvivenza da partiti locali o addirittura un governo di minoranza che si appoggi ad una maggioranza dei parlamentari per ogni singolo provvedimento. Proprio quello che i proponenti di questo sistema vorrebbero evitare. Il terzo punto riguarda proprio la qualità della democrazia e l’eterna oscillazione tra effettiva rappresentanza della volontà popolare e governabilità. Il sistema proporzionale italiano per anni ha puntato sulla prima per evitare pulsioni extra-parlamentari pericolose e includere partiti anti-sistema nel gioco democratico a scapito dell’efficienza governativa. Il sistema spagnolo punta sulla seconda, anche se con un voto di massa ai due partiti principali ha garantito anche la rappresentatività. In Italia, con una classe politica enormemente sfiduciata, si rischierebbe di escludere o sottorappresentare la voce di milioni di italiani che non hanno votato il partito di maggioranza (relativa) allontanandoli ancora di più dall’interesse verso la politica. Un esito non automatico, sia chiaro, ma la cui possibilità di accadere dovrebbe far riflettere i decisori politici: la governabilità è certamente da perseguire, specie in un sistema imballato come quello italiano, ma se a farne le spese sarà solamente la rappresentatività popolare, gli esiti di un cambiamento della legge elettorale sarebbero ancor più deleteri del ripristino del Mattarellum.

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(1) Poguntke T. and Webb P., (2005), The Presidentialization of Politics. A Comparative Study of Modern Democracies, Oxford University Press
(2) Piccarella, L. (2009), Presidencialización y personalización en el Sistema Político Español, 1975-2008, Revista Enfoques: Ciencia Política y Administración Pública, vol. 7, n. 11, pp. 515-543

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16 commenti

  1. Cramer

    Il rischio di escludere o sottorappresentare la voce di milioni di elettori che non hanno votato il partito di maggioranza (relativa)
    allontanandoli ancora di più dall’interesse verso la politica è proprio quello che succede da anni in Francia. Infatti, con il doppio turno maggioritario su base circoscrizionale, un partito come il Front National che pesa il 15% dell’elettorato a livello nazionale è rappresentato da soli 3 deputati.
    Inoltre con un sistema maggioritario si rischia di trasformare il parlamento in un’assemblea di baroni locali, con la priorità di garantirsi la rielezione a scapito dell’intero paese.

  2. rob

    con la barzelletta di bizantina memoria della eslusione o sottorappresentazione abbiamo la babele che è sotto gli occhi di tutti. Se non si riforma l’architettura del Paese eliminando la marea di poteri e sottopoteri, possiamo discutere in eterno. Inutile portare esempi di altri Paesi la “follia” Italiana è solo Italiana quindi non possiamo fare nessun paragone. Visto che sono discorsi che mi fanno venire l’orticaria a farli, ricordo che i poteri locali erano molto più considerati quando lo Stato ” era centralista” . Oggi una miriade di bande e clan difende i propri interessi e il proprio orto. Mai come adesso la profezia di Adriano Olivetti è attuale riguardo una “democrazia integrata” che non può essere solo maggioranza quantitativa

  3. Alessandro

    Una proposta semplice per assicurare la governabilità senza falsare la volontà popolare. Scegliamo un modello che di norma rende governabile il Paese, e affrontiamo il problema della frammentazione introducendo il voto negativo.
    Se non mi piacciono i partiti principali, ma posso almeno votare ‘-1’ a quello che considero peggiore, non sono più obbligato a esprimere la mia insoddisfazione votando un partitino o un partito antisistema.
    Se il voto negativo riassorbe anche solo metà del voto disperso, il problema della rappresentanza è non dico risolto, ma di sicuro molto ridimensionato, perché il governo rappresenterebbe sia chi lo ha votato (si suppone tanti, altrimenti non vinceva), e in modo esteso chi ha votato contro altri.

  4. Massimo Matteoli

    Ho paura che il “sistema spagnolo” piaccia a destra ed a SINISTRA perché è l’unico che mantenga le liste bloccate.
    L’opinione pubblica deve dire chiaramente che non accetta più l’osceno controllo dei capi partito sugli eletti, che in Parlamento devono andare le persone scelte dai cittadini e non dai capi bastone di turno.
    Direi che questa è la prima e più grave emergenza da risolvere con la nuova legge elettorale.

    • Marco Govoni

      Le liste bloccate in sé non sono un problema, il problema è poter essere candidato in più di un collegio. Senza questa possibilità l’elettore sa benissimo per chi vota e può decidere se dare o meno il proprio voto a tal partito e tal candidato. E se non passi in quel collegio sei fuori.

  5. Libero pensiero

    Sono ancora piu’ ‘Ockhamiano’. Il senato serve come le annose (decennali) speculazioni epistemologico/teosofiche spese nel vano tentativo di reperirne una qualsivoglia giustificazione razionale: inutile, come le 20 (perché non 50?) Regioni, o “Rome”, altra superfetazione concettuale. Quanto al sistema elettorale, servirebbe un maggioritario con doppio turno e collegi uninominali. Ci si preoccupa spesso di eccessivi particolarismi, frammentazioni, governabilità, etc. Dopo quanto passato nell’ultimo trentennio, con 2 Tangentopoli, il problema di vertice è la selezione dei migliori (oi’ aristoi), non la governabilità (pronuncia bivacco, o poltronificio).
    Ergo, in sintesi, selezione dei migliori=maggioritario uninominale, doppio turno e collegi elettorali possibilmente piccoli. A.D. 2014 (pare)

  6. Paolone

    Segnalo a Renzi, e a quanti fossero interessati ad approfondire la
    questione, l’inciucio (grazie a questo “geniale” sistema elettorale) in
    Extremadura, dove governa il Partido Popular grazie all’appoggio di
    Izquierda Unida.

  7. Marco Govoni

    Mi sembrano timori un po’ esagerati. Con il metodo di calcolo dei seggi e una soglia di sbarramento abbastanza alta si eliminano i partiti più piccoli, è stata proposta al 5% e con un premio di maggioranza, proposto intorno al 15%, si riduce drasticamente la possibilità di instabilità post-elettorale. Tutto questo senza eliminare i partiti locali che rappresentano istanze particolari semplicemente togliendogli il potere di dettare la linea di governo con ricatti vari.

    • Shade D'Onghia

      Ma credi che il problema in Italia siano i partiti più piccoli, o la corruzione ed il clientelismo dilagante?

    • Davide Vittori

      In realtà l’instabilità rimarrebbe poichè si potrebbero avere governi di minoranza. Sarebbe un problema se mancassero solo pochi voti per avere una maggioranza assoluta? In Spagna no, in Italia sì. E la differenza sta nella sfiducia costruttiva. In Italia non c’è, per cui una volta che il governo viene sfiduciato si andrebbe subito alle urne; in Spagna la sfiducia al governo passerebbe solo e solo se ci fosse una maggioranza alternativa pronta a prendere il posto del Governo uscente, cosa alquanto improbabile dato il premio di maggioranza assegnato al primo partito di Governo.

      • Marco Govoni

        Vero è che al livello di ipotesi tutto è possibile. Ma un sistema che tende al maggioritario (di partito e non di coalizione) ha l’effetto di aggregare il voto attorno ai principali concorrenti, la cosiddetta teoria del “voto utile”. Con un adeguato premio di maggioranza si garantisce che un partito governa senza coalizioni, cosa che solo da noi è considerata un tabù assoluto foriero di dittatura ma che è la norma in moltissime democrazie. La sfiducia costruttiva personalmente non la approvo. In Italia avrebbe l’effetto di falsare i risultati elettorali e aumentare la corruttibilità dei parlamentari. Basta immaginare come sarebbe facile per un partito di opposizione in caso di scarto minimo di seggi corrompere qualche manciata di senatori della maggioranza promettendo posizioni di governo e ribaltare il risultato elettorale non per andare alle urne ma per creare un governo che va contro la decisione popolare.

  8. Akorgentil

    E’ anche vero però che dare troppo peso alla rappresentanza di tutti è un ideale di democrazia un pò troppo spiccato, credo sia necessario in un momento come questo dare una maggioranza solida e autonoma al governo che verrà, anche se relativa, il sistema attuale è praticamente una boiata e questo è chiaro (assurdo dare la maggioranza in un’ ala e minoranza o quasi in un’altra del parlamento), di certo il Senato va abolito o modificato e mi sembra che anche questo si voglia fare, anche per me i timori sono forse troppo esagerati, la perfezione nessuno è in grado di assicurarla, maggiori preoccupazione per me desta la possibilità di scegliere i parlamentari, cosa mascherata come sacrosanta manifestazione di democrazia ma in realtà è l’ennesima possibilità italiota di mettere piede nelle stanze che contano per mafiosi o gente comunque che ha dietro macchine da voto non proprio trasparenti, esattamente come avviene per le regionali e comunali, questo mi fa più paura sinceramente.

  9. Marco Govoni

    Per quello purtroppo c’è ben poco da fare. Il clientelismo è così radicato in Italia da essere ormai parte stessa della cultura del paese. Una nazione in cui privato e pubblico si fondono così tanto da essere spesso indistinguibili non ha speranza di vincere contro questi problemi.

  10. Davide Vittori

    In realtà è molto difficile che con un premio di maggioranza basti corrompere una manciata di parlamentari. Con l’attuale tripartitismo che attrae quasi il 70% dei voti, se un partito ottiene un 45%-49% di seggi (con il premio di maggioranza) significherebbe per forza di cose un accordo politico tra le altre due forze, il ché è largamente improbabile. Detto ciò, la corte costituzionale è stata chiara: deve essere ragionevole la soglia per avere il premio. In Spagna la soglia non c’è, in Italia se la poniamo al 35%, avremo un partito che con un terzo dei suffragi controlla un intero paese. Secondo me vi sarebbero ricorsi a pioggia sulla ragionevolezza di tale soglia. Sicuramente avremo un parlamento frammentato, non bipolare e molto instabile con un modello spagnolo rifatto (ossia con sbarramento nazionale al 5% e liste non bloccate). A mio avviso è una soluzione deleteria se si vuole garantire governabilità nel paese.

    • Marco Govoni

      Però un modello senza aiuti alle coalizioni (che a mio avviso sono deleterie sia per la governabilità che per la rappresentatività) ma concentrato solo sui partiti porterebbe ad un crescita del voto verso i partiti maggiori che potrebbero raccogliere ben più del 70% ed arrivare a soglie anche superiori all’80%. Sparirebbero così tutti quei partitini che sopravvivono solo grazie ai vantaggi di coalizione. Inoltre il premio di maggioranza è stato eliminato perché non prevedeva una soglia, una volta introdotta i problemi di costituzionalità sono eliminati. Personalmente manterrei le liste bloccate per evitare il clientelismo delle preferenze però con la candidatura in un solo seggio per ricollegare i rappresentanti al territorio. Per quanto riguarda il problema della corruzione post-elettorale abbiamo visto come in questa legislatura il Pdl si è spaccato con una fuga di profughi che si sono aggregati alla maggioranza più per interessi materiali che per coerenza politica. Infatti i transfughi di Ncd sono quasi tutti personaggi che ricoprono incarichi ministeriali in questo governo.

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